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Leonardo Sciascia, critico del nostro tempo

Creato il 14 novembre 2014 da Annalina55

(Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989)

L’anticonformista e critico del nostro tempo, Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto in provincia di Agrigento nel 1921. Dalla prima adolescenza manifesta un’autentica passione per la letteratura le sue letture sono Diderot, Casanova, Courier, Manzoni, Hugo. Nel 1935 si iscrive all’Istituto Magistrale “IX maggio” di Caltanissetta, dove insegna lo scrittore Vitaliano Brancati. Nel 1941 ottiene un impiego presso il consorzio agrario di Racalmuto, in qualità di addetto all’ammasso del grano. Si avvicina agli ambienti del Partito comunista, ma senza aderire del tutto alla linea di partito. Poco dopo comincia l’università ma la sua avventura alla Facoltà di Magistero di Messina si concluderà dopo poco tempo. Nel 1944 sposa Maria Andronico e lo stesso anno Sciascia comincia a insegnare alle scuole elementari di Racalmuto. Lo scrittore è animato da curiosità per i suoi studenti ma non sembra avere una particolare vocazione per l’insegnamento. Tuttavia da questa esperienza sarà fondamentale e di grande importanza. Nei tanti registri vergati da Sciascia sembra esserci un preannuncio alle Cronache scolastiche, quell’amaro affresco della una scuola siciliana di provincia, fra povertà e abbandono. Nel frattempo, inizia la collaborazione dello scrittore con l’editore Salvatore Sciascia. Proprio nella libreria di Caltanissetta dove il giovane si riunisce in conversazioni con un gruppo di intellettuali, nasce la rivista «Galleria, Rivista bimestrale di cultura» (1949). Tra i suoi collaboratori i più illustri collaboratori saranno Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Giulio Carlo Argan, Mario Praz, Enrico Falqui, Federico Zeri, Roberto Longhi, Carlo Ludovico Ragghianti, Emilio Cecchi, Cesare Brandi. Nel primo numero è presente un racconto di Sciascia, Paese con figure e una sua recensione al romanzo di Truman Capote, Altre voci altre stanze.

Nel 1950 Sciascia consegna alle stampe le Favole della dittatura e due anni dopo la sua unica silloge in versi La Sicilia, il suo cuore impreziosita dai disegni di Emilio Greco. Nel 1952, dalla collaborazione con Pier Paolo Pasolini l’antologia Il fiore della poesia romanesca. Del 1953 è invece il saggio Pirandello e il pirandellismo. Nel 1956 esce presso Laterza De Le parrocchie di Regalpetra, l’anno successivo, sotto il titolo Due storie italiane, Sciascia presenta i racconti La zia d’America e II quarantotto al concorso Libera Stampa di Lugano, vincendo il premio.

È interessante notare come l’avvicinamento alla scrittura coincide col graduale allontanamento dalla scuola, sotto la direzione di Elio Vittorini esce nella collana einaudiana Gettoni, i tre racconti della prima edizione de Gli zii di Sicilia: La zia d’America, II quarantotto, La morte di Stalin, cui si aggiungerà, nella riedizione del ’60, L’antimonio. Del 1961 è il celebre II giorno della civetta da cui sarà tratto, nel 1968, un film di Damiano Damiani. Nel 1963 esce per Einaudi l’atipico romanzo storico II Consiglio d’Egitto ambientato nella Palermo di fine Settecento. L’anno successivo  è la volte del racconto-inchiesta Morte dell’inquisitore, storia realizzata servendosi di documenti d’archivio sulla figura del diacono racalmutese Diego La Matina, condannato dall’Inquisizione spagnola come eretico. Il 1964 è l’anno dell’avvicinamento di Sciascia al teatro con I mafiosi riscrittura in italiano della commedia dialettale di Giuseppe Rizzotto e Gaspare Mosca che l’autore prende a pretesto per ribaltarne il significato filomafioso. A seguire ci saranno  la pièce teatrale L’Onorevole e la Recitazione della controversia liparitana dedicata ad A.D..

A ciascuno il suo è il romanzo del 1966 dedicato a una «mafia urbana e totalmente politicizzata». Nel 1970 Sciascia pubblica la raccolta di saggi La corda pazza dedicata agli scrittori e agli artisti isolani da Verga a Brancati, da Emilio Greco a Bruno Caruso, accomunati dalla cosiddetta «sicilitudine». Negli anni ’70 inizia a collaborare con i quotidiani, con il «Corriere della Sera» e con «La Stampa».

Nel 1971 esce il romanzo II contesto un amaro apologo parodico destinato a suscitare violente polemiche, soprattutto da parte degli ambienti vicini al Partito. Contemporanei al Il contesto sono gli Atti relativi alla morte di Raymond Roussel, un’altra inchiesta storico-letteraria su documenti d’archivio, e la silloge di racconti Il mare colore del vino. Il 1974 è l’anno del romanzo Todo modo storia adattata per il cinema dal regista Elio Petri. Nel 1975, nonostante i vari dissidi all’interno del partito, Sciascia è candidato come indipendente nelle liste del PCI. Nello stesso anno dà alle stampe La scomparsa di Majorana, dedicato alla misteriosa scomparsa del fisico catanese Ettore Majorana. Successivamente pubblica  I pugnalatori, dedicato a una congiura palermitana del 1862 che diventa il pretesto per una riflessione morale sulla contemporanea “strategia della tensione”. L’abile riscrittura del capolavoro di Voltaire dà vita a Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia.  Il 1978 è l’anno del pamphlet L’affaire Moro, suggerito dal tragico rapimento del deputato democristiano Aldo Moro. L’anno successivo usciranno Nero su nero un ironico e disincantato diario in pubblico, La Sicilia come metafora, una conversazione con la giornalista francese Marcelle Padovani, Dalle parti degli infedeli, un lucido racconto-inchiesta sul clero siciliano.

Nel 1979, Sciascia viene eletto al Parlamento europeo e alla Camera dei Deputati. Negli anni del suo mandato parlamentare Sciascia si dedica all’elaborazione di una serie di volumi appartenenti a diversi generi: II teatro della memoria del 1981 sulla misteriosa vicenda dello smemorato di Collegno; La sentenza memorabile (1982) sull’analogo caso del francese Martin Guerre; Cruciverba del 1983 una raccolta di saggi e divagazioni; Stendhal e la Sicilia (1984) scritto confidentemente al bicentenario della nascita dello scrittore francese; Occhio di capra sempre del 1984 una ersione ampliata del precedente Kermesse; e poi ancora Cronachette (1985) vincitore del premio Bagutta, Per un ritratto dello scrittore da giovane, omaggio a Giuseppe Antonio Borgese; La strega e il capitano, del 1986 omaggio per il bicentenario della nascita di Manzoni. Nel frattempo cresce il suo impegno con Selleri, la casa editrice palermitana cui collabora attivamente. si impegna infatti con la curatela dei quattro volumi Delle cose di Sicilia una originale e quanto mai inconsueta «biblioteca storica e letteraria di Sicilia».

Porte aperte del 1987 è un romanzo contro la pena di morte, liberamente ispirato alla storia del magistrato racalmutese Salvatore Petrone, rifiutatosi sotto il regime fascista, d’infliggere la massima condanna ad un reo confesso. Nel 1988 Sciascia compone il suo testamento laico, il romanzo Il cavaliere e la morte. Poco prima di morire, nel 1989 Sciascia pubblica l’Alfabeto pirandelliano, dedicato al grande scrittore agrigentino. Sempre alla fine di quell’anno risalgono il racconto poliziesco Una storia semplice e le raccolte di saggi Fatti diversi di storia letteraria e civile e A futura memoria (se la memoria ha un futuro) che raccoglie i suoi interventi d’impegno civile. Sulla lapide dello scrittore si legge: «Ce ne ricorderemo, di questo pianeta».

Nelle sue opere, Sciascia descrive una storia della Sicilia nei suoi aspetti positivi e negativi riflettendo la storia italiana da un punto di vista socio-politico e avvalendosi soprattutto  della tecnica del romanzo poliziesco, in quanto il genere “giallo” serve allo scrittore per descrivere gli enigmi ”mafiosi” e non della Sicilia seguendo un’ indagine di tipo civile e critico e riflettendo sul potere, causa di sconvolgimenti sulla scena internazionale.

Se la letteratura è il  filtro interpretativo della storia contemporanea, Sciascia conferisce una funzione demistificatrice di stampo manzoniano ai suoi romanzi, ma rifiutandone il celeberrimo tono paternalistico, per raccontare i fatti. Le opere del grande scrittore siciliano risultano in perfetta sintonia con i tempi; ma non è solo l’aspetto contenutistico che fa di Sciascia un autore “moderno”, bensì anche il linguaggio che egli adopera, come ad esempio per la sua particolare versione di romanzo poliziesco (Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Todo modo), collocandolo nei piani alti della letteratura italiana. Tuttavia non bisogna sottovalutare il “classicismo” che investe i romanzi dello scrittore, ricollegandolo all’antipatia che Sciascia nutriva per l’ arte d’avanguardia e per alcuni grandi esponenti del modernismo (Proust e Joyce su tutti). In fondo “per essere rivoluzionari bisogna essere un po’ conservatori”.


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