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Legend - La Recensione

Creato il 24 ottobre 2015 da Giordano Caputo
Legend - La RecensioneI gemelli Reggie e Ronald Kray furono, negli anni sessanta, due leggende della criminalità britannica: precisamente in quella parte dell'East End in cui abitavano, gestivano affari e possedevano un famosissimo locale notturno, frequentato, oltre che dal loro losco giro, anche da persone comuni e star dell'epoca.
Praticamente identici nella conformazione, i due erano assai dissimili nel carattere: se infatti Reggie era un uomo prudente, che sapeva gestire col giusto pugno l'impero e il timore innalzato nel tempo, Ronald era un sociopatico, incontrollabile, pericoloso da tenere a piede libero e paragonabile a una bomba a orologeria dal costante ticchettio.
In "Legend" il regista e sceneggiatore Brian Helgeland tenta di ricostruire la loro vita criminale e il loro rapporto familiare, affidandosi a un Tom Hardy in formissima, capace di interpretare entrambi i fratelli inglesi, conferendo ad ognuno una personalità, un atteggiamento e un modo di parlare ben distinto e preciso. Sulle sue spalle sono piantate le radici di un gangster-movie progettato a regola d'arte, scenicamente magniloquente e narrativamente muscolare e violento, in linea, insomma, con quello standard che ci si aspetta da chiunque decida di intraprendere tale genere e di cimentarsi con tale mondo. Ci infila quello che serve Helgeland nella sua pellicola, fa tesoro degli schemi solidi che ha ben chiari nella testa e oltre alla criminalità affronta da vicino quel concetto di famiglia - spesso ingombrante, ma da difendere e rispettare a tutti i costi, specialmente per quel che riguarda la malavita - affiancandolo all'immancabile presenza di una relazione amorosa - magari persino sincera - destinata come sempre a creare problemi e a mettere bastoni in mezzo alle ruote sia negli affari che nei legami affettivi.
Tutto come da copione, diciamo. Nulla di nuovo.
Legend - La RecensionePensa possa bastare il carisma di Hardy "Legend" per affermarsi, pensa che il gioco del doppio sia sufficiente a coprire la ridondanza e le mancanze di una sceneggiatura così scontata da non essere capace di andare ben oltre lo spessore dei protagonisti che racconta. La verità tuttavia è un'altra, e cioè che l'attore inglese per quanto sontuoso e ineccepibile con lo scorrere della trama finisce per esaurire energie e venire accartocciato malamente dall'ordinarietà con cui Helgeland gli chiede di muoversi e di agire. Gli strappi maggiori la sua pellicola li concede tutti nella prima metà, cioè quella in cui è piazzato il set-up dei due criminali e dove il divertimento e la violenza sanno come andare incontro ai piaceri del pubblico esaltandolo e intrattenendolo. Scoperte le carte a "Legend" restano poche mosse da fare, la maggior parte prevedibili e quelle che non lo sono, appaiono lo stesso abbastanza statiche per andare a rimettere in moto quel motore che non era mai stato tanto caldo, ma perlomeno, in partenza sapeva come sprintare e accennare ruggiti.
In una materia che di per sé ha già avuto la possibilità di dire tutto, ormai, la sola via da seguire è quella di rinnovare e di affacciarsi agli spettatori mostrando qualcosa di spiazzante e innovativo. Tom Hardy al quadrato poteva essere un aperitivo o un primo piatto, per "Legend", ma dopo di quello era bene che ad essere serviti a tavola fossero stati pure un secondo e un contorno.
Avesse adempito a questo compito Helgeland, poteva ritenersi soddisfatto e diciamo che, in tal caso, saremmo stati addirittura disposti a chiudergli un occhio sull'assenza del dolce.
Trailer:

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