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Le ultime parole famose di Vera Qwérty

Creato il 14 luglio 2014 da Wsf

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“In amore vince chi fugge.”
Mai verità fu più vera.
L’unico modo per sopravvivere all’ottavo Vizio Capitale è quello di starne caldamente alla larga.
L’Amore si riveste universalmente di concetti rassicuranti. L’intramontabile brodino caldo quando si è a letto con l’influenza.
E la degenza dall’Amore e dai malanni è la medesima: 15 giorni al massimo.
La catastrofe, però, non si esaurisce con qualche colpo di tosse.
E no.
Perché trascorse due settimane dall’infezione virale chiamata Amore, i nostri aneliti, grondanti altruismo, affetto, generosità verso l’oggetto amato, scadono nel bisogno.
Improvvisamente la malattia che ci ha resi felicemente febbricitanti, ci rende soltanto insofferenti.
Scatta la necessità d’essere ricambiati ad ogni costo e non solo, s’insinua la paura dell’abbandono.
Diciamolo: amiamo il concetto roboante associato all’Amore e ci piace pensare che non sia egoismo animale quello che esercitiamo sull’altro, bensì sentimento puro.
Un par di palle.
Pur di perseverare nella commedia dell’Amore, siamo disposti ad infliggerci od infliggere la tortura più grande: plasmarci o plasmare l’amato per soddisfare i suoi od i nostri capricci.
Taluni tendono a sagomarsi adagiandosi dolcemente sul proprio compagno/a.
Chiameremo questa relazione di tipo “zerbino”.
Il partner diverrà l’indiscusso padrone della loro vita, una seconda madre/padre da compiacere.
Non c’è prevaricazione in questo rapporto ma una totale, cosciente, cercata abnegazione verso l’amato/a.
Tutto, si è davvero disposti a tutto pur di non tornare soli.
Questa convivenza amorosa, il più delle volte, è destinata a durare.
Il soggetto A, cioè colui/colei che affoga nell’ego dell’altro annientandosi, è felice.
Finalmente si sente utile e soprattutto benvoluto.
Inutile spiegare a costui/costei che chi riceve dedizione a comando, ama nella misura in cui questo spirito di sacrificio non s’attenua mai.
Il campanello d’allarme inizierà a suonare soltanto quando il soggetto B, colui/colei che raccoglie le perenni attenzioni, farà rimarcare le eventuali mancanze come dovute.
Portare dei fiori alla propria fiamma non è un vincolo biblico, soltanto una carineria.
Se la premura salta e la relazione a due è fondata sullo “zerbino”, ecco che si rischia la rottura, poiché la frustrazione del soggetto B prenderà il sopravvento, contagiando il soggetto A che si addosserà ogni colpa, convinto che avrebbe potuto “dargli/le di più”.
Certo, un rene.
Altri, invece, modellano l’unione concentrandosi sul forgiare lo/a spasimante a loro immagine e somiglianza.
Chiameremo questa relazione di tipo “dittatore”.
Chiarifico a monte che anche la simbiosi che vado a descrivere, abbia una durata notevole, forse addirittura superiore al tipo “zerbino”.
All’inizio il soggeto A, il despota, parte in sordina.
Ad occhi esterni, la coppia, appare ben assortita ed equilibrata.
Amici, vacanze, passioni, in un paradisiaco “puccipucci” continuo.
Finché il dittatore non imporrà le sue regole.
Piccole cose, in principio.
La supplica, con moina incorporata, di rinunciare alla partitella settimanale con i colleghi di lavoro, ad esempio.
La richiesta di sospendere l’aperitivo con l’amica del cuore mascherata da voglia incontenibile di tenerezze, in una letargica quanto sistematica privazione della personalità altrui.
Il soggetto A, lentamente, prende possesso del soggetto B, isolandolo.
Non avrete più notizie del soggetto B, un novello desaparecido.
Lo ritroverete, per caso, iscritto ad un corso di ricamo pur essendo appassionato di caccia, soltanto perché “lei me l’ha chiesto” o dedito al paracadutismo al grido di “voleva che lo accompagnassi…” , quando il massimo di adrenalina, era cucinare le penne all’arrabbiata.
Qui la tirannia è palpabile camuffata dall’Amore.
Se lo “zerbino” si prona per allietare l’amato/a, il “dittatore” annovanta il beniamino per il proprio di sollazzo.
Il dittatore è certo che il castello di spine costruito attorno all’amato sia l’habitat ideale e che la sua non sia vessazione, bensì uno smisurato prendersi cura dell’altro, disconnettendolo dal creato.
Questo Amore, quando si conclude, ha la stessa deflagrazione della bomba H e le identiche conseguenze.
Ad interrompere il legame, spesso, é il soggetto B che, con un ritrovato guizzo di orgoglio, pone fine alle proprie sofferenze.
Sciocco/a!
Il vero tormento inizia adesso: quello di ricapitombolare in un mondo che non solo non conosce più, ma che per molti versi gli è ostile, confinandolo nella solitudine a raccogliere i pezzi che neppure combaciano.
Non esiste cura od antidoto valido.
Chiunque ami è destinato a soccombere.
Che pena mi fate, schiacciati dalle vostre incertezze, deboli e soggiogati dall’esigenza di avere qualcuno accanto.
Prendete esempio da me, eleggetemi a vostro Mentore, ad Eroina di Ghiaccio, a div…$&/)*°°°°_:°°&—-àà%%%%&ììé**^^^^^^
… si,si, scusa amore, vado subito a preparare la cena, ero qui sul portatile, ma spengo al volo, tesoro.

…’mpf.

Vera Q.


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