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Lettere a F.

Creato il 16 novembre 2015 da Agnese77
“È un bel modo di perdersi, perdersi uno nelle braccia dell’altra.”   Bolsena. Agosto 2015.   Partivo da qui.  Era mattina, il lago era calmo, il cielo azzurro e senza uno straccio di nuvola. Niente ha senso se non si sa scegliere bene il punto dal quale partire e spesso è proprio la direzione del primo passo a determinare il cammino… quindi è anche, se non soprattutto, questo: – E allora, magari, il cuore indietro non si riporta. Magari non è altro che un fiore. E se tu il fiore lo regali poi non puoi aspettarti di vederlo tornare. E dal momento in cui lo regali, il fiore, il cuore, non è più tuo. E a niente serve cercare di riprenderselo, o di ritrovarlo. Non è più tuo. A te rimane il terreno. Spoglio. Vuoto. E allora, magari, conviene accettare l’idea e prendersi cura di quello, del terreno, aspettando che qualcuno decida di venirci a piantare un seme. Un seme nuovo. Un cuore nuovo. Pensiamo spesso al cuore ammaccato dai dolori degli amori precedenti, ma non credo sia così. Quello che si indurisce è quello che resta. Il dolore e la sofferenza sono dovuti al vuoto. Non resta qualcosa di rotto. Non resta qualcosa di ammaccato. Non resta nulla… solo il terreno. Non si riportano indietro i cuori. Il cuore si perde, finché qualcuno non te ne porta uno nuovo. Piantando un seme. Proprio come i fiori. Roma. Settembre 2015.   Sto facendo tardi, rischiamo di perdere l’aereo, sta venendo giù un diluvio che sembrano due e mi hanno appena detto che il raccordo è bloccato. Però di perdere un aereo perché il tuo compagno di viaggio deve farsi sistemare la barba proprio non se ne parla, quindi giù il piede sul gas e dita incrociate. “Un miracolo arriva solo se ci credi.” Pelo pelo, ma ce l’abbiamo fatta. Tra l’altro noi siamo arrivati in tempo, ma probabilmente non è arrivato in tempo il pilota dato che l’aereo partirà con un ora di ritardo. Mentre penso sia una buona scusa per provare a recuperare un po’ di sonno mi scrivi tu, chiedendomi di riportarti indietro qualche storia… Cosi sarà. Bucarest. Settembre 2015.   Non ho la moleskine dove di solito mi appunto i pensieri in viaggio, non mi era mai capitato di dimenticarla. Non scriverò, quindi, ma posso usare il telefono per appuntarmi quello che voglio scrivere a te. E allora così. La culona che mi sta di fianco probabilmente crede di poter scendere dal finestrino dato che ancora non hanno aperto le porte e lei già spinge. MAH! Vabbè, atterrato. Ok. Fa un freddo boia! Loro mi capiscono poco e io li capisco meno. La loro banca si chiama banca Transilvania. Cominciano a farmi paura… stanno tutti in silenzio. Siamo saliti su un bus che non sappiamo dove porta, solo perché una signora cosi ci ha detto di fare e non ho la più pallida idea di dove possa trovarsi il nostro ostello. Se vai in fede la grotta arriva, dicono; ma sta volta la vedo grigia. Cross the fingers. Finalmente abbiamo una mappa! Ma non ha un indice. COME DIAVOLO CREDONO DI POTER PERMETTERE A UN CRISTIANO DI TROVARE UNA DIAVOLO DI VIA SE NON DIVIDONO LA MAPPA IN SETTORI? So’ matti! Cioè, sull’autobus ci sono i termosifoni… Si, matti.  MI PARLANO IN RUMENO. Una ragazza vuole che le spieghi come si timbra il biglietto. Io. In Romania. Una ragazza rumena che chiede a un italiano come si timbra il biglietto su un autobus in romania. Che per carità, ma come puoi pensare che io capisca la tua lingua se ti chiedo di parlare in inglese? Nel frattempo Mario ha trovato la via!  No, la tipa parla italiano. Io boh! Ok, tutto il bus parla italiano. Ci guardiamo. Ridiamo. Inglese zero, italiano tutti. Ora sappiamo sia dove scendere che dove andare. Quando ti ci capisci con le persone finiscono col restarti più simpatiche.  Il gelo. Ti scrivo. CHE STRANO. Un diario di viaggio a Federica… Potrei chiamarlo “lettere a Effe”. Tanti viaggiatori pubblicano libri intitolati “lettere a”; ora capisco perché.  Ho appena scoperto che hanno il fuso un’ora in avanti.  Camminiamo verso l’ostello, le foglie degli alberi passano dal verde al giallo e vengono giù quando la sfumatura di colori si trova esattamente a metà. Si abbandonano alla terra solo nel momento in cui non c’è più un colore che sovrasta l’altro, quando c’è armonia, equilibrio perfetto. Sarà romantica la natura? Ne raccolgo tre e me le metto in tasca. Mi è venuta in mente la canzone di Liga. Lui l’aveva scritta a G però, e non per piacere, come invece è per me. Canticchio. Canticchia anche il Niño. “IL DESTINO HA LA SUA PUNTUALITÀ”. Ostello trovato! Ostello… è una casa. Però mi sono fatto dare penna e carta. Finalmente posso scriverti come più mi piace. La penna è nera, lo so, ma solo questa hanno e la signora me l’ha prestata soltanto perchè le ho detto che sono uno scrittore… Mentre mi spiega che qui in Romania le luci in bagno si accendono da fuori, mi fa: E che scrivi? Devo scrive a ‘na sventola pugliese signò, SU MPO’! Lettere a F. Ora esco sennò Mario mi uccide. Stiamo prendendo un sacco d’acqua. MA TANTA. Siamo passati però sotto un teatro che si chiama Teatro di Magia. Ti ho pensata. Ho deciso che voglio farti arrivare un fiore: devo organizzare qualcosa con Fabiana. Mi ci fai capire così poco di quello che fai che devo trovare alleati anche solo per farti arrivare un fiore. C’è una parte del centro che si chiama città vecchia, ed è bellissima. È piena di localini sparsi in una miriade di vicoli che si intrecciano tanto da somigliare ad un piccolo labirinto. La sai una cosa? Qui non usano l’ombrello. Diluvia e loro passeggiano e chiacchierano come se niente fosse. TUTTI. Tu immagina comitive di persone, chi seduto sul muretto, chi su una panchina, chi poggiato ad un palo o su un motorino, che parlano così, sotto il diluvio, come se stessero in spiaggia al mare. La cosa più strana è che alle ragazze non si bagnano i capelli. Bah! Sono tornato dalla doccia, tra l’altro cosi bollente da rimettermi al mondo, e ho trovato il Niño che ascolta Me Dicen Cuba. Qui l’autunno è già parecchio avanti. Credo sia la mia stagione preferita. Poi il contrasto tra il freddo che fa e il caldo dei colori che invece dietro si porta mi resta proprio magnetico. Quanto è perfettamente strana la natura certe volte èh? Eri proprio carina ieri. Conto le volte che vai a metterti il profumo, sai? È cosi buono! I rumeni parlano strano e nei suoni la loro lingua somiglia all’italiano… Mi ha fatto pensare a te. Spesso non ti capisco. Ieri ti stavi lamentando perché ti avevo smontato la cipolla e io avevo capito che mi avessi poi detto: Adesso mi aiuti a sistemarla!  Cosi io ho risposto: Va bene, se mi spieghi come si fa ti aiuto… e tu hai risposto NO e te ne sei andata! È chiaro che qualcosa di quello che mi avevi detto prima mi è arrivato distorto. Mi fai sorridere. Mi piace. Però ora mi metto a dormire che tra Barrio, chiacchierata con te, nascita di Lorenzo e viaggio oggi ho dormito praticamente nulla.  BUONANOTTE! Mammamao sto gelando! Camminiamo per la città e io non riesco neanche ad alzare la testa. Che vuoi vedere così… Lo soffro tanto il freddo e sta volta non sono proprio venuto attrezzato. C’è un vento fortissimo; mi taglia il viso. Le strade sono vuote. C’è un gran silenzio, ovunque. Se guardi bene riesci a vedere il vento che si arrotola e porta su le foglie. Quelle poche persone che si incontrano sono tutte vestite di scuro, gli uomini hanno il giacchetto di pelle, le donne portano una specie di pelliccia lunga. Le notti saranno anche occidentali ormai, ma i giorni sanno ancora di comunismo. Almeno cosi è oggi, cosi io vedo. Mi fa sempre effetto il silenzio che si trova nelle città quando si va verso la Russia. Mi ricordo di una volta a Budapest dove, nonostante una festa per bambini in piazza, il rumore più forte restava quello dei tacchi di una ragazza che passava nella via di fianco o di una volta che, passeggiando per Bratislava, sono entrato in un cimitero convinto fosse un parco. Ecco, ci trovi il silenzio che da noi è solo dei cimiteri. Una cosa che mi chiedo sempre è: ma cos’è che ha portato l’uomo a migrare da queste parti? Cioè, è chiaro che il clima qui ci è ostile, e ora le cose sono molto più semplici, ma migliaia di anni fa come diavolo facevano? E soprattutto, perché costringersi a sopportare? Boh! Ma a noi che importa… Tu sei del sud e il sud è il mio posto preferito. Affar loro. C’è una chiesa Russa qui, ho una gran voglia di vederla ma non riesco a trovarla. Provo a fermare qualcuno. C’è una ragazza con le cuffiette che balla danza classica. No vabbè, ci ha fermato un pazzo vecchio in scoppoletta con la sua Renault 5 del dopo guerra bloccata sulla via del Palazzo del Popolo e ci è toccato anche spingerlo. Che storie. Nessuno la conosce ‘sta chiesa, incredibile. Se vaghiamo la troviamo, ne sono sicuro; è sempre cosi. Trovata! Le facciate esterne sono in ristrutturazione. PORCODDUE. Vabbè, pace… Dentro c’è un matrimonio ortodosso. Che belli i vestiti da sposa! Uomini e donne, quando si stanno vicino, sono qualcosa di straordinario. Non somiglia alle nostre cerimonie. I tempi sono lenti, l’atmosfera è quieta, ma l’aria allegra. Gioia si, ma intima. Belli! Probabilmente è perché sono vestito diverso, ma il ragazzo che gira il video mi è venuto a riprendere. Ora siamo pari. Loro mi hanno regalato una storia e io un viso straniero per il loro filmino di matrimonio. Io la foto me l’ero immaginata strafica, proprio qui, sotto la chiesa Russa, tutta colorata… Ma niente macchinetta, niente colori e soprattutto chiesa in ristrutturazione. Quindi cosi, come finiscono sempre col succedermi le cose: per caso. Non è colorata; è grigia, lenta e sola. Ma bella! Proprio come Bucarest. “Aveva quella bellezza di cui solo i vinti sono capaci. E la limpidezza delle cose deboli. E la solitudine, perfetta, di ciò che si è perduto.” Lettera a F. Ho la faccia bruciata dal freddo, Qui non mi salva neanche la barba. Mario ha un’illuminazione: cioccolata calda! Io non l’avevo mai fatta una cosa del genere… Scrivere ad una donna dei miei viaggi. È carino e l’idea mi fa sorridere, solo che malinconia. Mi tiene costantemente con la testa a te e non è il massimo per uno che sta a mezza Europa di distanza. Chissà che stai facendo… In ‘sta sala da tè ci sono due fidanzati troppo carini. Hanno la teiera di fronte, lei un gomito su un libro, in una mano una penna e con l’altra tiene quella di lui. Discutono di un qualcosa che hanno sul PC, davanti una vetrata grande che si affaccia sulla via principale di Bucarest. Si guardano. Sorridono. Che splendore. Hanno un quaderno e lei fa scrivere a lui qualcosa… I fogli sono color crema e la penna è blu! Buongustai. Sto cercando una cartellina dove metterti i fogli e non la trovo. Non si trova niente in ‘sta cavolo di Romania. Fa un freddo porco. Sto congelando. Mannaggia la miseria Federì sto congelando e questi non vendono cartelline! Mah, come diavolo si dirà cartellina in rumeno? Vabbè, ho trovato uno schifo quaderno. Mi farà meno figo ma almeno non si stropiccerà tutto. Fumano nei ristoranti. CHE PUZZA! Camminiamo moltissimo. Sono proprio stanco. Ma che gioia mi da passeggiare per il mondo. Chissà che sarei stato se non mi fossi incontrato con i viaggi. A te piacciono? Ma si… sei troppo dinamica per non apprezzarli. ALWAYS MOVING! Come farai mai. Le docce qui non servono per lavarsi, ma per rimettere in moto le funzioni vitali. Finalmente letto. Sono al buio con solo l’abat-jour accesa, e ti scrivo. Ma quanto è romantico?! Chissà che meraviglia è stato scrivere per i viaggiatori e i poeti di un tempo. Me li immagino li, per il mondo, a scriver d’amore con l’inchiostro di china, su fogli di grana grossa, di quelli che li senti quando te li passi per le dita, illuminati da una lampada ad olio… Meraviglia. Gli invidio sempre le stelle. Che uno può effettivamente dire siano le stesse, ma oggi con tutte queste luci chi riesce più a vederle. Mi sono accorto ora che questo è l’ultimo foglio che ho. Anzi, ora che ho guardato bene mi sono reso conto che quello di prima era l’ultimo foglio, questo era quello che volevo tenere per scriverci il titolo. Mi sono fatto prendere la mano. Quindi ti saluto. È stato particolare. Bello! Come sempre… Come tutto quello che mi capita con te. Ci vediamo a Roma TI ABBRACCIO Lettere a F.

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