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La vipera nella culla.

Creato il 31 gennaio 2014 da Il Viaggiatore Ignorante
La vipera nella culla.
Ogni fine primavera si partiva da casa nostra per andare in valle. Fine di maggio, solitamente. Si partiva dalla Cannobina che non era ancora l'alba. Faceva freddo, anche se era primavera .Quando si entrava in Valgrande, perché in Valgrande si entra, toglievamo le scarpe. Avevamo solo quel paio e non potevamo rovinarlo sulle pietre cattive della valle.Con noi salivano le vacche e le capre. Erano magre, e come si diceva al tempo "vacca se erano magre". Andavamo in Val Cavrì a caricare un piccolo alpeggio insieme ad una famiglia di Cursolo. L'alpeggio era magro. Poca erba e tanta discesa.Alternativa non c'era. Si andava e ce lo facevamo andare bene. L'ultimo anno che sono entrata avevo con me la bimba nata da qualche mese. La portavo nel gerlo, coperta da piccoli asciugamani. Mancava poco all'alpeggio, molto poco. Pensavo di essere quasi arrivata senza farmi male ai piedi. Invece. Una puntura secca sul piede.Subito un'altra. Non avevo dubbi.  Sapevo cosa era successo. Mi fermo, scarico il gerlo e guardo il piede. Quattro segni di piccoli denti...Il dolore da subito forte. Poco dopo insopportabile. Fatico a salire. Devo andare. Come posso fermarmi a poche centinaia di metri dall'alpe? Non posso. Il piede fa male. Molto. Ma in qualche modo arrivo all'alpe dove il marito ed anche l'altro uomo ci aspettano. Non potete capire la fatica di salire con il gerlo, la bimba e chissà quanti chili con me. Sta per calare la sera ed arriviamo. Una fatica da non credere.Arrivo e cado. Gli uomini vengono a sapere della morsicata di vipera.Ma cosa possono fare? In quel periodo si usava far pipì sui morsi delle vipere. Ma non funzionava. Svengo. Mi attaccano la piccola per farla mangiare, in qualche modo la creatura doveva vivere. Il buio. Buio totale per due settimane. 
 Una mattina mi sveglio.Chiedo della piccola. Il marito non ha coraggio ed allora mi porta fuori dalla baita. Una piccola croce di legno. Era morta. Non saprò mai se avvelenata dalla vipera o dalla difterite. Ma era morta .Non capivo, non riuscivo a capire. Dai alla luce una vita, ti addormenti e le non c'è più.Non capivo.Ma la vita doveva continuare e continuare come sempre. Fatica e polenta. Polenta e fatica. Parlando con il marito si era deciso che quello era l'ultimo anno che si saliva. Troppa disperazione per il poco che avevamo. Quell'anno era maledetto.Una disgrazia dietro l'altra. Non si finiva di piangere. Vipere ovunque. In baita, nell'alpe ed anche sugli alberi. Anno maledetto. Se l'inferno esiste in terra, la Val Cavrì è il suo luogo. Ma come detto l'anno era orribile. L'altra famiglia era salita anche lei con la piccola. Era più grande di qualche mese della mia. Era davvero bella. Un colore che si capiva che stava bene. Io stavo male, la mia non c'era più. La piccola stava all'ombra di un grande castagno tutto il giorno, curata ora dalla madre ora dal padre. Stava tranquilla. Si lamentava poco. Ma quell'anno era maledetto. Forse dal Signore o forse eravamo in valgrande. Non saprei.
Arriviamo alla fine di agosto, un caldo torrido da togliere il respiro. Una mattina come tante. Un urlo improvviso. Straziante. Doloroso. La madre della piccola era andata a prendere il gerlo con la piccola per allattarla ed in quel momento l'orrore! Orrore vero. Penso che per una madre non esista paura più grande! Una vipera con il pelo, sicuro che era un'aspide, attorcigliata intorno alla caviglia della bimba. Urla strazianti.Accorriamo tutti. La vipera si desta e sotto gli occhi di tutti scivola sul piccolo corpo. Il marito la prende con un colpo secco per la coda. Resta immobilizzata. La lancia il più lontano possibile. Silenzio. Silenzio per lunghi secondi, forse minuti. All'improvviso un movimento e subito dopo un vagito. Era viva! La piccola era viva! Da non credere. Estate infernale. L'ultima estate della Val Cavrì.
La vipera nella culla.


Fabio Casalini

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