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Le corse un’epoca fa: Minardi e Gabbiani, quando non c’era la radio

Da F1web

A Monza la Ferrari ha patito mille guai. Uno tra tanti: venti minuti senza energia elettrica ai box nel bel mezzo del Gran Premio. Praticamente un passo indietro nel tempo, quando tanti sistemi di comunicazione sofisticata non esistevano: “E a ricordare quell’epoca - dice Gian Carlo Minardi – mi sento un po’ anzianotto”.

Giorni diversi in cui istruzioni e richieste si passavano con il linguaggio del corpo: “Si instaurava un rapporto tra team manager, direttore sportivo e pilota, fatto di sguardi e gesti mentre la macchina passava sotto il muretto. Ho qualche rimpianto di quei tempi perché – spiega Minardi a F1WEB.it – il rapporto era frutto di tante riunioni e parole atti a raggiungere un feeling di comunicazione caratterizzato da segnali, gesti e sguardi”.

Poi la Formula 1 è cambiata: “Si è passati prima alla cartellonistica e poi alla radio che non sempre funzionava, fino ad un dialogo permanente e costante. Ho avuto la fortuna di vivere tutti questi passaggi e le varie evoluzioni di generazioni”.

Come le ha vissute anche Beppe Gabbiani che invece stava nell’abitacolo. A F1WEB.it ricorda: “Quando ho partecipato nel 1977 in Formula 3 con il team Trivellato che allora era al top, noi avevamo solo il tabellone. Veniva esposto ogni giro. Era importante perché avevi il tempo, la posizione, il distacco dall’avversario e i giri. Con queste comunicazioni ti gestivi la gara”.

In Formula 1 in più c’era “il famoso interfono”, al momento del pit-stop: “Quando entravi nel box – va avanti Gabbiani – l’ingegnere metteva un plug nella macchina e parlava con te. Ma poi uscivi ed eri solo”. La radio ha cambiato anche gli approcci: “Ultimamente, e parlo del 2009, quando ho corso con Piero Necchi nel turismo italiano, se non funzionava la radio non uscivo neanche dai box. E ho detto tutto”.


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