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Le memorie “Mundial” di Carlo Nesti: Messico 1970

Creato il 06 giugno 2014 da Simo785

Durante i Mondiali di calcio 2014, garantirò nei miei spazi, il commento-pagella delle partite dell’Italia, e degli altri incontri principali.

Inoltre, una sintesi audio-video Youtube delle fasi salienti delle partite degli azzurri.

Ascolterete la mia voce in televisione su Top Calcio 24, e in radio su Radio Sportiva.

Nella marcia di avvicinamento all’evento, vi propongo una serie di ricordi personali, legati proprio alla storia della manifestazione.

A cura di Carlo Nesti

TOLUCA, 11-6-1970

ITALIA-ISRAELE 0-0

NON TOCCATEMI CAROSIO

mexico 70
La partita Italia-Israele, terzo impegno nel Mondiale messicano degli azzurri di Valcareggi, dopo Svezia e Uruguay, si gioca l’11 giugno 1970 alle 16,00 di Toluca, e cioè alla mezzanotte italiana.

I genitori decidono di lasciarmi da solo a casa, preferendo il cinema e il post-cinema, scelta per me assolutamente blasfema, alla visione della prima fase della gara.

Che strana sensazione restare in raccoglimento, in compagnia del televisore, a quell’ora, e per giunta per vedere un incontro di calcio, evento legato a ben altri momenti della giornata!

Contro Israele basta pareggiare per qualificarsi, ma il risultato più ambito è liberare Gigi Riva dalla tremenda psicosi dell’astinenza da gol, perché deve trascinarci in finale.

Mi siedo per terra, sul tappeto, sotto lo schermo, pronto a sospingerlo verso la rete avversaria tutte le volte che ne ha bisogno: unico, grande, irrinunciabile condottiero.

La telecronaca è di Nicolò Carosio, il “giocattolo” inafferrabile della mia infanzia, quella voce che vale più di macchinine e soldatini, emozione continua e sempre nuova.

Nessuno può sapere, né io né lui, che sarebbe stato il suo ultimo racconto di un match della Nazionale, alla fine di una carriera cominciata addirittura agli albori degli anni 30.

L’Italia attacca, ma la porta di Visoker restava involata, e così, nel secondo tempo, Valcareggi inserisce Rivera al posto di Domenghini, udite, udite, in tandem con Mazzola.

Riva gioca una partita nella partita, come se la rete personale potesse equivalere a una iniezione di ossigeno, del quale, in altura, si sente pesantemente la rarefazione.

Con Rivera in campo, aumentano gli assist, e Gigi segna non una, ma 2 volte, in entrambe le occasioni illuso e disilluso dagli annullamenti dell’arbitro Vieira de Moraes.

Dopo il secondo gol negato, corro idealmente con lui verso il guardalinee di colore, che ha sbandierato l’irregolarità, e a Carosio viene attribuito un rabbioso: “Quel negraccio del guardalinee etiope!”.

L’incontro finisce 0-0, e intorno alle 4,00 di notte vengo colto dalla prima delle 3 crisi di sonnambulismo della mia vita, risvegliato da mio padre in piedi al centro della camera da letto.

Nei giorni successivi apprendo 2 cose: che stavo gridando “Riva, Riva!”, come un assatanato, e che Carosio era stato punito, per una frase mai pronunciata, su protesta dell’ambasciata etiope.

Mi sento tradito dalla televisione, beffato dalla Rai, offeso da un mondo cattivo che non capisce gli stati d’animo di un attimo, quelli che arrivano, e ti possono costare caro per sempre.

Non sono ancora in grado di valutare la veridicità di quanto Nicolò ha detto, perché in cuor mio lo ho già perdonato, e perché, ad uno come lui, regalerei sempre una carezza.

 

CITTA’ DEL MESSICO, 17-6-1970

ITALIA-GERMANIA OVEST 4-3

LA NOTTE DELLE NOTTI

E’ la veglia di Italia-Germania Ovest a Città del Messico, l’inizio dell’estate ha già riscaldato l’aria, e le finestre di tutte le case sono aperte, liberando i caotici suoni in arrivo da lontano.

Uscendo in terrazzo, sul far di mezzanotte, mi accorgo che il cortile sembra diventato una sorta di Piazza San Pietro, quando la voce del Papa viene replicata all’infinito.

Nel buio, vedo centinaia di luci accese, il timbro di Nando Martellini rimbalza da un condominio all’altro, e pare che un imponente ciclone acustico imperversi sulle nostre teste.

Chi non ricorda che cosa accade nella notte fra mercoledì 17 giugno e giovedì 18 giugno 1970? Chi non rammenta quale vortice di passione si impossessa del cuore degli italiani?

Ho 15 anni, e va in onda magicamente il film più bello della mia vita, con il piccolo, e non trascurabile dettaglio, che non è una ingegnosa finzione, bensì una lirica realtà.

Le 16,00 messicane corrispondono alle 24,00 italiane, ed è la prima occasione in cui la tivù offre uno spettacolo del genere, tradizionalmente pomeridiano  o serale, a un’ora da insonni.

Mio zio, la persona, con mio padre, che mi ha insegnato ad amare il calcio, guarda la partita al piano di sotto, e ogni tanto si fa vivo al citofono, per scambiare due parole con me.

Quando Schnellinger segna il gol dell’1-1, a tempo scaduto, corro sul balcone, e prendo a pedate la vetrata, rischiando di volare dal terzo piano direttamente in cortile.

Quando Muller realizza il gol del 2-1, all’inizio dei supplementari, reagisco da automa, impugno il citofono, e da adulto, cresciuto in anticipo sul previsto, dico soltanto: “Zio, è finita!”.

Poi, come nelle belle favole, Burgnich segna il 2-2, e Riva il 3-2, e io, travolto dall’abbraccio di mio padre, comincio a chiedermi se, a occhi aperti, sto già sognando.

Dopo l’ennesimo pareggio della Germania (3-3), mi sento il bambino al quale viene detto, per la prima volta, che Babbo Natale non porta più regali, per il semplice fatto che non esiste.

Mi rimetto a sedere, prostrato, rassegnato, e attendo 5-10 secondi, guardando il pallone che, tenacemente, eroicamente, Bonisegna spinge verso la linea di fondo.

Cross, piatto destro di Rivera e… dentro di me, quella sfera, calciata alla destra di Maier, sembra strisciare sulle lancette dell’orologio, prima di gonfiare la rete.

Ma sì, è gol! E’ ancora gol! Ed è il gol della vittoria: 4-3! Non guardo più nulla, corro sul balcone, mi viene voglia di piangere, e sento migliaia di persone impazzire nelle altre case.

Penso che avrei ricordato quell’istante in eterno, e cerco di prolungarlo, saturo di felicità: non mi sbaglio, perché l’onda, lunga e dolce, non finisce neppure oggi.

 


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