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Le mille vite di europa

Creato il 01 novembre 2011 da Tnepd

LE MILLE VITE DI EUROPA

 

“Dolce è il bacio di Europa,

anche se tocca appena le labbra,

dolce anche se sfiora appena la bocca;

non è alle labbra che s’accosta,

ma preme la bocca,

e dal profondo rapisce l’anima intera”.

(Rufino, poeta greco del II sec. d.C., Antologia Palatina)

 

Dotti, medici e sapienti s’affollano torvi e neri al capezzale dell’Europa. La colossale paziente giace immobile e cerea sul suo giaciglio tettonico, col termometro infilato nello Stretto di Gibilterra e la borsa dell’acqua calda deposta sulla Lapponia. Un drappello di ghignanti becchini attende, appena fuori dall’uscio, la notizia del decesso, pronto a spartirsi le spoglie della millenaria carogna con i monatti arrivati in tutta fretta da Wall Street. Fioccano le diagnosi, le prognosi, le anamnesi, tutte morbosamente incentrate sull’analisi della pandemia economico-finanziaria che ha condotto la paziente al suo “settimo giorno” in un decorso cronico progressivo, ormai virtualmente irrecuperabile, salvo interventi miracolosi dall’Empireo. Si ipotizzano scenari patologici di peste ateniese, influenza spagnola, febbre asiatica e parvovirosi africana. Si maledice e si benedice l’Euro, impalpabile anticorpo che, secondo il diverso punto di vista dei luminari, sarebbe da reputarsi cagione dell’affezione mortifera oppure, secondo altri, un’estrema ratio immunitaria, in grado di offrire l’ultima flebile speranza di recupero ad un’inferma ormai rantolante.

Eppure a me la paziente sembra già cadavere, stecchita come un baccalà norvegese. E sebbene io non abbia alcuna intenzione di sottovalutare la pandemia finanziaria che attanaglia tutti noi, le cause del decesso mi sembra siano da ricercare nella sfera politica e culturale, più che in quella puramente economica. L’Europa è morta di Unione Politica Europea, ancor più che di bolle speculative e di credit-crunch. Per quanto angosciosa sia la crisi odierna, il nostro continente, nei suoi millenni di storia, ne aveva viste e superate di altrettanto gravi e perfino peggiori, riuscendo sempre a ristabilirsi in tempi (storicamente) non eccessivi. Senza dover sempre citare il solito 1929, si potrebbero ricordare: la grande crisi economica trecentesca, che portò alla bancarotta i colossi bancari europei dei Peruzzi e dei Bardi, anch’essi “too big to fail”, come gli istituti creditizi contemporanei; la spaventosa crisi economica di metà ‘500, che ridusse in cenci l’impero di Filippo II; o la crisi industriale e agraria, con annessa spirale deflazionistica, che impazzò per l’Europa tra il 1873 e il 1895. In tutti questi casi, l’Europa non morì e si rimise in piedi in breve tempo. Perché oggi, dunque, l’encefalogramma del vecchio continente si mostra piatto, apparentemente al di là di qualunque speranza di resurrezione?


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