Magazine Cucina

"La tradizione sono i gesti che abbiamo perso": una giornata ad tu per tu con la cucina stellata di Piergiorgio Siviero

Da Lacucinadiqb

Una cosa si può dire di Piergiorgio Siviero: che non ha il dono della sintesi. Per fortuna! Quante volte nella nostra vita abbiamo avuto a che fare con persone logorroiche che si sbrodolavano addosso, inducendoti a sperare che qualche detrito galattico li centrasse in pieno, così da liberarti da un supplizio mitologico? Con Piergiorgio invece l'augurio è stato diverso, tipo "ti prego, fai che matita con si spunti e che i fogli del blocco bastino" perchè il suo entusiasmo è travolgente, come la sua allegria e la consapevolezza delle sue capacità.  "Caprese seppiamozzarella" "Nero su nero, riso venere di seppie in nero mantecato alla mandorla pizzuta, cedro candito e cialda di riso soffiato ai 3 risi" "Cappelli di grano arso con caprino di Montegalda, meringa di bietola e prosciutto d'oca" Si parte da un assioma, l'insegnamento della nonna, figura importante della sua educazione culinaria e sentimentale (perchè con la cucina lui ha una vera e propria storia d'amore): "Bon più bon xe bon" ovvero che se fondi i tuoi piatti sulla conoscenza della materia prima e se questa materia prima è "buona e giusta" (per coltivazione ed allevamento) sei già a metà dell'opera. "Piovra impanata alla senape e finocchietto selvatico, con zabajone salato, patata alla brace, demi-glace di succo di cipolle"
L'altra metà è dovuta alla passione ed alla testardaggine che hanno spinto Piergiorgio ad affrancarsi dalle tradizioni familiari che fondono le radici gastronomiche agli inizi del secolo scorso, nel 1915, quando il nonno Lazzaro aprì l'hotel-ristorante "Trieste". Negli anni successivi furono i genitori Paolo e Maria Pia e gli zii Giovanni e Dilva a proseguire nell'opera paterna, trasformando il locale in un "ristorante di pesce" molto amato ed apprezzato. Quasi un ossimoro, il pesce, in un luogo della campagna padovana al confine con quella rodigina che dovrebbe esprimere prevalentemente ricette "di corte e di stalla". "Milanese-Milanese di vitello panato, scrisca della sua testina e mela cotogna, blinis di animelle, purea di fagioli e tarturo nero" Affrancamento, si diceva, che non deve essere stato facile: spiegare al papà, e alla nonna e alla mamma in primis, che il pomodoro si può caramellare e che con la patata si può preparare anche un gelato deve aver assunto i contorni di un'impresa titanica. Ed ecco entrare in gioco la passione di Piergiorgio che con in tasca il diploma della scuola alberghiera, conseguito nel 1999, si trasferisce in Europa dove, al Kulm prima e al Baddrutt's poi entra in contatto con i duri disciplinari della cucina internazionale. Rientra in Italia per continuare la sua maieutica culinaria al Don Carlo e poi al Luogo di Aimo e Nadia, incontro fondamentale per l'approfondimento della conoscenza delle materie prime, della stagionalità e "dell'onestà e la riconoscibilità dei prodotti da uno dei più grandi Maestri della cucina italiana". Tutto questo però non sembra soddisfare Piergiorgio perchè nel 2003 entra nella brigata di Alain Ducasse dove le conoscenze trasmesse dal Maestro italiano si vestono di alta tecnologia grazie all'influenza del Maestro francese. Rientra in Italia nel 2005 ed applica al "ristorante di pesce" quanto ha imparato, trasformando, rivoluzionando, capovolgendo un menù ed una cucina che avevano sempre soddisfatto i numerosi clienti. Realizzando così la sua personale idea di cucina tra i paroloni dei gastrofighetti (texture) e la consapevolezza che il "cliente deve masticare e riconoscere la materia che gli propongo".

"Insalata e pomodori, con pan brioche caramellato con zucchero muscovado, gelato di patata america, pomodorini confit, crescioni di limone e riduzione di cynar" Com'è la cucina di Piergiorgio? Multitasking, senza ombra di dubbio.  Meno sperimentale dell'inizio (si può cucinare anche con pochi ingredienti perchè sono quelli buoni che rimangono nella memoria dei clienti), etica (non uso più il tonno), tradizionale (bisogna tornare ai gusti primari), locale (l'oca e la bietola), internazionale (la tecnica e la dura disciplina), curiosa (il pugliese pomodorino di Torre Guaceto, l'etiope caffè Sidamo, i germogli orientali, il filippino zucchero muscovado ma anche la farina Petra ed i fagioli di Lamon).  In cucina poi viene assecondato, pazientemente, dalla mamma e dalla zia Dilva e supportato da Riccardo, giovane collaboratore.

Alla fine della giornata trascorsa insieme il blocco degli appunti si era trasformato in fogli sparsi ovunque che corrispondevano a tutte le informazioni - leggi finestre -, i consigli, le ricette, i ricordi e le risate che Piergiorgio ha saputo trasmettere senza fermarsi un attimo.

Riccardo, valido e paziente collaboratore
Tra una ricetta ed un'altra ha confessato due cose che mi hanno davvero intenerita ovvero il fatto che non trascorre più 16 ore al giorno in cucina, "bastano 12 altrimenti uno non si forma una famiglia" e che alcuni clienti frequentano il ristorante non solo per la sua cucina ma soprattutto per la presenza in sala del papà che "nell'inventarsi i piatti" quando vengono proposti dimostra un amore incondizionato per questo figlio così eclettico e con i piedi ben piantati per terra. Piergiorgio, Riccardo e Claudio, presidente dell'Associazione dei Cuochi di Padova e Terme Euganee nella cucina di Berto's, dove si è tenuta la lezione

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :