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Les feuilles mortes (un bar sotto casa)

Creato il 10 dicembre 2014 da Olga

NSchermata 2014-12-10 alle 08.51.25on è proprio sotto casa, e non è nemmeno un bar. E’ una libreria, specializzata in narrativa italiana del Novecento. A 250 metri da casa mia. Ci vado di mattina, quando non ho voglia di stare a casa e lavorare da casa, dove ho la ma redazione in casa. Con me ci sono altri avventori: habitué, ma non il mio vicino di casa, che è uno scrittore, quindi diresti: dovrebbe andarci, dovrebbe frequentare il luogo in cui si vende la merce che lui stesso produce, diresti.
No. Il mio vicino di casa scrittore non è una persona banale. Non frequenta i luoghi destinati alla gente del settore. Un giorno mi ha detto “la vita è altrove”. Io ho sgranato gli occhi, ma solo per assecondarlo e per fargli credere che mi stesse dicendo delle verità.

Il mio vicino di casa è uno scrittore puro. Infatti non so come faccia a sopravvivere. Ma adesso che ci ho fatto amicizia magari glielo posso chiedere. L’altro giorno ho notato che sembra Vincent Cassel più alto.

Al bar sotto casa, il bar che non è un bar ma una libreria, non sono contenti di essere anche un bar. Ma con i libri non ci vivi. Con tutte queste grosse librerie poi. Il loro valore aggiunto è che loro, le libraie, i libri ancora li leggono. E quindi sanno dare consigli. Ma magari questo succede senza troppe storie anche alla Feltrinelli. Per esempio, se io decidessi di lavorare alla Feltrinelli, e la Feltrinelli mi accogliesse, anche io saprei dare dei consigli. Ma forse il punto di queste librerie non è chi ci lavora. “Oh, certo, lo è, per quello non ci vado” mi dice il mio vicino scrittore. E’ un po’ snob, o solo sociopatico, mi dico.
“Forse il punto è chi le frequenta, invece” gli rispondo. E poi penso che con questa frase dovrebbe essersi innamorato.

Nella libreria sotto casa di mattina ci vado per leggere il giornale e per comprare i libri. Per leggere il giornale devo arrivare prima di una certa vecchia, che in base al giornale che sta leggendo il vicino di tavolo, decide qual è la testata senza la quale la sua giornata non può cominciare. “non posso cominciare la mattina senza Repubblica”. Io sono la sua vicina, e sto leggendo Repubblica.

“Non posso cominciare la giornata senza il Corriere”. Io sono la sua vicina e sto leggendo il Corriere.

“Non posso cominciare la giornata senza D di Repubblica”. Io sono la sua vicina nemmeno finisce il discorso e le passo il magazine, diretta.

LES FEUILLES MORTES

La vecchia ha una sua migliore amica, che è altrettanto vecchia ma meno vecchia. Questa Giovane Vecchia ha un compagno che vorrebbe lasciare da un giorno all’altro “non mi sembra che la tua storia matrimoniale sia diversa dalle altre. Inoltre non avete motivo apparente per lasciarvi. Siete vecchi e da fuori sembrate una bella coppia”, le consiglia la Saggia Vecchia che mi ruba il giornale la mattina.

“Te la ricordi quella poesia di Prévert cara?” – Saggia Vecchia
“Quale?” chiede la Giovane Vecchia
“I giovani di oggi non imparano più nulla” S. V.
“questo è vero” – G. V.

***

Ordino un caffè americano, mi siedo, le guardo e mi connetto.

***
S.V.“Non devi lasciare tuo marito”
G.V“lo so bene anche io, però tutte le mattine mi sveglio con un’ angoscia, un peso. E fai questo e fai quello. Ma ormai è tutta la vita”.
S.V. “La poesia di Prevért fa così. Oh, je voudrais tant que tu te souviennes,/ Des jours heureux quand nous étions amis/ Dans ce temps là, la vie était plus belle,/Et le soleil plus brûlant qu’aujourd’hui.

Che significa: ti ricordi i tempi in cui eravamo solo amici, che bene che si stava. La sapevo tutta a memoria, l’ho dimenticata”.
G. V. “Oh sì. Certo che la so, c’era anche una canzone. Ma non mi piacciono le canzoni quando sono poesia. I giovani di oggi non sanno il francese.”
S. V. “Io giovani di oggi non sanno niente”.

***

Entrambe le vecchie mi guardano. Sono al computer, bevo il mio caffè americano che intanto è arrivato. Gugolo la poesia e la canzone. L’una di Prévert, vero. La canzone è di Françoise Hardy o di un altro che mi sembra sexy ed è Yves Montand. Sempre a proposito di feuille morte, c’è anche una meno sdolcinata Chanson d’automne di Verlaine, che preferisco. E’ più romantica, più disperata, più fredda. Più vera. Serge Gainsbourg ci dialoga nella sua “Je suis venu te dire”.

***

G.V. “Mi hanno detto che c’è un modo per trovare quello che si è perduto. Col computer”
S.V. “Sì, mia figlia lo fa sempre, io mi riprometto sempre di imparare”
“Les feuilles mortes se ramassent à la pelle,
Tu vois je n’ai pas oublié.
Les feuilles mortes se ramassent à la pelle,
Les souvenirs et les regrets aussi,

Et le vent du nord les emporte,
Dans la nuit froide de l’oubli.
Tu vois, je n’ai pas oublié,
La chanson que tu me chantais.”

Che significa che le foglie d’autunno sono come i ricordi e i pentimenti: la notte fredda dell’oblio se li porta via. Però poi dice che non li ha dimenticati”

G.V. “eh sì, lo so. Ma se adesso questa poesia la leggi a un giovane, non la sa. Noi la sappiamo perché abbiamo studiato il francese a scuola”
S.V “Ah, io all’università. Tu sai che ho studiato lingue straniere…”
G.V. “eh adesso nemmeno quello c’è più. Non si impara più niente”

***

Nel bar che è una libreria entra un’altra storica avventrice: una giovane ipocondriaca meridionale, studentessa fuori sede. Passa tutto il tempo al telefono a parlare di malattie. Una volta le ho consigliato un medico perché sosteneva di avere la tisi.

***

S. V. “E poi non mi ricordo come finisce. So che gli innamorati si separano. Cioè, il loro passo si divide…”

***

La giovane ipocondriaca copre la voce delle vecchie parlando al telefono delle analisi che rivelano che è sana. La madre dall’altra parte del telefono sembra contenta. Lei si dice convinta a indagare ancora perché ha la tosse. L’ultima volta le ho detto di pulire casa, magari è la polvere. Si è offesa.

***

S.V. “Eppure ho una una memoria di ferro, mi fa strano non ricordare. Per esempio quella volta che sono andata con l’amica tua… la moglie del dottore.. sai? Non ricordo il nome”
G.V. “no…”

***

Sono di fronte alla poesia nella mia pagina di google e sono indecisa se finirgliela io o se lasciare perdere. La poesia finisce bene, senza malinconie. Vorrei intervenire nella discussione portando anche la poesia di Verlaine.

Non sono tante le foglie morte, ce n’è una sola. Una sola foglia morta. Ma loro hanno scelto Prévert.

Viviamo tutti e due insieme nello stesso momento, tu che mi amavi, io che ti amavo. E la vita separa coloro che si amano, dolcemente, senza fare rumore. E il mare cancella le impronte sulla sabbia dei passi degli amanti non più uniti.

Nous vivions, tous les deux ensemble,
Toi qui m’aimais, moi qui t’aimais.
Et la vie sépare ceux qui s’aiment,
Tout doucement, sans faire de bruit.

Et la mer efface sur le sable
Les pas des amants désunis…

Questa.


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