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Leonardo DiCaprio e la Maledizione dell’Oscar Perduto

Creato il 26 febbraio 2016 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Leonardo DiCaprio e la Maledizione dell’Oscar Perduto

Si avvicina la notte degli Oscar. E cresce l'attesa tra i cinefili di tutto il mondo (in Italia la cerimonia sarà visibile, a partire dalle 22.50 di domenica 28 febbraio, sia su Sky Cinema che su TV8, canale in chiaro del digitale terrestre che ha recentemente sostituito MTV), cinefili che quest'anno hanno concentrato le loro attenzioni su Leonardo DiCaprio.

La domanda che tutti si pongono è infatti una sola: riuscirà il buon Leo a conquistare la sua prima statuetta? L'ambito premio, già sfuggitogli in passato per ben quattro volte (l'attore, contando quella per The Revenant, ha ricevuto in totale cinque nomination, quattro come attore protagonista ed una come non protagonista), stavolta sembra a portata di mano, ma, come sempre in questi casi, l'imponderabile è dietro l'angolo.

Dunque, DiCaprio favorito (e da tutti acclamato), ma preferiamo andare controcorrente e ci abbandoniamo volentieri ad alcune considerazioni. La prima riguarda gli altri attori candidati (Bryan Cranston per L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo, Matt Damon per The Martian, Michael Fassbender per Steve Jobs e Eddie Redmayne per The Danish Girl) che, tutti bravissimi e ben calati nella loro parte, costituiscono concorrenza piuttosto agguerrita. In particolare, noi abbiamo molto gradito l'interpretazione di Fassbender che, senza eccessiva mimesi, restituisce tutta la complessità dell'inquieto fondatore della Apple, ben supportato in questo dalla sceneggiatura di Aaron Sorkin e dalla regia di Danny Boyle che, in quello che potremmo definire un vero e proprio dramma teatrale in tre atti (le tre presentazioni di altrettanti prodotti dell'azienda statunitense), permettono allo spettatore di comprendere anche quanto importante sia stato il lavoro di Jobs per la nostra epoca.

Insomma, a costo di tirarci addosso gli strali dei tantissimi fan di Leo, non possiamo negare che è proprio quest'ultimo ad averci convinto di meno. Insomma, se è vero che DiCaprio per il suo martìrio (chi ha visto il film di Alejandro González Iñárritu sa di cosa stiamo parlando) ha già vinto un Golden Globe, è altrettanto vero che, a nostro parere, si è ritrovato prigioniero di un personaggio, il realmente esistito Hugh Glass, che ne limita le potenzialità espressive e che alla fine risulta avere meno "spessore" rispetto all'antagonista della storia, quel John Fitzgerald che ha il volto di Tom Hardy.

Confessiamo di non aver amato la pellicola di Iñárritu (un'esagerazione dodici candidature agli Oscar) che, pur non priva di momenti di grande cinema, ci è sembrata troppo lunga (seppur non stancante) e poco credibile nella descrizione di quanto accade a Glass. A tal proposito ricordiamo che la stessa vicenda è al centro di Uomo bianco va' col tuo Dio ( Man in the Wilderness, 1971) di Richard C. Sarafian, film che ha in Richard Harris uno splendido protagonista (il suo personaggio non viene però chiamato Hugh Glass ma Zachary Bass) e che, rivisto di recente, ai nostri occhi è sembrato più misurato e, per certi versi, più emozionante e sincero dell'opera del regista messicano, opera che in alcuni momenti dà più l'idea di una furbesca macchina acchiappa-premi (indimenticabile l'ultima inquadratura del film in cui il visino ammaccato di Leonardo DiCaprio guarda lo spettatore dritto negli occhi e, così facendo, sembra quasi dire: "Avete visto cosa ho dovuto sopportare? Vi prego, datemi la statuetta!").

In conclusione, pur facendo il tifo per lui (parliamo sempre di un attore che ha dato tantissimo alla settima arte, uno dei pochi in grado di portare la gente in sala qualunque sia il genere del lungometraggio da lui interpretato), ci piacerebbe che Leonardo DiCaprio vincesse l'Oscar con ben altro film. Del resto, in passato, Leo lo avrebbe meritato in più occasioni (ne contiamo almeno tre, pensando a opere come Titanic, Inception e The Departed), ma, stavolta, se arrivasse davvero, avrebbe per noi il sapore del premio riparatore o, se preferite, il gusto un po' amaro di quello alla carriera.

Vi lasciamo con una certezza: le strategie dell'Academy sono il più delle volte imperscrutabili (i suoi membri sono riusciti spesso, soprattutto negli ultimi anni, nell'impresa di ignorare pellicole bellissime per premiarne altre decisamente meno riuscite) e ciò ci porta a credere che, tra tanti vincitori annunciati e qualche piccola sorpresa, possa effettivamente essere arrivato per il nostro Leo il momento di spezzare la maledizione dell'Oscar perduto!


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