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Le lezioncine del Corriere della Sera e le risposte di Sallusti

Creato il 27 settembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
487px-Il_Giornale_Logo_svgdi Michele Marsonet. C’è qualcosa di vagamente inquietante nell’editoriale che Ferruccio de Bortoli ha pubblicato sulla prima pagina del “Corriere della Sera” il 24 settembre. Il direttore – peraltro in scadenza – del quotidiano milanese ha attaccato con violenza Renzi e il suo governo, ma il pezzo è diviso in due parti.

La prima contiene critiche e considerazioni che sono in buona parte condivisibili. Anche se la popolarità dell’ex sindaco di Firenze sembra ancora alta, siamo tutti un po’ stufi del suo stile e del modo in cui gestisce il potere. Un modo solitario e sin troppo irruente, punteggiato da continui annunci e tweet ai quali, poi, non s’accompagnano fatti concreti.

La cerchia dei fedelissimi fa fatica a contenere la fronda sempre più aperta della minoranza PD. Se finora c’è riuscita è perché i capi della suddetta minoranza non sono certo dei giganti della politica. E desta una certa impressione vedere un perdente come Bersani rivendicare dei meriti che non ha. Tralascio il conflitto con i sindacati, e con la CGIL di Susanna Camusso in primis, poiché in quel caso era evidente sin dall’inizio che sarebbe andata così.

Si può concordare con de Bortoli anche quando scrive che “la muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan”, e che “il marketing della politica se è sostanza è utile, se è solo cosmesi è dannoso”.
Molti vanno dicendo da tempo le stesse cose, magari con stile diverso e, a volte, ben più crudo. Pure il giovanilismo del premier si sta dimostrando assai meno efficace di quanto promesso. Non è che Mogherini e Madia – per citare solo due esempi – abbiano fornito prove brillanti, a riprova del fatto che la giovane età, di per sé, non è affatto garanzia di bravura ed efficienza. E fin qui nulla di strano.

Nella seconda parte dell’editoriale, tuttavia, il direttore del “Corriere” calca la mano con alcune frasi oscure, riferite soprattutto al patto del Nazareno. Secondo l’autore tale patto finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, e ne consegue l’opportunità di conoscerne i dettagli per sciogliere ogni sospetto ed eliminare “uno stantio odore di massoneria”.
A sorpresa, però, de Bortoli conclude il pezzo augurando a Renzi di farcela e di “correggere in corsa i propri errori”. Ma va ben oltre, sostenendo che il politico toscano “non può fallire perché falliremmo anche noi”. E i nessi di conseguenza logica che fine hanno fatto? Come si giustifica una simile conclusione partendo dalle premesse di cui sopra?

A mio avviso è molto centrata e ben argomentata la risposta di Alessandro Sallusti sul “Giornale” del 25 settembre. Nel notare che la stroncatura dev’essere attribuita, più che alla singola persona, al mondo che il “Corriere” rappresenta e che de Bortoli frequenta, Sallusti afferma che si è messo in moto il solito trenino dei salotti buoni e dei circoli ristretti, i quali includono anche “la sinistra al caviale”. Un mondo che non tollera di essere escluso dalle decisioni importanti e che, d’altro canto, non si perita di appoggiare operazioni che portano al governo persone senza alcun mandato popolare.

Ha quindi ragione, il direttore del “Giornale”, a terminare il suo editoriale scrivendo “da che loggia viene la predica…”. In sostanza, se Renzi deve cadere (ipotesi tutt’altro che fantasiosa), si spera che non avvenga ancora una volta su input di “Corriere” e “Repubblica”, e neppure grazie a un’inchiesta a orologeria di qualche procura. Anche gli editoriali di “New York Times” e “Washington Post” hanno un certo peso nella politica americana. Ma là almeno si parla chiaro, qui siamo ai messaggi in codice.

Vi suono buone ragioni per essere stanchi di questo governo, ma ve ne sono altrettante che inducono a essere stufi di decisioni prese da circoli che non amano mostrarsi in pubblico, anche se non è poi così difficile ricostruirne la composizione.

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