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Leggere d’estate: quando le biblioteche vanno in vacanza

Creato il 19 agosto 2015 da Davideciaccia @FailCaffe

“Non ha letto il cartello all’ingresso?”, dice indicando un foglio in caratteri minuscoli appeso al portone principale. “Il prestito è sospeso da circa due settimane fino a data da destinarsi per problemi tecnici; e comunque quando riapriamo avremo orario ridotto, tipo due ore al giorno”.

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Qualche settimana fa mi sono imbattuta in un problema che non avevo mai dovuto affrontare prima: la chiusura estiva delle biblioteche nelle grandi città. Venendo da una cittadina incastonata in riva al lago, dove la biblioteca è una sola, praticamente sempre aperta, e principale fonte di cultura della città, non mi ero mai resa conto del problema. L’estate in città, d’altronde, non è cosa adatta a me, e potendo scegliere non ho mai fatto la trottola tra l’asfalto degli incroci torinesi alla ricerca di un libro, avendo una biblioteca vista lago nel paese natío. E poi, regalarsi libri per l’estate è un’usanza ancora viva, spesso sufficiente a placare le esigenze di lettura nei mesi estivi.

Ma quest’anno le cose sono diverse. Le biblioteche della città mi servirebbero per uno scopo più importante: studiare. Non un paio di libri, ma cinquanta, sessanta. E tra una pagina e l’altra, dovendo restare nell’afa cittadina, non disdegnerei una buona lettura prima di andare a letto, che non si occupi di filosofia o di economia, ma della vita di tutti i giorni.

Ma, a Torino, il problema ha assunto dimensioni insuperabili: da mesi ormai la sede della maggior parte dei corsi di laurea umanistici è chiusa al pubblico per problemi dovuti alla presenza di amianto. La chiusura improvvisa non ha permesso alcuna organizzazione, e le biblioteche che si trovano nel palazzo sono rimaste chiuse dentro di esso. Nessuno entra, nessuno esce. Niente entra, niente esce. E così, migliaia di studenti sono rimasti a bocca asciutta: con due sessioni esami passate attraverso questo problema, ci si è organizzati come meglio si poteva, e molti hanno ormai appreso l’esistenza di piccole biblioteche sconosciute, o sono tornati nelle terre d’origine a cercare ciò che non trovavano a Torino. Ma d’estate succede qualcosa di magico: la principale biblioteca universitaria svolge orario ridotto a inizio agosto e chiude interamente per due settimane. Il prestito interbibliotecario resta sospeso per tutto il mese di agosto, e “se manda una mail adesso per richiedere un libro non so quando le arriverà, credo a fine settembre”. La biblioteca nazionale universitaria, stupendo edificio nel centro della città, sembra l’unica salvezza: controllo gli orari sul sito, e sembra fare orario normale anche d’estate. Mi reco presso di essa e una donna mi ferma all’entrata dicendo “non ha letto il cartello all’ingresso?”, indicando un foglio in caratteri minuscoli appeso al portone principale; “il prestito è sospeso da circa due settimane fino a data da destinarsi per problemi tecnici; e comunque quando riapriamo avremo orario ridotto, tipo due ore al giorno”. Allibita, provo a cercare di capire dove si trovino queste informazioni visto che ho spulciato il sito in lungo e in largo. “Scusi ma se viene qui e scoppia un incendio e il prestito è sospeso non è che abbiamo il tempo di scriverlo su internet. La prossima volta chiami”. Ringrazio, e me ne vado sconsolata.

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L’unica salvezza sono le biblioteche civiche. Anche loro a orario ridotto, ma ben più ragionevole, tali biblioteche sparse per tutta la città donano una boccata d’aria a chi ha bisogno di cultura, ma sono intasate da utenti che non hanno altri posti dove andare. E soprattutto non contengono molti testi accademici: resto un po’ titubante nello scoprire che trovare una copia di Millepiani di Deleuze e Guattari ad agosto sia un’impresa titanica.

Perché racconto tutto questo? Personalmente, credo che l’importanza delle biblioteche aperte d’estate non sia un vezzo per pochi secchioni. In una grande città come Torino, dove non tutti possono permettersi di andare in vacanza, il ristoro di un buon libro non dovrebbe essere negato a nessuno. La biblioteca dovrebbe – e potrebbe – essere uno spazio pubblico di produzione di cultura: non sono solo i salotti cittadini ad essere portatori di una cultura che progredisce, ma i luoghi in cui si legge, e magari si chiacchiera di ciò che si è letto, potrebbero essere il punto d’incontro principale di una città. Anche d’estate.

E poi, sì, c’è anche chi studia. Ma non c’è molta altra scelta: lauree, sessioni esami, scadenze. Quasi ogni virgola dell’apparato accademico attraversa, tra settembre e ottobre, un turning point che non lascia scampo. Andarsene in vacanza da luglio a settembre non è contemplato. O almeno, non senza libri che ci tengano compagnia. E immaginare che una città universitaria non possa offrire questo ristoro è abbastanza agghiacciante. Certo, siamo in regime di emergenza per una serie di concause sfortunate, che hanno fatto sì che diverse biblioteche si trovassero chiuse per problemi vari nello stesso periodo. Ma il problema mi sembra più strutturale.

Mentre cercavo di dare un senso alla mia esperienza in campo bibliotecario, un amico mi ha inviato l’accurato articolo di Christian Raimo (qui) sulla chiusura delle biblioteche romane. L’articolo conclude nel migliore dei modi: e quindi lascio a chi sa fare questo mestiere meglio di me l’onore, e l’onere, di dire perché dovrebbe indignarci non poter accedere alle biblioteche d’estate. Il rispetto per il personale, ovviamente, non è in discussione: le ferie sono un diritto e non è di questo che stiamo parlando. Non voglio attribuire nessuna colpa a chi lavora nelle biblioteche: anzi, non voglio attribuire alcuna colpa, e basta. Ma non ovunque funziona allo stesso modo: mi è capitato ieri sottomano questo articolo che spiega come, in seguito all’avvicinarsi degli esami universitari, le biblioteche di Madrid saranno aperte 7 giorni su 7, dalle 9.00 all’1.00 di notte. (qui)

Insomma, forse un modo per non affossare totalmente la lettura c’è. Certo, dovremmo volerlo, e provare a prendere esempio da esperienze più virtuose delle nostre. Ma intanto non possiamo far altro che organizzarci come possiamo: e, vista la situazione, non posso far altro che augurar un in bocca al lupo a tutti.

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