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Le espressioni emotive in bambini ciechi e down

Da Psychomer
by Tatiana Porcelli on ottobre 28, 2011

Affinchè possa esserci una un’adeguata comunicazione tra genitore e bambino è indispensabile che quest’ultimo sia in grado di fornire segnali chiari, in modo che il genitore possa riconoscerli con facilità e rispondervi in maniera adeguata. Tuttavia questo non è sempre possibile.

Svariate ricerche, svolte osservando bambini ciechi, hanno evidenziato che emozioni di grande felicità o infelicità possono essere distinte senza alcuna difficoltà sui loro visi, che invece non permettono di distinguere facilmente emozioni più sottili.

Tali bambini possono a volte dare l’impressione di una mancanza di interesse verso qualcuno o qualcosa. Tuttavia questa impressione è in realtà fuorviante; gli indizi emozionali infatti, possono essere individuati in maniera più affidabile tramite l’osservazione delle loro mani.

Quando la madre dona la bambino un nuovo giocattolo, il viso del bambino potrebbe esprimere una mancanza di interesse; se la madre spostasse invece, l’attenzione verso le sue mani, riceverebbe un messaggio diverso nell’osservare che queste sono attivamente impegnate nell’esplorare il giocattolo per farlo proprio.

Non tutte le emozioni però, possono essere comunicate attraverso questo canale alternativo; in ogni caso i genitori di bambini ciechi hanno il compito di modificare il loro orientamento, imparando a cogliere i loro segnali.

Un tale adattamento risulta essere necessario anche nel caso di bambini affetti da sindrome di Down. Essi tendono generalmente a non rispondere laddove gli altri bambini sorridono e a sorridere laddove gli altri ridono; la risata è sollecitata solitamente da forme di stimolazione più vigorose, come per esempio, far saltare il bambino sulle ginocchia. In questi bambini risulta anche bassa la reattività a situazioni stressanti (essere lasciati da soli).

Numerose ricerche hanno però messo in evidenza che le madri dei bambini affetti da sindrome di Down presentano una capacità di risposta superiore, a quella delle madri di bambini normali, nei confronti di segnali emotivi di bassa intensità; è come se esse avessero modificato la soglia di risposta al fine di evitare che il loro bambino venga privato di esperienze interattive.


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