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Le mani dell’artigiano non hanno costi fissi. Il caso degli studi di settore.

Creato il 09 luglio 2014 da Chiara Lorenzetti

Celtica preserva, tra i sentieri del bosco, un dono prezioso della natura umana: l‘artigianato. Svariate bancarelle, ben inserite tra il verde degli alberi, recano i frutti delle mani, della creatività, dell’ingegno.
C’è da perdersi, ve lo assicuro; c’è da meravigliarsi a vedere tanto talento.
A Celtica gli echi della globalizzazione, del made in china, sono lontani. Gli artigiani siedono ai loro deschi, cuciono, intagliano, dipingono, creano gioielli, scrivono poesie, in presa diretta. Sono lì apposta per mostrare il loro lavoro, il talento, la fatica. E soprattutto, sono pronti a spiegare, a raccontare i passi lenti che occorrono per arrivare al prodotto finito e mentre parlano non smettono di lavorare e mentre parlano si legge in viso la passione che li anima.

Foto_Laura_Greco www.celtica.vda.it

Foto_Laura_Greco
http://www.celtica.vda.it

Chi mi legge sa che sono artigiana anch’io, restauratrice di ceramiche, oggetti in legno policromi e dorati e bambole. E’ un lavoro di grande passione e dedizione, di precisione e cura maniacale dei dettagli. Non si può fare in fretta, non si può fare male. Il restauro, come qualsiasi realizzazione artigiana, non può essere dozzinale e prodotta in serie, pena la perdita della sua unicità e di conseguenza del mercato. Vi è un ingrediente comune a tutto l’artigianato: le mani.
E bene quindi sapere che le mani sono governate da un corpo e condizionate da mille varianti: la salute, il tempo, le condizioni climatiche, i problemi famigliari, le ferie, la crisi dei settori, la mancanza di clienti, la ristrutturazione dei locali, la mancanza di ispirazione, le malattie. Molto spesso, il piccolo artigianato è ad appannaggio delle donne e questo aggiunge variabili importanti, nel caso di donne- madri- mogli – lavoratrici: la cura della famiglia. 

Viene da fare quindi una considerazione di buon senso. Un artigiano sa quando inizia un lavoro e non quando lo finisce. Questo non incide fortemente sul prezzo, anzi, molto spesso un artigiano propone lavori a prezzi inferiori al tempo speso pur di renderli conosciuti e mostrare le proprie capacità: un artigiano ama il suo lavoro.
Ecco che quindi gli “studi di settore” ove tutto viene messo in un calderone, livellati i costi e i ricavi, tutti uguali secondo tabelle sterili, diventano una assurdità del fisco italiano, una tarpatura di ogni ala di passione. Viene da chiedersi perché investire tanto per portare a testa alta il Made in Italy, quando l’italietta dei legislatori ci mette pietre e catene ai piedi ogni giorni, come carcerati.

Lo scorso anno stavo per chiudere la mia attività, i ricavi quasi nulli, la crisi attanaglia tutto, più che mai il mio lavoro superfluo. Ho deciso di tenere in piedi l’attività solo perché ero appena uscita vittoriosa da un contenzioso burocratico durato due anni con un ente pubblico ed ero desiderosa di portare alta la mia vittoria. Ora, in sede di dichiarazione di redditi, vengo trovata non congrua agli studi di settore.
E’ questa l’italia che abbiamo, cari miei.
Un’Italia che brilla di mani che creano, inserite nel magico bosco di Celtica e in ogni angolo affaticato delle nostre città, dei borghi meravigliosi, dei paesini, e un’italia povera e arida che digita su tasti di fredde tastiere la lurida sentenza di morte dell’artigianato. 

Chiara


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