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La Verde Italia giovanile tra promesse, delusioni e aspettative

Creato il 13 luglio 2011 da Federicomilitello

 Prima parte: i grandi flop 
La Verde Italia giovanile tra promesse, delusioni e aspettative. Prima parte: i grandi flop
Spesso ci esaltiamo per i risultati dei campioni del domani. Negli ultimi anni, 2011 compreso, l'Italia ha raccolto medaglie a grappoli nelle rassegne giovanili delle più svariate discipline, ponendo le basi per un avvenire terso e luminoso. Le speranze, però, in molti casi sono state disattese, mentre in altri sono emersi in campo professionistico quegli atleti che da giovanissimi rappresentavano solo delle comparse. Verde Italia è una mini-rubrica che in tre appuntamenti analizzerà la situazione dello sport giovanile nel Bel Paese. In questo primo appuntamento si tratterà delle grandi promesse non mantenute, nel secondo di quegli atleti che effettivamente hanno compiuto un corretto processo di maturazione e nell'ultimo delle aspettative tricolori in vista delle Olimpiadi di Rio 2016.
Verde Italia, Prima parte: Da promesse a flop
Federico Colbertaldo, Damiano Lestingi, Mirco Di Tora, Edoardo Giorgetti, Joseph Davide Natullo, Ilaria Scarcella e Silvia Di Pietro: una lista molto lunga di nuotatori che nell'ultimo quadriennio hanno monopolizzato a suo di podi e vittorie le manifestazioni natatorie internazionali juniores. Di tutti questi, tuttavia, nessuno ha mai trovato una reale consacrazione tra i professionisti, in certi casi uscendo addirittura fuori dal giro della nazionale italiana. Le storie di Fabio Scozzoli e Samuel Pizzetti, invece, possono esemplificare al meglio il percorso inverso: anonimato o quasi in campo giovanile, esplosione repentina tra i seniores; non è un caso, infatti, se entrambi rappresenteranno due tra le non molte punte di diamante della nazionale azzurra ai Mondiali di Shanghai.
Una domanda, per certi versi banale, sorge spontanea: perché si verifica una situazione di questo genere? Una prima ragione può essere individuata nel fatto che alcuni atleti vengano spremuti troppo in un fase dell'età in cui i carichi di lavoro dovrebbero essere ancora blandi. Sino ai 17 anni, infatti, la preparazione sulla massa muscolare non dovrebbe essere neppure presa in considerazione, lasciando che a prevalere siano solo quegli elementi effettivamente più talentuosi. Il vero problema dello sport italiano attuale, e non solo del nuoto, è dato dall'assillante ricerca di medaglie e prestigio nelle competizioni giovanili, di per sé effimere perché solo una tappa di passaggio verso il professionismo. Si allenano i nuovi talenti come se fossero già adulti, con il rischio che quando adulti lo diventano per davvero non possiedono più quelle giuste motivazioni per emergere e compiere l'ultimo e decisivo salto di qualità. La crescita di Scozzoli e Pizzetti, invece, è stata più graduale ed ha assecondato le loro reali esigenze di maturazione psico-fisica. Insomma, sino ai 18-19 anni lo sport deve essere considerato per lo più un gioco. Dopodiché, se in possesso delle doti e della determinazione necessarie per provare a compiere il grande salto ed a fare in modo che il gioco si trasformi in lavoro, sarà giunto il momento di spingere davvero a fondo per raggiungere le più alte vette di rendimento.
Si è fatto l'esempio del nuoto, ma tante altre discipline potrebbero essere prese in considerazione. Che dire, infatti, di Andrew Howe, talento purissimo dell'atletica che a 26 anni probabilmente non ha ancora capito cosa voler fare della propria vita? In questo caso si può parlare di una evidente disfunzione tecnico-organizzativa dei quadri dirigenziali, che non hanno saputo gestire con sollecitudine e razionalità un atleta che avrebbe potuto segnare un'era e che invece rischia di venire ricordato come uno dei più grandi rimpianti dello sport italico.
Canoa e canottaggio sono due discipline in cui è emersa una totale mancanza di coraggio nell'investire sui giovani. Ai tanto conclamati e celebrati successi juniores ed under23 delle scorse stagioni non sono corrisposti, salvo in sporadiche occasioni (come il 4 senza), i fatti, in quanto si è preferito puntare su atleti maturi e stagionati, per di più non così competitivi ai massimi livelli. Se tecnici e federazioni celebrano i successi giovanili, perché poi non puntano sin da subito su questi atleti? E' fondamentale, poi, che sin da subito le nuove leve possano allenarsi con i colleghi seniores, altrimenti, rimanendo separati nei propri rispettivi gruppi, continueranno a sentirsi anagraficamente 'piccoli' e non verranno responsabilizzati a dovere.
Un'altra possibile causa dei flop che si verificano nel passaggio al mondo professionistico potrebbe essere rappresentata dall'ingresso nei corpi sportivi militari, sui quali si è retto per decenni (e continua a reggersi) lo sport italiano. Tali gruppi, fondamentalmente, svolgono una funzione primaria per ogni tipo di attività sportiva, in quanto consentono agli atleti, soprattutto delle discipline minori, di dedicarsi totalmente alla propria disciplina, erogando loro uno stipendio fisso mensile. In pratica, si porta lustro ad un corpo militare attraverso le imprese sportive ed, in cambio, si riceve una giusta retribuzione. Il sistema, sotto questo punto di vista, non fa una grinza. Il problema, però, inizia quando i corpi militari vengono considerati come un punto d'arrivo più che una base di partenza. Capita, infatti, che molte nuove leve, dopo aver profuso immani energie per entrare a far parte dei gruppi in questione ed aver raggiunto finalmente una necessaria stabilità economica, si adagino sugli allori, paghi in un certo senso del risultato raggiunto. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di garantire dei premi (alti) a rendimento, riducendo in parte il salario-base nel caso in cui i risultati non siano all'altezza delle aspettative. Sovraccarico negli allenamenti, disfunzioni gestionali, mancanza di coraggio nel puntare sin da subito sui talenti in erba ed appagamento conseguente all'ingresso nei corpi militari. Sono questi i quattro aspetti su cui intervenire per ammirare nello sport un'Italia ancora più incisiva e potente di quanto non sia già attualmente.
Federico Militello


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