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Le Due Vie Del Destino: The Railway Man - La Recensione

Creato il 30 luglio 2014 da Giordano Caputo
Le Due Vie Del Destino: The Railway Man - La RecensioneUn po' di guerra, un po' di sentimentalismo e un po' d'umanità.
Possono sembrare le regole per un prodotto variegato e armonico, in realtà sono le cause che lasciano deragliare "Le Due Vie Del Destino: The Railway Man" in meno di quanto si pensi. E si speri.
Accende i motori come fosse una storia d'amore la pellicola di Jonathan Teplitzky, con Colin Firth e Nicole Kidman che si trovano romanticamente, e come un fulmine, innamorati e sposi improvvisi. Ma quello che sembrerebbe un discreto tentativo di imitare vagamente Richard Curtis si scontra imprudente con l'Oliver Stone più guerresco e brillante, quello che raccontava le crudeltà della guerra e l'impossibilità di scrollarsela di dosso una volta conclusa. Un tema alquanto vecchio e sbiadito, insomma, del quale si è già detto qualsiasi cosa, e che ricalcare può portare solamente allo scontato e alla noia. E per "Le Due Vie Del Destino: The Railway Man" non ci sono sconti a riguardo, il giro lungo che passa per la Seconda Guerra Mondiale compiuto da Teplitzky, per quanto basato su una storia vera - come avverte all'inizio - e dedicato alla finestra inedita, scaturita tra Giapponesi e Inglesi, racconta sempre la stessa solfa, cercando di risvegliare sensazioni che tuttavia non necessitavano di essere rinfrescate affatto.
Le Due Vie Del Destino: The Railway Man - La RecensioneIl percorso compiuto allora anziché condensare tensione, risulta alquanto superfluo, specialmente se consideriamo che per Teplitzky non è neppure lo stop ultimo del suo viaggio. Tutt'altro. Servendosi della biografia scritta da Eric Lomax in persona, la lunga tratta composta da flashback alternati che va a condire circa tre quarti della pellicola - scandendo prigionia e torture a demoni interni che condizionano il personaggio di Lomax/Firth - servono solamente a rendere più nitida e comprensibile (nonostante l'avremmo accettata lo stesso) l'ultima parte del suo lavoro, quella legata, appunto, all'umanità. Perché, in fondo, la lunghissima costruzione compiuta da "Le Due Vie Del Destino: The Railway Man" serve ad offrire al pubblico la parabola, senz'altro apprezzabile - e, questa si, leggermente meno viva al cinema - dell'ufficiale dell'esercito Lomax e del suo torturatore Takeshi Nagase, che dopo anni di sofferenze e una sterile vendetta tentata dall'inglese, sono riusciti a mettere da parte gli attriti e gli odi della guerra diventando grandi amici.
C'era perciò, nel complesso, un filo di robustezza in "Le Due Vie Del Destino: The Railway Man", qualcosa di piccolo e potente che poteva essere raccontato con voce nuova e occhi diversi (l'uomo non è la sua divisa / le guerre sono del paese, non del popolo). Eppure il modo, facilone e, per certi versi, megalomane assoldato da Teplitzky rende ogni cosa decisamente pesante e di poco interesse, bruciando pertanto tutti i buoni elementi che la base del suo lavoro poteva offrire.
Trailer:

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