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La vera lotta è quella tra il fanatismo e l’esercizio della capacità critica

Creato il 15 gennaio 2015 da Laotze @FrancoTorre1953

Tutto nella vita, tranne rare e ovvie eccezioni (quali, per esempio, il pensiero, l’immaginazione, i sentimenti) ha dei limiti.

E ce li ha non perché esistano in proposito leggi scritte dagli uomini, ma per una legge naturale, una di quelle leggi alle quali tutti sono soggetti, volenti o meno, consapevoli o meno.

Considero pertanto insensato sostenere la tesi secondo la quale per alcuni valori non debbano esserci dei limiti.

E questo non perché non sia giusto che ci siano, ma perché questi limiti esistono, indipendentemente dalla nostra volontà, in un senso e nell’altro, e se ne vedono le conseguenze.

Certo, a sostenere certe tesi si può fare bella figura, si possono guadagnare facili consensi, si possono ottenere titoli in prima pagina, soprattutto in certi momenti.

Sostenere però che la libertà individuale, così come la crescita, faccia parte della famiglia dei valori assoluti, la trovo una tesi non solo priva di fondamento ma anche pericolosa, una tesi che sa tanto di fanatismo (anche se riguarda certi valori, il fanatismo resta tale).

A quali conseguenze ha portato il fanatismo sulla crescita, cosa ne è stato dell’ambiente, avendo creduto che non esistessero limiti allo sviluppo, avendo agito senza tenerne conto?

Allo stesso modo, come si fa a non capire che la libertà individuale non può prescindere da quella degli altri, come si fa a pensare che si possa agire senza tener conto delle esigenze, degli interessi, delle idee degli altri, come se gli altri non esistessero?

Domandarsi, come fanno in tanti, come si fa ad uscire da una situazione che sempre di più assomiglia ad un vicolo cieco (situazione alla quale non si è giunti per caso) mi fa pensare alla stessa domanda che ci si pone di fronte a certi disastri ambientali: come se ne esce?

Quella che viviamo è una situazione davvero paradossale: prima ci si infila in una strada senza uscite e poi si cerca di uscirne.

Credo che ci sia anche un aspetto psicologico da non sottovalutare, quello di una certa mentalità “semplicistica”, che porta a credere che per ogni problema ci sia una soluzione.

La situazione è poi ulteriormente aggravata dal fatto che in molte persone manca del tutto la consapevolezza del fatto che individuare le cause di un problema (attività nella quale si perdono) non equivale affatto a risolverlo; c’è da dire a questo proposito che molte persone sono più portate a convivere con i problemi che non a risolverli (anche perché i problemi danno lavoro a tanti).

Bisognerebbe capire che il fanatismo, qualunque ne sia l’oggetto (le religioni non sono che uno dei tanti), qualunque sia il modo col quale si manifesta (il politically correct è uno dei più diffusi), chiunque siano i suoi cantori (certi intellettuali possono risultare più pericolosi dei terroristi), è sempre un pericolo.

Tanti invitano a dialogare, solo che non capiscono che dialogare presuppone l’accettazione della possibilità di venire “cambiati” dal dialogo (il fatto è che molto spesso per “dialogo” non s’intende uno strumento utile per accrescere le nostre conoscenze, ma uno per portare l’interlocutore ad aderire alle nostre posizioni).

Dialogare è un po’ come leggere: se “dopo” si rimane esattamente come si era “prima”, vuol dire che si è soltanto perso del tempo. E il tempo è una risorsa molto importante, troppo importante per essere sprecata.

Il vero scontro è, da sempre, quello tra il fanatismo e l’esercizio della capacità critica. Ma quale scontro di civiltà!

Oggi più che mai c’è bisogno d’intelligenza, di lucidità, di capacità di analisi, di freddezza, di capacità di pensare con la propria testa.

Peccato che tutto ciò manchi.

Certo, ci sarebbe la scuola, la cui funzione principale dovrebbe essere proprio quella di formare capacità critiche e di analisi.

Ci sarebbe, appunto…



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