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Le poesie di lari - carnevale

Creato il 15 febbraio 2015 da Leonardo Manetti @leonardomanetti
Lari è lo pseudonimo di Gino Chelazzi uno scrittore nato e cresciuto a San Casciano Val di Pesa a cavallo tra l'ottocento e il novecento. Gino aveva scritto numerose poesie su varie località italiane, sulle varie festività ma anche sulla guerra.

CARNEVALEO voi che nelle danze del veglionepiacer cercate ed accogliete qualebeneficio ed amico crapuloneil vecchio Carnevale,
non la sentite voi questa tonanteminaccia che qual prossima buferaromba attorno, non grido supplicantenon voce di preghiera;
ma imperiosa, terribile, che scuote, si moltiplica, mutasi in fragore:la voce è questa che si ripercuotedel secolo che muore!
Si ripercuote dalle abitazioni più tristi fino alla reggia fastosa,rauca voce che torbide passionirendono spaventosa.
Ed invan la si sfugge! In ogni locosi svela e irrompe: nell'allegre salee nei teatri e balli e in ogni giuocolieto di carnevale.
Vedete? Per le vie passa e gavazzail carnevale: attenti, ora s'avanzaorribil mascherata e fra la pazza folla balla una danza.
Dalla triste plebaglia circondataemerge nella ridda coppia infameche di luridi cenci s'è adornata:sono il Vizio e la Fame!
A FIRENZE!
Da i poggi folti di olivi pallidiche l'infinito mare soprastanoco 'l pensier valicante lo spaziote rivedo, o Firenze, lontana.
Vedo le torri, la svelta cupoladi Brunellesco severi e e splendidii palazzi de gli avi famosi,il mio bel San Giovanni rivedo.
E l'Arno lento, placido scorrere, e delle ninfe che i boschi allegranodell'ombrose e fiorite Cascinesussurrante di parole d'amore.
Vedo i giardini spandenti a l'auremiti i profumi grati, soavissimi;e di Fiesole il monte forcutoche di te si compiace, qual padre.
E' il genio etrusco che da quei ruderisfidanti il lento turbin dè secolisopra te va spirando e rinnovane la gloria e ne l'arte, o Firenze?
Veh! Ne l'orecchio di Dante versasi la cantilena di Ciullo d'Alcamo,e divien la divina loquelaproclamante il diritto d'Italia.
Veh! Dè più puri eroi trasfondesiil nobil sangue né tuoi progeniti,e con fulgida morte Ferrucciocavaliere de la patria rivive!
E il tuo nome fu che portaronolontano pè mondi gli arditi nautiqual ricordo di madre amorosaqual emblema di forte e gentile!
Oh, qui dà poggi folti di pallidiolivi invoco te, mentre l'animosi smarrisce né torbidi sogniun profumo, un sorriso anelante!
Egli è il profumo de le mite aureche dà tuoi colli fioriti spirano...è il sorriso dè volti che adoro,e che tu, mia Firenze, racchiudi!
Oh, fino all'Arno che scorre placido, fino al forento monte di Fiesolegiunga questo affannoso desìoe ne l'onda di luce s'appaghi.
Che il Sol si riversa da 'l cielo in aureifasci su l'alte torri, su i templi,su i giardini ove al tepido baciosi dischiudono i fior più gentili?Poesie pubblicate sul giornale “Il Chianti” riprese dal libro di Carlo Baldini “Poesie”



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