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Le rivolte dei Gelsomini mettono a nudo le fragilità della Lega Araba

Creato il 28 aprile 2011 da Bloglobal @bloglobal_opi
di Giuseppe DenticeAlla luce dei numerosi episodi chestanno ridisegnando la geopolitica del Grande Medio Oriente, un attoretransnazionale è stato colto completamente impreparato dagli avvenimenti. Stiamoparlando della Lega Araba. Lerivolte nella regione hanno conferito centralità all'organizzazione ma ne hannomesso in evidenza debolezze e ambiguità. Ultimo caso della confusione che regnaall'interno dell'organismo sovranazionale è il rinvio prima “a data dadestinarsi” del summit della Lega Araba dell'11 maggio a Baghdad e, successivamente, la decisione di convocare i Ministri degli Esteri dei Paesi membri alCairo per una riunione straordinaria l'8 maggio, anticipando la sessione. Surichiesta dei Paesi del Golfo, con il Qatar in testa, era stato infatti chiesto il rinvio del consesso dei Paesiarabi come conseguenza delle rivolte in corso, e, al tempo stesso, come sintomodi una mancanza di una posizione comune tra i membri, cosa che ha portato ad una profonda crisi diidentità.
La LegaAraba, fondata nel 1945 al Cairo perimpulso di sette Paesi – Egitto, Siria, Iraq, Libano, Transgiordania, ArabiaSaudita e Yemen, poi passati a ventidue –, fin dalla sua nascita ha dimostratoinadeguatezza e contraddizioni nel suo agire politico a causa della forzapolitica dei singoli Stati coinvolti che, a seconda della fase storica che siviveva, hanno manifestato tutto il loro carattere fortemente conservatore eautocratico. L'apice delle sue ambiguità vennero raggiunte durante la “guerrafredda araba”, che metteva in mostra lo scontro ideologico tra ilconservatorismo delle monarchie saudito-giordane contro il progressismo deiNasser e del Partito Ba'ath in Siria e Iraq. La Lega Araba fu, in quell'epoca,lo specchio delle divisioni mondiali tra le due sfere di influenza americana esovietica. Da sempre questo organo sovranazionale è stato foro di asprediscussioni e lotte fratricide. Al suo interno l’Egitto ha sempre fatto la vocegrossa, fino alla sua esclusione, nel 1979, per effetto dell'accordo di pacesiglato con Israele a Camp David, per poi venir riammesso nel 1989. Anchel'Arabia Saudita ha sempre avuto un ruolo di primo piano, come nel caso delle guerre contro l'Iraq nel1991 e nel 2003, dove sifece portavoce e offrì le sue basi militari per attaccare un suo membro.

Le rivolte dei Gelsomini mettono a nudo le fragilità della Lega Araba

Stati membri della Lega Araba. India, Venezuela ed Eritrea fanno parte come osservatori.
Fonte: The Economist

La LegaAraba non ha mai raggiunto una posizionecomune su nulla in passato. Ciò è testimoniato più voltedalla ormai cronica situazione palestinese,in cuil’unità dellaLega è sempre stata più una facciata che un'azione concreta: lo dimostra il fallimento del pianosaudita del 2002, attraverso la celeberrimaRoad Mapla quale, forse, ha solointricato il problema tra israeliani e palestinesi.

Quanto sta avvenendo ora nella LegaAraba è una resa dei conti che non riguarda più lo scontro ideologico tra filo-americani e simpatizzantisovietici, o tra chi ha contenziosi con Israele e chi ha stretti accordi conTel Aviv. Neanche lo scontro religioso tra i wahhabiti sauditi e i panarabistilaici può giustificare le ultime dinamiche. Oggi al centro di un complessogioco diplomatico vi è lo scontro tra il “nuovo”, rappresentato dai Paesi delGCC (Gulf Cooperation Council) capitanati da Qatar e Emirati Arabi Uniti– e sempre più vicini a posizioni filo-iraniane –, e il “vecchio sistema”incarnato da Egitto e Arabia Saudita. Un esempio lampante dello scontro si ènotato in Bahrain, quando la Lega Araba, alla luce degli scontri, prudentementesi era tenuto nel limbo di una non decisione, chiedendo semplicemente la finedelle rivolte, mentre i Paesi del GCC, con un'azione comune hanno deciso diinviare truppe a supporto degli al-Khalifa. Uno scenario identico è avvenuto inYemen dove la scelta del non intervento della Lega ha lasciato, anche qui,carta bianca al GCC. Anche la questione libica è stato uno scenario di scontro.Infatti, il variegato popolo arabo ha considerato una colpa il mancato appoggiodella Lega Araba agli insorti libici contro il regime di Gheddafi (consideratoda tutti miscredente, folle e anti-arabo), cosa invece fatta da Qatar edEmirati Arabi Uniti in quanto membri del GCC.
Pur essendo in gioco interessistrategici di carattere economico e politico, l'indecisione della Lega Araba ela credibilità acquisita ultimamente dal GCC stanno facendo emergere tutti i nodial pettine. E il rinnovamento è già partito. Doha, infatti, pur non essendo unemblema della democrazia, vuole approfittare della debolezza politica egiziana,contando sul fatto che l'attuale Segretario Generale dell'organizzazione,l'egiziano Amr Moussa – ex Ministro degli Esteri di Mubarak – ha il mandato inscadenza tra un mese e l’emirato qatarino ha annunciato la candidatura di AbdelRahman al-Atiyyah, ex Segretario Generale del GCC quale naturale successorealla carica della Lega Araba. Non a caso, cinque dei sei Segretari Generalidella Lega, dalla sua fondazione ad oggi, sono stati egiziani. Il Cairo, daparte sua, ha indicato Mustafa al-Fiqqi, capo dellacommissione esteri del Parlamento egiziano e uomo politico molto vicino aMubarak, come candidato alla segreteria dell'organismo, ma l’ipotesi di uncandidato non egiziano sembra affascinare parecchio anche gli altri membri.
Grazie alla forza economica delpetrolio dei Paesi del Golfo, ilbaricentro dell’organizzazione ha cominciato dunque inesorabilmente a spostarsi verso altri canalidiplomatici, trovando in Doha, Abu Dhabi o, addirittura Mascate, centri dipotere molto più influenti rispetto ai canonici Riyadh, Il Cairo o Baghdad.L'emergere dei Paesi del Golfo e, in particolare del Qatar, ha stravolto lageopolitica mediorientale. Dalla loro parte, pendono anche le grandi capacitàdiplomatiche, mediando in aree calde come Palestina e Darfur. Chi pensa a unaLega diversa, non più come forum di dibattito, ma come player regionale, volge le proprie attenzioniverso lo Shatt al-Arab, meglio conosciuta regione del Golfo.  * Giuseppe Dentice è Dottore in Scienze Internazionali (Università di Siena)

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