Magazine Diario personale

La zappatrice

Creato il 26 novembre 2013 da Valeskywalker @valeskywalker
Non ho smesso di lavorare per fare la mamma.
Ho smesso di lavorare per fare la moglie.
Di mio marito.
Nel senso, avessi sposato un altro che faceva un altro tipo di mestieri e aveva un altro tipo di ambizioni, e' molto  probabile che non avrei scelto di smettere di lavorare.
Pero' ho scelto lui.  Lui e' uno di quelli  che meta' tempo sono o in aereo per andare a far la giornata di lavoro altrove, o a far la giornata di lavoro altrove o sull'aereo di ritorno. E nell'altra meta' del tempo lavorano in ufficio, stanno insieme alla moglie e alla prole, vedono qualche amico, dormono qualche ora. Nel frattempo in entrambe le meta' di tempo  leggono, studiano, pensano, scrivono, parlano, incontrano, progettano, cucinano, festeggiano, mangiano, bevono, altre cento attivita'  e  si stirano pure le camicie prima del prossimo volo.
Lui rientra alla base o stanco morto o accelerato come un missile destinato a Plutone.
Lui rientra alla base con addosso questioni morali, filosofiche, politiche ed economiche tutte concatenate insieme che a volte lo lanciano oltre nuovi confini intellettuali, e altre lo affondano come catene.
Le catene vengono lasciate fuori dalla base, i nuovi confini vengono dibattuti dentro.
Lui rientra alla base pieno di imput umani, numerici, cartacei, pratici, filosofici, praticamente in uno stato di prossimita' al corto circuito mantenuto costante dalle sue stesse buona volonta' e buona fede che da questo stato possano nascere i lampi di genio per fare il meglio, per dare il meglio.
Se ogni volta che lui fosse tornato alla base le mie capacita' di riagganciarlo al nostro piccolo cosmo fossero dipese da una mia giornata professionale, con i miei problemi e le mie preoccupazioni, tante volte l'aggancio non sarebbe riuscito, e siccome per meta' tempo e' in orbita, avremmo condiviso e costruito molto di meno.
Se non  avessi deciso di smettere di lavorare, probabilmente saremmo comunque insieme e probabilmente saremmo insieme in un modo molto diverso dal nostro. Non avremmo le stesse chiavi di comprensione, di appoggio, di tenerezza, di allegria, di confronto, di sensitivita' reciproche. Ne avremmo altre forse, o alcune di queste stesse, ma non tutte.
E su questi mattoni in meno avremmo poi dovuto costruire l'allargamento da coppia a famiglia.
E li' si che sono sicura che saremmo diventati una famiglia diversa da quella che siamo.
Se non avessi deciso di smettere di lavorare, non sarei stata in grado di curare e di far evolvere il nostro rapporto nel modo in cui e' oggi.
Non e' detto che sara' sempre cosi'. Potra' accadere che il suo lavoro cambi o piu' semplicemente ad un certo punto saremo cosi' ben rodati che non sara' piu' necessario che io garantisca il servizio di manutenzione minimo giornaliero al rapporto tra di noi e percio' questo potra' diventare da mestiere maggiormente a  mio carico, un mestiere ripartito in parti uguali. Potrei ricominciare a fare l'avvocato o ad insegnare quel che so di diritto comparato. O potrei fare tutt'altra professione, indipendentemente dai miei studi.
Oppure no.
Sono arrivata al punto che della questione non me ne preoccupo piu' e per questo posso finalmente scriverne apertamente, senza timore di esser giudicata: non penso vi sia nulla di sbagliato nel fare a tempo pieno l'onorevole mestiere della zappatrice che prepara costantemente, stagione dopo stagione, la terra su cui esplode poi l'orto.

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