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Lacrime di vischio

Creato il 10 dicembre 2010 da Nicol Lynne
Nel tanto atteso clima natalizio, durante i giorni nostri, l'unico uomo sulla faccia della terra a non gradire la festa del Santo Natale era un anziano signore dall'aria arcigna, secco fin nelle ossa, spigoloso, alto e molto esile. Egli non era soltanto avaro e scontroso, irascibile e bilioso, ma anche e soprattutto arrogante ed egoista. Solo, senza moglie né figli e senza più nessun amico, il vecchio si sentiva profondamente irritato dalle festività, terribilmente infastidito dai giorni di vacanza che considerava come una scusa bella e buona per tutti gli sfaticati che non avevano voglia di lavorare. Durante la sua lunga vita aveva sempre anteposto il guadagno all'amicizia, il lavoro ai rapporti umani e il danaro all'amore. L'andamento dei suoi affari, la finanza e gli investimenti erano le uniche cose di cui gli importasse davvero qualcosa.La vigilia di Natale il vecchio banchiere si girava e rigirava nel suo enorme letto senza riuscire a prendere sonno. Solitamente di notte dormiva pochissimo, anzi, spesso si alzava e andava a contare i contanti che teneva in casa, nascosti in una cassaforte segreta. Gli affari erano andati benissimo, come sempre del resto: aveva investito bene, aggirato con astuzia il sistema finanziario, moneta su moneta ed era riuscito infine ad accumulare un bel mucchietto di denaro che osservava con occhi bramosi. Si alzò. L'avarizia aveva da sempre occupato la parte più importante del suo cuore e in quel momento il vecchio, come suo solito, decise che il modo migliore per prendere sonno fosse contare, per l'ennesima volta, i soldi da lui guadagnati. Erano monete passate chissà in quante mani, guadagnate chissà con quanta fatica e sudore. Ma quelle mani e quella fatica a lui non dicevano niente. Per lui gli investimenti delle povere famiglie che gli consegnavano fiduciose tutti i loro averi nella speranza di farli fruttare un pochino non significavano nulla. Liquidi da investire in borsa, in azioni, in fondi, in titoli e assicurazioni. Per avere sempre piu' soldi, per essere sempre più ricco, spesso il vecchio si comportava in modo disonesto e approfittava dell'ingenuità delle persone per arricchirsi a loro spese. 
Dopo aver fatto e rifatto i conti dei suoi sporchi guadagni, il banchiere ancora non riusciva a dormire. Chiuse a chiave la cassaforte con l'eccessivo zelo di cui si serviva abitualmente, inserì i codici segreti e quando la lucina sul disply divvene verde assicurandolo sull'insespugnabilità del suo piccolo caveau privato, uscì di casa per fare una passeggiata. Vide gente indaffarata e c
ominciò a sentire delle voci e delle risate, urla gioiose di bambini e canti. Sentì narrare vecchie storie e leggende e per tutta la notte ascoltò voci sconosciute raccontare aneddoti tristi e allegri della loro vita. Storie di povertà e di estrema dignità. Storie di passioni e forti emozioni. Dall'aria allegra che regnava in quella fredda e innevata vigilia natalizia pareva che tutti si fossero passati parola per partecipare a una festa di comunione e solidarietà.Una mano gentile si tese verso di lui. Alcune voci si levarono nell'aria gelida: «Fratello» gridarono «non vieni?».
Fratello? Qualcuno lo aveva chiamato fratello? Lui era figlio unico, non aveva una famiglia e nessuno al suo fianco. Non conosceva nessuno in quella strada. Ma chi mai potevano essere queste bizzarre persone? Lui non aveva fratelli. Era un banchiere e per lui non esistevano che clienti, da raggirare per giunta: chi comprava e chi vendeva.
Ma dove andavano tutti? Dove lo stavano chiamando? Si mosse titubante, un po' curioso. Si unì a un gruppo di vecchi e di fanciulli. 
Fratello! Come sarebbe stato avere tanti fratelli? Sarebbe stato bello? Gratificante? Ma il suo duro cuore di pietra continuava a sussurrare che non poteva essere loro fratello. Quante volte li aveva ingannati? Quante volte aveva speculato sui risparmi della brava gente? Comprava a dieci e rivendeva a venti. Piangeva miseria, mugolava frottole per vender di più e più caro. Si approfittava dei bisogni dei poveri. E mai la sua mano si era aperta per donare. Mai il suo cuore si era commosso per qualcuno che avrebbe potuto chiamare 'fratello'.
No, lui non poteva essere fratello di quella povera gente che aveva sempre sfruttato, ingannato, tradito. Non poteva essere parte di una comunità. Non poteva concedersi il lusso della misericordia. Eppure tutti gli camminavano a fianco, incuranti delle sue ossessioni, per nulla offesi dei suoi difetti. 
Era giunto, con loro, davanti al sagrato della chiesa. Li vedeva entrare e nessuno, per quanto povero, era a mani vuote; anche i più miseri avevano qualcosa da donare al prossimo. Ma lui non aveva niente, lui che era il più ricco di tutti.
Entrò timoroso nella grande navata centrale della chiesa insieme con gli altri; s'inginocchio davanti al Creatore e tremò al pensiero della sua vita spesa così male.
«Signore» sussurrò con la testa china «ho trattato male i miei fratelli. Perdonami».
L'emozione di quella inaspettata confessione lo fece prorompere in pianto benefico e sanatorio.
Appoggiato a un albero fuori dalla chiesa il banchiere continuò a piangere e il suo cuore cambiò.
Alla prima luce dell'alba quelle lacrime splendettero come perle, in mezzo a due foglioline. Dal suo sincero pentimento e dalle sue copiose lacrime era nata una piccola pianta cespugliosa di vischio.

Lacrime di vischio

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