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La tipica domenica siciliana

Da Lollo

LA TIPICA DOMENICA SICILIANA

l'accampamento della tribù.

La prima domenica del nostro soggiorno siculo, bianchi come cadaveri, abbiamo raggiunto la nostra prima meta marittima: Castel di Tusa. Un piccolo paese di pescatori, una spiaggia di sassi, per nulla invasa da turisti affamati di souvenirs e dediti alle più bizzarre performance olimpiche con i racchettoni.Solo siciliani di origine protetta e garantita, veraci e simpatici si accampano sulla spiaggia come solo loro sanno catturare i luoghi più belli. Guardano con aria interrogativa i forestieri lombardi che si presentano in spiaggia con il Panama, un costume a righe manco fossero a Douville e i sandali di gomma, quelli da scoglio, quelli che nella fascia over 7 e under 65 sono illegali.Sono quelli che le nostri madri a fine stagione nascondono negli scatoloni in garage con la scritta nera “ROBE DA MARE”. Pinne secchielli, palette, maschere, ciabatte e sandali che ancora odorano di pesce. Tutto suggellato da un chilo di Borotalco perché altrimenti l’anno seguente le pinne non si infilano nemmeno con la vasellina. I sandali di gomma occupano metà dello scatolone perché resistono alle intemperie del tempo, ci sono ancora quelli di qualche fratello ormai padre di famiglia o di una cugina talmente lontana che non sai più come si chiama, si tiene tutto perché “CHI LO SA, MAGARI POTRANNO SERVIRE”.In effetti un sandalo fucsia brillantinato di Barbie numero 28 può sempre essere utile per una progenie la cui figlia minore ha 17 anni.
I sandali di gomma sono eccezionali, se non fosse per quel gancio di metallo che o si rompe subito oppure negli anni a venire si arrugginisce, è un dettaglio che fa molto vintage ed è di gran moda sulle spiagge, o meglio sugli scogli, d’Italia.NOTA BENE: solo i sandali che lasciano l’impronta a forma di pesce sono originali, diffidate dalle imitazioni.Noi, ovviamente, avevamo l’interpretazione tarocca siciliana delle suddette calzature, il tacchettino non faceva rumore e non potete immaginare la mia disapprovazione quando ho visto che non lasciava alcuna impronta a forma di pesce.Mi piaceva però l’effetto trasparente, un po’ cristallo.Come Cenerentola rischiavo di perderla dopo i tuffi carpiati dagli scogli rischiando di vederla precipitare sul fondo dove peraltro sarebbe rimasta per sempre in attesa di diventare la casa di qualche paguro. Al mare ho una tradizione che non dimentico mai. Nonostante i miei 24+1 anni e una stempiatura incipiente vedo uno scoglio e non capisco più nulla, è lì che recito la scena de “La Sirenetta”, canto mentre qualcuno soffia per simulare il vento che scompiglia i miei capelli (?) e fa le onde.È più forte di me.Una volta interpretata Ariel posso prendere il sole in pace.Accanto a noi una famiglia, o forse due, o forse tre, insomma non si capiva molto in quanto c’erano tre donne, svariati uomini e una miriade infinita di bambini.Si sono accampati nel punto più bello della spiaggia, in mezzo alle due calette facilmente raggiungibili, hanno issato qualche dozzina di ombrelloni, trovato il punto giusto per disporre le borse frigo.Dire borse frigo è riduttivo, contenevano circa sei reparti del supermarket lì vicino che avrà chiuso definitivamente dopo la loro incursione.Mangiavano e parlavano di cibo.
Il figlio piccolo, non so di chi, si è beccato un pizzico sul sedere perché non aveva ottenuto il permesso di fare il bagno “ammare” e si vendica con la sorella Debby, di circa 11 anni, che invece vegetava in acqua facendo capriole tutto il giorno con altri due, Alessia e Giovanni.Il povero piccolo, sdegnato dopo il pizzico se ne và da uno dei capofamiglia.Notare che la punizione se l’è presa da un certo Marco, che però non è né un fratello né il padre, non ho potuto capire che legame di parentela ci fosse tra i due.Intanto la mamma Rosalina non rispondeva ai richiami della figlia Debby perché nascosta in un angolo a fumare e a guardare alcuni video sul suo i-Phone. Dopo qualche minuto il piccolo Mattia decide di attirare l’attenzione lanciando a caso un barattolo di vetro contenente l’omogeneizzato alla frutta. Per circa venti minuti tutti i presenti (familiari e non) hanno sgridato il colpevole, arringato sull’accaduto ma senza muoversi a raccogliere i resti di quel gesto un po’ folle.Uno in particolare, il capo branco, non si è mai alzato o mosso di un centimetro dalla sedia sdraio, nemmeno per incessanti bisogni corporali, è rimasto lì immobile tutto il giorno.Mangiavano di continuo.
Da quella borsa frigo abbiamo visto uscire:panini con il salame per tutti, anelletti al ragù, anguria, melone, coca cola, acqua, panini con la carne, un barattolo gigante di Nutella con cui Rosalina (sempre dalla sua postazione) ha preparato la merenda per i bambini mentre suo marito li chiamava a raccolta urlando per tutta la spiaggia.In un minuto una mandria di infanti hanno corso verso l’accampamento pestando con i piedi asciugamani e corpi distesi al sole.Un po’ come le mie ex coinquiline pugliesi (brividi lungo la schiena al solo ricordo) parlavano solo di cibo. Prima c’è stato l’argomento melanzane.“Io non le cucino più, basta, mi sono stufata” disse l’amica di Rosalina, o sorella, o cugina, che poi ha decantato tutto il suo ricettario segreto sulle verdure.Poi sono passati ai broccoli per circa una mezz’ora, perché lui, il marito di Rosalina, è figlio maggiore di noi fratelli “Eravamo in undici in famiglia e mio padre ci sfamava tutti quanti” e da piccolo raccoglieva broccoli.(Ps: parlare di broccoli per mezz’ora non è facile, solo lui e le mie ex coinquiline pugliesi sarebbero capace di una simile impresa).Poi una piccola parentesi sui pomodori siciliani e così via fino alla fine della giornata.I siciliani mi fanno morire dal ridere, con il loro dialetto e le loro espressioni dialettali rendono poetico e divertente anche il più banale dei discorsi (vedi broccoli).E pensare che io con queste persone non ci ho scambiato nemmeno una parola, nemmeno una, è stato il loro tono di voce che ha fatto sì che io conoscessi parte della loro storia e facessi parte di questa domenica in compagnia.Tra un’Ariel e l’altra, si intende.

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