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Lavoro a chiamata: come funziona

Creato il 01 luglio 2015 da Propostalavoro @propostalavoro

chiamataLavoro intermittente, job on call, lavoro a chiamata. Questa tipologia contrattuale assume diverse denominazioni ed ha una definizione abbastanza semplice: è quel contratto con cui un dipendente viene assunto per lavorare in modo discontinuo o, appunto, intermittente, con la possibilità di avere o meno una indennità nei periodi in cui aspetta la "chiamata" del datore di lavoro.

Poche le novità del Jobs Act sul lavoro a chiamata, ma importante comunque riassumere la disciplina di questa tipologia contrattuale, che viene utilizzata per i tipici lavori da studente come cameriere o addetto al bar.

Età: il lavoro a chiamata può essere svolto solo da persone entro i 25 anni o sopra i 55 anni.

Limite di giornate: il lavoro a chiamata è possibile solo per 400 ore nell'arco di tre anni, tranne nei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, settori in cui questo tipo di lavoro è particolarmente diffuso.

Divieti: è tassativamente vietato utilizzare il lavoro a chiamata per sostituire lavoratori in sciopero, per sostituire lavoratori messi in mobilità o cassa-integrati ed infine è vietato assumere a chiamata in mancanza di documento di valutazione dei rischi.

Forma: senza forma scritta, il contratto a chiamata non può essere provato in tribunale (nemmeno per testimoni) e quindi viene considerato lavoro standard a tempo indeterminato.

Disponibilità: il lavoratore non è tenuto a dare la propria disponibilità a rispondere alla "chiamata". Se però il datore vuole assicurarsi questa risposta, deve versare al lavoratore, per i periodi di attesa, una indennità di disponibilità, di importo deciso dal contratto collettivo (anche aziendale) comunque non inferiore a quanto fissato dal Ministero del Lavoro.

Indennità: se il lavoratore non può rispondere alla chiamata per un giustificato motivo, deve dare immediata comunicazione al datore. In questo caso non riceverà l'indennità finché non è tornato in condizione di poter rispondere. Se invece non dà un giustificato motivo, rischia il licenziamento e, in ogni caso, deve restituire l'indennità percepita.

Simone Caroli


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