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Laboratorio di Narrativa: Monica Giacobbe

Creato il 22 novembre 2012 da Patrizia Poli @tartina

gu913“Andrea e Angela” , di Monica Giacobbe è un racconto con una buona premessa e una brutta chiusa che si sfarina in dialogo finale fastidioso e ripetitivo.
La notte, gli occhi che si spalancano, lo schianto dell’auto, le ruote che girano a vuoto, la pioggia, il corpo dell’uomo amato che giace senza vita, l’orrore, poi di nuovo la notte, gli occhi che si aprono, il lieto fine.
Abbiamo lo spunto per un buon sviluppo, ma la trama abortisce. Sono vivi, però, i sentimenti, prima l’orrore, che stenta a stemperarsi, a ricredersi, poi il lento sollievo, il calore, l’abbandono, la fiducia, la speranza.

Patrizia Poli

Andrea e Angela

Aprì gli occhi! La notte aveva inghiottito ogni cosa intorno. Cercò invano di capire dove si trovasse, ma il buio troppo intenso l’avvolgeva come una seconda pelle.
Con le mani iniziò a toccare intorno, il fiato le si smorzava in gola per la paura. Il freddo attanagliava il suo corpo in una morsa immobilizzante. Sentì i vestiti bagnati fradici, non le sembrava fosse acqua e il panico entrò nella sua testa ed uscì come un urlo tagliente e agghiacciante: “ANDREA!!!!!!!!!!! DOVE SEI????…” Ascoltò le tenebre, non le restituirono nulla, con le mani provò a cercare intorno e subito picchiò le dita su quello che sembrava un corpo “Andrea … Andrea … sei tu amore? Rispondimi … Andrea!!!” Nessuno le rispose, ormai sentiva netta la presenza del corpo inanimato del suo amante vicino a lei. Lo scosse, cercò di muoverlo, nulla nemmeno un gemito. Trovò il suo viso si avvicinò alla bocca, non sentiva calore uscire dalle sue labbra, sembrava come se la vita lo avesse abbandonato.
“Andrea… Andrea rispondimi ti prego… Andreaaaaaa!!!” Le ultime lettere urlate si confusero con il rumore di un auto che sfrecciò a fianco a loro e che, seppur per una frazione di secondo, illuminò quello che riconobbe l’abitacolo della sua auto. Un urlo se possibile ancora più forte del precedente squarciò la notte. Trovò gli occhi vitrei di Andrea sdraiato accanto a lei. Il terrore che scorreva nelle sue vene le diede la forza di cercare il quadro di accensione dell’auto e di girare la chiave. La debole luce del cruscotto urtò i suoi occhi troppo avvezzi all’oscurità. Si sfregò il viso per mettere a fuoco quasi a non voler credere a ciò che vedeva, Andrea era accanto a lei con il volante conficcato nell’addome e il viso pallido, cereo e rigato di sangue. Lo afferrò per le spalle e lo scosse violentemente urlando il suo nome, era come se la notte avesse succhiato via la vita da quell’involucro perché di questo ormai si trattava, un involucro inanimato che sembrava fissarla con gli occhi ormai privi del guizzo che ogni volta le faceva battere forte il cuore.
“Amore!! Andrea!!! svegliati !!!! Ti prego dimmi qualcosa…” Dagli occhi sgorgarono copiose lacrime che in poco tempo bagnarono il viso di Andrea come a volergli restituire il calore. Pianse e intanto freneticamente cercava intorno il telefono. L’auto era un ammasso di ferraglie, oggetti sparsi ovunque, del telefono nessuna traccia.
All’improvviso un rumore e di nuovo una luce, guardò attraverso l’oscurità e vide sopraggiungere un’auto che questa volta si fermò di fianco alla carcassa metallica accartocciata contro un albero.
Angela fece per uscire fuori, le gambe non la ressero e di nuovo le tenebre s’impadronirono dei suoi occhi appena in tempo per vedere una sagoma stagliarsi avvolta dalla luce dei fanali e dalla pioggia battente. Il corpo ormai privo di forze abbandonato sul selciato, ebbe appena il tempo di sentire una voce flebile, lontana.
Quando riaprì gli occhi sentì lieve un borbottio accanto a sé. Impaurita e ad occhi appena socchiusi si guardò intorno. Scorse una luce… ore 3.44 … la sveglia elettronica illuminava la parete di fronte a lei …ore 3.45… si tirò su a sedere, madida di sudore, il fiato corto. Accese di fretta la luce e urtando il comodino fece cadere la lampada accanto a sé, la lampadina si accese e per un attimo illuminò il viso di Andrea accanto a lei che dormiva beato nel letto di casa loro. Andrea si svegliò per il rumore e accese a sua volta la luce.
“Amore!! Cosa è successo?? Hai fatto un altro dei tuoi brutti sogni?”.
Angela, quasi incapace di parlare, prese il viso del suo uomo tra le mani e lo baciò violentemente come se lo vedesse dopo un lungo periodo di assenza. Andrea rispose alla pressione delle sue labbra, l’abbracciò forte e accarezzandole la testa: “Vieni qui, bambina tremenda!! vieni tra le mie braccia… hai avuto di nuovo un incubo vero?? … Tesoro mio! Shhhh!! Non piangere calmati “e con le sue mani forti, ma delicate insieme, le accarezzò il volto cercò i suoi occhi .
Quando Angela sentì il calore dello sguardo innamorato di Andrea su di lei, si calmò prese fiato: “È stato tremendo!!!… io…” “Shhhh!!! Tesoro mio! Adesso calmati … stai qui vicino, tra le mie braccia non ti potrà accadere nulla e più tardi mi racconterai tutto…adesso calmati… shhhh…”
Angela sentì il suo respiro farsi di nuovo regolare, appoggiò la testa sul petto di Andrea e piano piano, seguendo il ritmo del suo cuore, socchiuse dapprima gli occhi poi si abbandonò al calore del suo corpo e dei suoi baci.
Andrea le accarezzò il viso rigato di lacrime e la strinse forte .
Si addormentarono così, incuranti della luce accesa. Andrea bisbigliò prima di chiudere gli occhi “Amore mio, stai qui tra le mie braccia, ti proteggo io… Ti amo …”

Monica Giacobbe


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