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LE RAGIONI DELL’ALDILA’ #religione #società #morte

Creato il 06 settembre 2014 da Albertomax @albertomassazza

 

isola morti

L’idea di una continuazione della vita dopo la morte risale a tempi remoti. Già per i neanderthaliani si hanno indizi di una ritualità funebre legata a una credenza in una qualche forma di esistenza oltre la morte. Con la comparsa dell’Homo Sapiens i culti funerari appaiono sempre più strutturati, con elementi che inequivocabilmente suggeriscono un complesso orizzonte ultraterreno. Dal Paleolitico Superiore si fa strada l’usanza di cospargere il morto con ocra rossa, col chiaro intento di eludere l’impallidimento cadaverico col colore del sangue, e di ornare il defunto con quanto di più rappresentativo e prestigioso gli apparteneva, tra gli oggetti della sua vita terrena. Un’ulteriore conferma dell’attenzione che gli uomini preistorici riservavano alla fede nell’aldilà è l’usanza, molto diffusa a partire dal Mesolitico e per tutto il Neolitico, di deporre i cadaveri nei sepolcri in posizione rannicchiata, fetale, in attesa di una sicura nuova nascita. In epoca storica i culti funerari si sono diversificati e ulteriormente strutturati, mantenendo comunque fermi i due caratteri fondamentali: l’apotropaico, dovuto alla necessità di tenersi buona la morte, pensata non come parte di un ciclo, ma come entità in grado di togliere la vita in qualsiasi momento; la fede nell’aldilà, derivante dal sentimento di incompiutezza provato dall’uomo nei confronti della vita, dal senso di vuoto per la perdita di membri importanti della comunità e dal rapporto visivo con la volta celeste.

Con l’evoluzione delle forme religiose, la fede nella vita ultraterrena ha assunto un’importanza sempre più preponderante e ha iniziato a farsi strada l’idea di un aldilà come ricompensa o pena per il comportamento buono o cattivo tenuto durante la vita dal defunto, una visione morale che ha trovato il suo compimento nel cristianesimo. L’intento di questa interpretazione etica dell’aldilà  non risponde più esclusivamente alle necessità apotropaiche e consolatorie degli uomini, ma si apre a una funzionalità palesemente sociale e politica. La promessa di un paradiso degli eroi tipico delle popolazioni guerriere, ad esempio, sprona gli uomini ad affrontare con coraggio le battaglie, favorendo i disegni espansionistici del potere. Il cristianesimo, con la sua promessa di un aldilà beato, ricompensa per le opere di bene e riscatto per le ingiustizie subite nella vita terrena, da una parte tende ad incentivare la cooperazione sociale e la fratellanza tra gli uomini, a garanzia dell’ordine sociale; dall’altra favorisce il mantenimento dello status quo, inducendo i fedeli ad accettare le ingiustizie terrene in cambio della beatitudine eterna dopo la morte. La religione, una volta di più, si rivela come strumento di potere per l’educazione e il controllo delle masse, ai fini della conservazione dello status quo. Facendo leva sull’orizzonte spirituale proiettato dalla naturale paura per la costante incombenza della morte e dalla necessità consolatoria  del proseguimento ultraterreno dell’esistenza, la religione ha creato un orizzonte ultraterreno funzionale alla vita sociale terrena. L’afflato squisitamente spirituale della naturale sacralità funeraria degli uomini ha acquistato risvolti sempre più organici alle sempre più complesse organizzazioni sociali degli uomini. Come del resto i tabù, in particolare quelli attinenti al sesso che, dietro la maschera della superstizione e del pudore, hanno rappresentato uno strumento di controllo demografico.

 



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