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Le poste e il caso Martino

Da Brunougolini

Le poste e il caso MartinoMolto si parla in questi giorni della proposta fatta dal governo di riformare la galassia dell’amministrazione pubblica. L’unico provvedimento immediato (tutti da organizzare quelli su mobilità, ricambio generazionale, turnover) appare quello teso a tagliare i «permessi» sindacali. Ovverosia il taglio alla presenza sindacale, considerata come uno degli ostacoli principali per stabilire l’efficienza dei servizi.
È stata scelta, in sostanza, la via del conflitto col sindacato e non quella di un dialogo, di una collaborazione con quello che rimane un soggetto radicato nei vari comparti. Comparti che avrebbero bisogno di radicali interventi innovativi, tagliando la marea di scartoffie e norme sovrapposte, anziché i soli «permessi». Ovverosia «Meno burocrati e più computer» per usare un titolo recente de La Stampa.
Un titolo che sono costretto a comparare a una vicenda incredibile accaduta a un diciottenne italo-tedesco, denunciatami dal padre in un’email. Riguarda un servizio – le poste – non più totalmente pubblico ma che per i cittadini è recepito come tale. Martino vive e studia a Berlino. Suo padre, anni fa, aveva aperto a suo nome in Italia, a Brescia, quartiere Badia, presso l’ufficio postale, un libretto di risparmio per minorenni, versando 50 euro ogni mese. Martino con gli interessi maturati comprava dei Buoni fruttiferi postali, con scadenza al compimento del diciottesimo anno. Ed ecco che nel 2014 arrivano i 18 anni e il ragazzo viene a Brescia per incassare tra libretto e Buoni, circa 8mila euro.
Il 10 giugno l’impiegato postale quando riceve da Martino, accompagnato dal padre, la carta d’identità tedesca, sostiene che ci vuole un documento italiano, Martino e suo padre protestano, l’impiegato telefona ai superiori e gli spiegano che basta inserire il codice relativo a «cliente residente all’estero». Riesce a compilare e pagare un buono fruttifero. Solo che sono le 13.20 e l’ufficio chiude. Martino a casa compila e firma ben 17 moduli per ciascuno dei 17 buoni fruttiferi ricopiando ogni volta nome, indirizzo, numero del documento etc. La mattina dopo il computer postale non «legge» i «Buoni». L’impiegato congeda Martino perché c’è troppa gente in coda. Padre e figlio ritornano dopo due giorni. Niente da fare. Ora Martino deve però ritornare a Berlino e l’impiegato assicura che basterà la presenza del padre. Il quale quando ritorna all’ufficio postale, una settimana dopo, non trova più quell’impiegato, trova due altre impiegate irremovibili: deve essere presente Martino. Una storia assurda.
Possibile che un cittadino non possa ritirare con facilità una somma che gli é dovuta? Il governo italiano parla spesso e volentieri di una imminente diffusione del cosiddetto «Pin» unico, ovverosia della possibilità di ottenere, nei diversi uffici on line, i servizi necessari usando sempre un proprio numero, una specie di identità elettronica. Una promessa che fa sognare. E non si capisce perché le poste non permettano a un diciottenne come Martino, di ottenere il passaggio sul suo conto, di risorse finanziarie maturate a suo favore, operando un semplice clic sul computer. La finanza globale opera così ogni giorno spostando miliardi e non lo si può fare per ottomila euro?
Di chi sono le colpe di questa tremenda trafila burocratica esperimentata in quel di Brescia? Dei troppi permessi sindacali? O dell’accumularsi di norme farraginose e di scartoffie, di scarsi corsi di formazione professionale, di un macchinario (i computer) non aggiornato? Eppure le Poste passano come un oasi di modernità. Hanno stipulato di recente un accordo per andare a insegnare ai russi della «Russian Post» l’ammodernamento della locale rete logistico-postale. Potrebbero nel frattempo portare un soffio di modernità non in un paesino delle Madonie in Sicilia, ma nella moderna Brescia.
Martino intanto é tornato a Berlino sempre di più convinto che lo spread vero tra Germania e Italia abbia il cuore in vicende come la sua. Eppure meditava di tornare in Italia, magari per studiare in università prestigiose, a Pisa, a Pavia. Ci sta ripensando. Poi si piange sulla fuga dei cervelli.

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