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Lebensborn

Creato il 22 agosto 2011 da Sara

Lebensborn
Un libro può rimanere silente per anni nei ripiani polverosi della libreria di casa, per mille ragioni te lo scordi, non lo vedi, non sei pronta. Poi a un certo punto ti chiama, è arrivato il suo momento di essere letto. Così mi è successo per “Au nom de la race” di Marc Hillel, giornalista, scrittore e cineasta che con la moglie Clarissa Henry si è dedicato negli anni 70 ad uno studio sconvolgente sul Lebensborn, il progetto nazista di creazione di una super razza. Con lo stesso titolo l'autore ha anche girato un lungometraggio. Chissà, è stato forse il recente incontro con il male assoluto del periodo Fratello numero 1 e khmer rossi in Cambogia a risvegliare il bisogno di affrontare una volta ancora un altro abisso nero del XX° secolo, la riflessione imprescindibile e ricorrente sulle ideologie mortifere e la capacità dell'uomo di concepirle e renderle operative.
Il flusso vitale è straordinariamente inarrestabile, si nasce dovunque, può anche capitare di venire al mondo in un campo di concentramento, come è successo a Lucyna Gruska che sulla sua carta d'identità polacca non ha scritto Cracovia o Lublino, ma nata a Buchenwald. Eredità pesantissima, appena arrivata al mondo. Orfana di padre morto a Dachau è sopravvissuta perché all'età di quattro settimane ha fatto “buona impressione” agli “esperti della razza” del Lebensborn, fortunatamente aveva i capelli biondi e gli occhi blu, alcuni degli ingredienti “necessari” per non essere affogata davanti agli occhi della madre o non venir gettata su una montagna di spazzatura come è capitato a decine di migliaia d'altri, ma avere il diritto di vivere, essere strappata alle materne braccia naturali e partire per la Germania dove in un centro ad hoc o presso una famiglia adottiva di accoglienti SS si sarebbe provveduto alla sua germanizzazione, il suo personale contributo a Hitler, al grande Reich, a una super razza.
Lebensborn, alla lettera “sorgente di vita”, (eufemismo degno di riflessione) è un'organizzazione privilegiata posta il 13 settembre 1936 a Monaco direttamente sotto la tutela dello stato maggiore SS, con Himmler come capo supremo. Lebensborn, abbreviato in Amt L, ufficio L. La sede centrale è a Monaco perché della città o dei dintorni lo sono gli ideatori e i promotori come Himmler, Ebner e Sollmann; ironia della storia è interessante notare che per il quartier generale dell'organizzazione considerata di utilità pubblica sono stati “requisiti” il Centro comunitario ebraico, in Herzog-Max Strasse e la casa di Thomas Mann in Poschingerstrasse al numero 1, (nel suo libro di Memorie pubblicato dopo la guerra in Germania, lo scrittore si sofferma a lungo sul Lebensborn e sulla selezione di “ragazze nordiche” plagiate o razziate dalle SS in Germania e nei paesi occupati e poi trasferite nella sua casa). All'Amt L è coerentemente collegato un Conto L presso la Banca di Monaco: beni immobiliari e somme colossali confiscate e destinate all'organizzazione dalle più svariate fonti, in Germania all'inizio e poi in giro per l'Europa, un denominatore però comune, quello cioè di provenire da “nemici del Reich”, ebrei, ça va sans dire. Fra le idee rivoluzionarie ci sarà anche l'Aktion T4, il programma eugenista concepito da Hitler fin dal 1933 per la “distruzione di vite senza valore”, vale a dire quella di “malati ereditari, pazzi, persone portatrici di handicap, soggetti socialmente pericolosi o razzialmente indesiderati”. Tra il 1939 e il 1941 verranno discretamente create in Germania 6 sedi di eutanasia. La crescente opposizione dell'opinione pubblica metterà fine nel '41 al programma Aktion T4.  ( http://nathansara.blogspot.com/2010/06/berlino-pieni-e-vuoti.html)
 La race aryenne nordique est la détentrice de toute culture, la vrai représentante de toute l'humanité, et c'est par application divine que le peuple allemand doit maintenir sa pureté raciale. La race germanique est supérieure à toutes les autres et la lutte contre l'Etranger, contre le juif, contre le Slave, contre les races inférieures est sainte. » ( Mein Kampf) Zelanti “scientifici” tradurranno concretamente i criteri da adottare per la selezione della super razza: « blond, grand, dolichocéphale, visage étroit, menton bien dessiné, nez mince, implanté très haut, cheveux clairs non bouclés, yeux clairs et enfoncés, peau d'un blanc rosé » (Hans Guenther: Ritter, Tod und Teufel. Monaco 1928). « L'homme inférieur a une apparence biologique semblable à une créature naturelle. Il a des pieds, des mains, des yeux, une bouche et quelque chose qui ressemble à une cervelle; mais c'est bien une créature différente, effroyable, très éloignée de l'homme, même si ses traits sont semblables à ce dernier...... Tout ce qui ressemble à un être humain n'est pas obligatoirement un être humain » ( da L'Etre inférieur. Opuscolo propagandistico pubblicato in circa 4 milioni di esemplari in tedesco e tradotto poi in 14 altre lingue). Per « l'applicazione divina hitleriana di tali principi », in una decina d'anni verranno vagliati e selezionati più di dieci milioni di bambini.
Il Lebensborn rimane tuttora la più segreta, la più misteriosa, la più controversa di tutte le varie organizzazioni naziste, lo richiede la delicatezza surreale del progetto; documenti segreti distrutti, direttive impartite spesso solo oralmente, dati, nomi, schedari, totale autonomia delle SS per la registrazione delle varie informazioni in codice, protagonisti, testimoni, stati e persone direttamente interessati e coinvolti che hanno lavorato in segretezza negli anni bui e che poi non vorranno parlare, ricordare, raccontare, mostrare documenti. Da qui l'immane difficoltà dell'autore di ricostruire il puzzle di questa pagina di storia. Bisognerà attendere per esempio il 16 agosto 1943 per ritrovare scritto su un documento ufficiale la sintesi delle finalità del Lebensborn, cioè “l'allevamento umano”.
La produzione di bambini selezionati nei centri Lebensborn proviene da tre differenti fonti:

  1. La procreazione naturale. All'inizio della sua attività l'organizzazione accoglie nei suoi centri ragazze selezionate già incinte o che stanno per partorire; future ragazze madri che trovano ospitalità e assistenza per una maternità “difficile” nell'ambito tradizionale della famiglia e della società.
  2. Procreazione assistita. La propaganda lavora bene, progressivamente un esercito di fanciulle desidererà dare dei figli al suo fuehrer, essere madre per la nazione ed offrire il patriottico seno, cavie volontarie per una politica demografica positiva, per la creazione della super razza. Dopo attenta anamnesi dei “consiglieri alla procreazione” che l'accompagneranno in tutto il percorso (aspetto fisico, antenati, parenti, genitori, sangue, ideali e fedeltà a Hitler, la scelta da parte della ragazza del compagno da approvare o la proposta dell'organizzazione di un seme degno attinta dal vivaio maschile SS) “l'infermiera bionda” verrà accolta in un centro Lebensborn e avrà occasione di conoscere ed accoppiarsi in luoghi appropriati con lo stallone doc selezionato.
  3. Procreazione artificiale. Ne sarà grande fautore il dottor Conti, ministro della salute del III° Reich, convinto assertore che il metodo rivoluzionario “éliminera le complexe psychologique de l'expérience sexuelle. Le processus de procréation se baserait ainsi sur une chose mécanique, dépouvue d'ame”.

Logica conseguenza delle idee propagandate, negli anni del regime il ruolo della donna muta totalmente, si ritorna alle solide virtù ancestrali, quelle dell'angelo del focolare. Gli anni della procreazione rappresenteranno il fulcro dell'esistenza femminile; a lei, la Lorelei feconda e prosperosa per il ben amato Fuehrer ogni attenzione sarà dovuta; le donne intellettuali, indipendenti, senza prole cadranno preda degli eugenisti, volens o nolens dovranno uniformarsi anche loro alle tre K, Kueche, Kinder, Kirche, cucina, bambini e chiesa, i tre sicuri pilastri valoriali; nel '36 una legge proibisce alle donne di esercitare le professioni di giudice, procuratore o altre funzioni della magistratura, solo le esigenze della guerra richiameranno in servizio i medici donne inizialmente messe da parte, verranno socialmente stigmatizzati persino la magrezza, truccarsi o fumare, mentre in cerimonie pompose si appunterà al petto gonfio di latte una croce di bronzo per chi ha messo al mondo da 4 a 6 bambini, d'argento (6-8), d'oro (8 o più).
Le ragazze che partoriscono in un centro Lebensborn possono scegliere tra abbandonare-affidare il bambino alle SS (che diventa così un SS-Kind) o far ritorno alla vita normale, tenersi il bambino ed allevarselo da sole dopo un soggiorno più o meno lungo al centro. Riceveranno un assegno dal padre obbligato a pagare per il mantenimento e dall'organizzazione. Con questa tabella produttiva di marcia, il dottor Ebner può affermare: “grace aux Lebensborn nous posséderons, d'ici trente ans, six cents régiments de plus”.
Se all'est, nella politica di avanzamento e conquista, le coordinate programmatiche naziste sono sterminare e introdurre schiavitù, vale a dire fontana di morte, all'ovest, l'Europa del nord e la Norvegia in particolare diventeranno il campo d'azione del Lebensborn, la fontana di vita: “nous devons attirer à nous tous ceux qui dans le monde ont du sang nordique dans les veines...” avrà occasione di affermare Himmler nel 1940. Se è noto che con decreti, ordini di requisizione, atti di sottomissione da parte del paese conquistato la Kommandantur tedesca si insinua come una piovra in tutti i gangli della vita pubblica e privata, più ignorato il fatto che il Lebensborn provvede a creare nei paesi occidentali (Danimarca, Fiandre, Olanda, Belgio, Norvegia) delle “maternità” per recuperare ed incrementare quel famoso “sangue tedesco”. Madri consenzienti a emigrare col bébé per il grande Reich, oppure costrette loro malgrado a partire, oppure bambini che venivano strappati loro a forza.
A fine della guerra, i Servizi di Ricerca Internazionali si sono occupati di decine di migliaia di bambini stranieri rubati dalle organizzazioni di carità naziste, bambini che non sapevano chi erano e da dove venivano, totalmente spogliati della loro identità; nel percorso di germanizzazione di questi soggetti, “razzialmente utili” si era provveduto a cambiare le loro generalità, luogo e data di nascita compreso, qualsivoglia rapporto con la famiglia di origine.
“ Les larmes du monde ne tariront pas aussi longtemps que le dernier des enfants volés n'aura pas retrouvé sa véritable famille” (Revue mensuelle des Questions allemandes, aprile 1949).
Nel quadro delle sue ricerche, nella sede della Croce Rossa di Amburgo, Marc Hillel incontra nel 1973 Larissa, che malgrado i 28 anni passati in Baviera conserva uno spiccato accento russo. Larissa spera di ritrovare un giorno la madre, la sua foto tappezza i muri delle città tedesche, accanto queste parole: Chi mi conosce? Chi può dire da dove vengo?
Quante Larissa ci sono ancora in circolazione?
Marc Hillel: Au nom de la race. Livre de Poche 1975


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