La pubblicazione dello studio sull’impatto del nucleare sulla salute nella zona di Latina ha suscitato non poche polemiche tra gli antinuclearisti. Nonostante la ricerca smentisca qualsiasi legame tra tumori e presenza di centrali sul territorio, la questione è tornata d’attualità. Tra l’altro, l’indiscrezione circolata in questi giorni su Montalto di Castro come futura centrale e Borgo Sabotino come deposito nazionale di scorie ha già scatenato proteste. Oggi l’edizione romana del Sole 24Ore ha dedicato un ampio focus al tema del nucleare nel Lazio. Regione particolarmente coinvolta dal possibile ritorno dell’atomo, in passato come, probabilmente, in futuro.
Leggendo un po’ di articoli ho notato però subito che le voci favorevoli non mancano:innanzitutto dal mondo imprenditoriale. Aziende di impiantistica, costruzioni e meccanica sono intenzionate a investire in nucleare:secondo le prime stime, sono ben 55 le imprese pronte a puntare su questo business. Non solo grandi nomi, come Vianini, Astaldi, Condotte e Technip, ma anche piccole realtà specializzate nel settore. Inutile dire che anche il ritorno occupazionale non è da sottovalutare.
Anche sul fronte politico i sostenitori si fanno sentire: Francesco Pasquali, ex PdL ora capogruppo di Fli alla Regione, si è apertamente schierato a favore dell’atomo, convinto della necessità di affiancarlo alle rinnovabili per lo sviluppo energetico del Lazio e di tutto il Paese.
Lo studio di Latina intende proprio eliminare ogni dubbio sulla pericolosità delle centrali, attraverso una sempre maggiore chiarezza e informazione ai cittadini. Su questa scia anche per la zona di Caorso (sede in passato della più grande centrale nucleare italiana) sarà avviata un’indagine epidemiologica, cui prenderanno parte anche Arpa e Ausl di Piacenza. Una decisione che il sindaco del Comune ha definito “un risultato storico, dato che fino a oggi non c’è mai stato un programma unificato di raccolta dati uguale per tutti, che può fungere da modello per far fronte anche ad altra emergenze”.