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Le leggi del carnevale della serenissima

Creato il 14 gennaio 2015 da Carnivalinvenice
LE LEGGI DEL CARNEVALE DELLA SERENISSIMA

Durante il Carnevale i Veneziani si concedevano trasgressioni di ogni tipo e la Bauta o la Moretta erano utilizzate per mantenere l'anonimato e consentire qualsiasi gioco proibito, sia da parte di uomini che da parte di donne. Anche i preti e le monache approfittavano delle maschere per celarsi e trasgredire compiendo fughe amorose o "multas inhonestas".

Allo scopo di limitare l'inarrestabile decadimento morale dei Veneziani, la Serenissima in varie riprese ha legiferato in materia di Carnevale e ha disciplinato l'uso delle maschere e dei travestimenti.
Sin dai primi del '300 cominciarono ad essere sempre più numerose le leggi che promulgavano decreti per fermare il libertinaggio degli abitanti di Venezia del tempo e per limitare l'uso esagerato delle maschere.

Era proibito indossare la maschera nei periodi che non fossero quelli di carnevale e nei luoghi di culto, così com'erano proibite le armi e gli schiamazzi di gruppo. L'uso della maschera veniva proibito alle prostitute e agli uomini che frequentavano i casini. Questo perché spesso la maschera era usata per celare la propria identità e per risolvere affari poco puliti o portare avanti relazioni curiose.

LE LEGGI DEL CARNEVALE DELLA SERENISSIMA
Per esempio il Tabarro era, spesso, utilizzato per nascondere armi e proprio per questo furono emanati molti decreti per impedire alle maschere di utilizzare il mantello per scopi non proprio ortodossi e soprattutto pericolosi. Coloro che erano colti in flagranza di reato andavano incontro a pene molto pesanti: per gli uomini la pena era di due anni di carcere, il servizio per 18 mesi nelle galere della Repubblica Serenissima, il pagamento di 500 lire alla Cassa del Consiglio dei Dieci.
Le donne, spesso prostitute, che venivano trovate in maschera erano frustate da Piazza San Marco a Rialto (un bel tratto di strada!), poste in berlina tra le due colonne di Piazza San Marco e erano bandite per quattro anni dal territorio della Repubblica Veneta e anch'esse erano costrette al pagamento di 500 lire alla Cassa del Consiglio dei Dieci.

L'elenco dei decreti procede di pari passo a quello dello svolgersi, annuale, del Carnevale. Di volta in volta viene aggiunta una proibizione: vietato recarsi in maschera all'interno dei luoghi sacri, vietato mascherarsi in abiti religiosi, vietato ballare in pubblico al di fuori dei giorni stabiliti per la festa del carnevale. Vista l'usanza di molti nobili Veneziani che andavano a giocare d'azzardo mascherati per non essere riconosciuti dai creditori, nel 1703 sono proibite per tutto l'anno le maschere nei Ridotti, cioè le case da gioco veneziane.

Ma esisteva anche il rovescio della medaglia: nel 1776, una nuova legge, questa volta atta a proteggere l'ormai dimenticato "onore di famiglia", proibiva alle donne di recarsi a teatro senza una maschera.

Dopo la caduta della Repubblica, il Governo Austriaco non concedette più l'uso delle maschere, se non per feste private o per quelle riservate. Con l'inizio della dominazione austriaca il Carnevale di Venezia attraversò una fase di decadenza. Solo durante il secondo governo austriaco fu permesso di nuovo di utilizzare le maschere durante il Carnevale.

Il governo italico si dimostra più aperto, ma questa volta sono i Veneziani ad essere diffidenti: ormai Venezia non era più la città del Carnevale ma solo una piccola provincia dell'Impero, quindi senza più libertà...
Ai giorni nostri la goliardia e il colore delle maschere fanno di Venezia la capitale del Carnevale per eccellenza. Eleganza, allegria e passione colorano calli, piazze e campielli. Venezia è il Carnevale e il Carnevale è Venezia.


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