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Le piccole cose che fanno bene al cuore…

Creato il 15 ottobre 2015 da Nonnaso @NonnaSo

Ieri riflettevo su quanto spesso dimentichiamo durante la nostra vita un sacco di cose. Piccole cose ma anche cose importanti. Ed è uno vero peccato.

foto presa da Pinterest

foto presa da Pinterest

Alle volte capita però che basti un odore che ci colpisce le narici, un profumo particolare, una parola detta al momento giusto, e il ricordo è lì nella nostra mente, improvviso. Ci torna addosso, ci assale con prepotenza.

Io adoro quando accade. Saluto quei ricordi come vecchi amici che sono tornati a trovarmi. Anche quelli brutti, anche se per un istante mi fanno male, li saluto lo stesso. Sono pur store pezzi di me credevo di aver cancellato, perduto per sempre, e invece sono ancora un po miei, anche se solo per un istante.

E poi, non è colpa loro se sono brutti. Il passato e’ passato e tale dovrebbe rimanere, quindi non gli porto rancore.

Mi è successo ieri. Ero da Tiger, dove vado molto spesso a fare un giro per rilassarmi un po, curiosando fra le cose carine a poco prezzo, quando ho visto una scatola di timbrini nel reparto giocattoli.

Dei bei timbri di legno, quadrati, come quelli di una volta. Ce n’era persino uno con disegnato un gatto. Una casetta, un albero, un dinosauro, una pecora…

E d’un tratto mi sono ricordata dei timbri che avevo quando ero piccola, e quanto li adoravo. Passavo le ore a timbrare dei grandi fogli di carta  da progettista, che il mio nonno falegname aveva “portato da Milano” (che allora pareva una destinazione lontanissima ed esotica.. Ma coincidenza vuole che io abbia trovato cas, vent’anni dopo e quando ormai il nonno non c’è più da tanto, due strade più in là rispetto a dove aveva la bottega da falegname, accanto alla Basilica, vicini ai frati per cui ha lavorato per così tanti anni).

Quando finivo l’inchiostro, il mio papà – che è ragioniere – mi dava una delle sue scatolette di latta con la spugna blu, una di quelle che aveva quasi finito, così potevo ricominciare a timbrare.

erano esattamente così...

erano esattamente così…

Ricordo ancora perfettamente il rumore che facevano quegli enormi fogli da disegno, quel fruscio tutto speciale della carta come ormai non la fanno più. Ricordo l’odore che avevano, un pò da biblioteca muffita, perché erano già vecchi quando me li ha portati, in grosse risme da centinaia e centinaia di fogli che persino i miei genitori faticavano a sollevare da soli. Ne ricordo il colore giallastro, la gioia che provavo a prenderne uno “nuovo”, anche se erano talmente grandi che facevo una fatica da matti a riempirne uno intero prima di passare a un altro.

Ricordo il rumore quando li piegavmo e strappavamo, per farne di più piccoli, o la consistenza che avevano quando ci facevamo gli origami.

La nonna mi ha insegnato a fare gli origami, anche se ci piaceva di più farli con la carta della guida TV. Anche QUELLA me la ricordo benissimo anzi, ogni volta che passò davanti ad una edicola mi viene ancora un po nostalgia.

Ricordo il cassetto speciale del mio armadio, costruito dal nonno ovviamente, in cui li riponevo. E la fantasia della carta colorata che foderava quel cassetto, come si usava una volta.

La passione per la carta mi è venuta così. E quella per il disegno.

rivestimento-cassetti

Quella per il legno, e per il suo profumo. E quella per il bricolage, anche: a casa del nonno avevo un intero cassetto del tavolo in cucina pieno di pezzi di legno, calamite, pomelli, viti, biglie e tondini di ferro, persino cerniere delle porte e maniglie, con cui il nonno mi faceva giocare e costruire cose improbabili. L’antenato del Lego, modalità “poracci”.

Quanto lo amavo.

Da una nonnina che abitava in cortile, ho ereditato una scatola intera di Barbie complete di corredo (una scatola da biscotti, di quelle grandi e di latta – ecco da dove viene la passione per le scatole di latta-), e a venerare le saponette. Ne aveva armadi interi pieni, impilate una sull’altra, e a me pareva il paradiso.

Dalla zia che a Natale regalava solo libri, da quando ancora ero all’asilo beh.. Indovinate cosa ho preso.

Dalla bottega del nonno, la passione per l’odore delle vernici.

Dalla veranda completamente di vetro la passione per le serre e lo stile liberty.

Dalla palma che aveva in giardino, alta quasi come la casa a due piani, e sotto cui si sedeva a fare il pisolino pomeridiano, la passione per le palme e il desiderio di averne una anche io in giardino (desiderio esaudito questa estate).

E stiamo parlando solo del ramo paterno della famiglia, e dei ricordi che mi hanno lasciato.

Quella casa, quella veranda, quella palma e la bottega del nonno, così come lui che se ne è andato quando ero ancora piccola, non è rimasto più nulla, solo i miei ricordi. Al loro posto, l’associazione degli anziani del paese, e una spianata di cemento che fa da parcheggio.

Dicono che la vita è così, ti prende e ti toglie, ma io sono contenta che la vita sia anche così: ogni tanto, a modo suo, restituisce.

E si, e’ proprio curioso come funziona la mente, e i ricordi. E come siano le più piccole e imprevedibili cose a plasmare quello che diventeremo.

...e questo è lui, il mio nonno, affacciato alla sua veranda, a guardare la sua palma. In una foto scattata negli anni '80 con la Polaroid da papà.

…e questo è lui, il mio nonno, affacciato alla sua veranda, a guardare la sua palma. In una foto scattata negli anni ’80 con la Polaroid da papà.

ps. oggi il post è un pò malinconico lo so, ..da domani ricominciamo a parlare di shopping, promesso!



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