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“Le tasse scendono!”. Ma sempre dal prossimo anno

Creato il 27 settembre 2015 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Inizia in queste ore la scrittura della Legge di Stabilità, quella che un tempo veniva chiamata “Finanziaria”. Dal Governo e dalle televisioni ne sentiremo quindi di tutti i colori, incluso ovviamente il fatto che la pressione fiscale scenderà, anzi, è già scesa! Due documenti usciti questa settimana dimostrano il contrario: l’oppressione fiscale continua. Ecco perché.

Il Governo e il Parlamento approveranno tra poche settimane la Legge di Stabilità, ovvero l’ex Finanziaria, lo strumento normativo che ogni esecutivo utilizza per decidere della gestione delle risorse pubbliche (cioè dei soldi di noi contribuenti). E come ogni anno succede da un po’ di tempo a questa parte, noi cittadini ascolteremo il tipico ritornello: “Le tasse scenderanno”. Anzi, gli esponenti del Governo presieduto da Matteo Renzi, come pure quelli del governo precedente guidato da Enrico Letta, in tutti i loro interventi pubblici e televisivi non perdono occasione per ripetere che “le tasse sono già scese!”. Ma è davvero così?

La settimana appena conclusa ci ha offerto due utili documenti per verificare la situazione delle tasse. Il primo documento è intitolato “Conti pubblici nazionali” e, nonostante sia stato pubblicato dall’Istat, cioè dall’Istituto nazionale che si occupa delle statistiche, è stato ben poco pubblicizzato sui media nazionali. Eppure vi sono contenute indicazioni davvero interessanti. Si prenda la tabella riprodotta qui sotto e si controlli la voce “pressione fiscale”. La “pressione fiscale”, per gli statistici, è il rapporto tra tutto l’ammontare delle imposte (dirette, indirette, eccetera) e dei contributi sociali da una parte, e il Prodotto interno lordo dall’altra. Detto in altre parole: da una parte immaginate tutte le tasse che paghiamo, dall’altra tutta la ricchezza che produciamo; bene, che rapporto c’è tra le due grandezze? L’Istat certifica che nel 2014, cioè lo scorso anno, le tasse hanno pesato quanto il 43,6% del Pil italiano (e non quanto il 43,4% come ci si attendeva qualche mese fa), cioè sono state più “oppressive” delle previsioni. Piccola notazione “storica”: nel 2013 la pressione fiscale era pari al 43,5% del Pil, nel 2012 di nuovo pari al 43,6% del Pil. Insomma, qui di tasse che scendono non c’è nemmeno la traccia, almeno fino alla fine dello scorso anno. Eppure l’attuale Governo è in carica dal marzo 2014.

Pressione fiscale 102015

Ma c’è un altro documento su cui riflettere, pubblicato stavolta dal Sole 24 Ore nella sue edizione di lunedì scorso. Il giornale della Confindustria, per una volta, ha fatto quello che ci si attenderebbe da un quotidiano che dovrebbe difendere gli interessi degli imprenditori, piccoli, medi o grandi che siano. Con l’aiuto di InfoCamere, ha analizzato 234mila bilanci di altrettante società, bilanci depositati tra il 2012 e il 2014, per capire davvero quante tasse hanno pagato nel frattempo le nostre imprese. Il titolo della prima pagina del Sole 24 Ore offre una buona sintesi: “Più tasse per un’impresa su due” (qui potete leggere una sintesi degli articoli). Ecco qualche dettaglio di questo studio. Quello che si calcola è il “tax rate” per le imprese, cioè la “pressione fiscale” che grava sulle stesse imprese; a differenza delle rilevazioni della Banca mondiale, il Sole 24 Ore misura soltanto l’incidenza di Ires e Irap sui bilanci aziendali, lasciando fuori Imu, tributi minori e soprattutto contributi sociali a carico del datore di lavoro. Il risultato è comunque allarmante. La pressione fiscale media si attesta al 32,8% dei profitti di queste aziende, arrivando al 35,5% delle attività manifatturiere e al 36,4% di quelle commerciali (cioè i settori con più imprese). “Ed è importante sottolineare – scrive il Sole 24 Ore – che queste percentuali colpiscono i risultati ante-imposte, cioè quel che rimane dopo che i manager hanno fatto fronte a tutti gli altri costi, compresi i contributi previdenziali, il Tfr e le imposte diverse da Ires e Irap”. L’aspetto più significativo, sostengono gli autori dello studio, è che “non si vede ancora alcun segnale di riduzione generalizzata della pressione fiscale, nonostante i tanti annunci della politica e le tante microagevolazioni negli ultimi anni”.

Così, insomma, si fa giustizia dei tanti annunci e delle tante “narrazioni” ascoltate fino ai mesi scorsi. Ecco una lezione utile per il dibattito dei prossimi giorni: fare i calcoli nelle tasche dei cittadini italiani soltanto sulla base degli annunci dei politici (come recentemente è sembrata fare anche l’attenta Cgia di Mestre) può indurre in errori grossolani. Torneremo presto a dimostrarvelo, parlando nello specifico di piccole e medie imprese.

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