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Lee Fardon > London Clay

Creato il 10 novembre 2014 da Zambo
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Lee Fardon non si è neppure conquistato un posto su Wikipedia: i suoi dischi sono un segreto per iniziati. Eppure su Anni Rock il disco migliore del 1982, dopo niente meno che Nebraska di Bruce Springsteen e prima di Combat Rock dei Clash, si intitola The God Given Right ed è firmato da Lee Fardon, raffinato cantautore londinese. Un esempio da manuale di one disc musician, musicista di un disco. Ma un disco perfetto, secco, asciutto, essenziale, poetico, delicato; un disco che dispensa una energica e giovanile poesia in bianco e nero. Qualche cosa che, mutatis mutandis, potrebbe essere paragonato alla pulizia e alla perfetta messa a fuoco del disco d’esordio dei Dire Straits.
In realtà Fardon di dischi ne ha registrati più d’uno, sia pure comunque non molti: sei nell’arco di trent'anni, di cui pure uno quasi “italiano”, anche se nessuno degli altri sfiora la magnifica bellezza del capolavoro.
Nessuno tranne questo London Clay, malinconica e minimale ricapitolazione acustica della poesia di una vita (in basso profilo). Non compie nessuno sforzo Lee per cercare un pubblico per questa sua fatica autoprodotta: musica acustica introspettiva, tutto cuore e anima e senza un appliglio per il facile ascolto. Una musica tanto personale e sincera da risultare toccante. Commovente.
Undici canzoni che non si può fare a meno di ascoltare a ripetizione nella notte, mentre i dettagli prendono forma ascolto dopo ascolto, e la voce si fa strada nella nostra carne “to the bone”.
Una delicatezza tutta britannica, dove la giovanile arroganza del 1982 lascia il posto alla pacata malinconia dei sessant’anni, che pur non potendosi definire folk non può non ricordare le atmosfere plumbee di Richard Thompson. C’è chi si sente di citare Springsteen, ma se dovessi cercare un esempio farei piuttosto il nome di Van Morrison (ascoltare Talk To Me). Ma più di tutti per l’appunto citerei i Riccardo e Linda di I Wanna See The Bright Light Tonight, effetto accentuato quanto a Fardon fa da contraltare una voce femminile. O persino come non pensare al Bob Dylan di Desire quando suona il violino in Maria and the Writer?
Un disco molto bello, da consigliare a chi si ricorda di The God Given Right, come agli appassionati dei songwriter dell’anima, da Thompson al Johnny Cash degli ultimi dischi acustici.  Peccato solo la bella confezioni manchi dei testi.
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