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Libia, il rebus delle milizie minaccia i negoziati

Creato il 15 luglio 2015 da Bloglobal @bloglobal_opi
Libia, il rebus delle milizie minaccia i negoziati

L'11 luglio i rappresentanti del Parlamento internazionalmente riconosciuto di Tobruk, alcuni indipendenti di Tripoli e diversi esponenti locali di Misurata hanno siglato l'accordo di pace proposto dall'inviato speciale dell'ONU, lo spagnolo Bernardino Leon. Il testo prevede la formazione di un governo di unità nazionale (guidato da un Primo Ministro e due vice, che decidono all'unanimità); un esercito unificato in conseguenza del disarmo delle milizie; la creazione di un Consiglio di Stato con vasti ma bilanciati poteri, fra cui la nomina dei vertici della Banca Centrale e la supervisione dei lavori per la nuova Costituzione.

Tuttavia, la delegazione del General National Council (GNC) di Tripoli ha disertato la seduta, benché avesse partecipato attivamente alla precedente fase di revisione del testo. Questa decisione pare dipendere dal peso rilevante che alcune fazioni più radicali e contrarie al piano di pace, fra cui parte delle milizie di Misurata ed esponenti legati all'ex Gruppo dei Combattenti Islamici Libici, esercitano sull'intera assemblea. Il loro rifiuto, che mette in luce l'estrema fragilità dell'accordo, e la crescente diffidenza rispetto all'esito dei negoziati, sono il prodotto più appariscente dell'atteggiamento assertivo adottato nell'ultimo periodo da Leon.

Infatti, per riportare i due governi libici al tavolo delle trattative, l'inviato dell'ONU ha perseguito una strategia volta a isolare le voci più critiche nei confronti dell'accordo. Il 4 giugno è approdata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la proposta di congelare gli asset e vietare ogni viaggio all'estero per Othman Maliqta, comandante della brigata al-Qaqaa vicina alle milizie di Zintan (alleate del governo di Tobruk), e per il politico tripolino Abdulrahman Swehli [1].

Le pressioni diplomatiche di Leon, inoltre, hanno contribuito anche ad accentuare le divisioni presenti in seno ad entrambi gli schieramenti. Infatti, nel corso delle ultime settimane alcune delle milizie e delle alleanze tribali che sostengono tanto Tripoli quanto Tobruk avevano già rimarcato la loro contrarietà al piano di pace, minacciando o rendendosi di fatto autonome dalle già fragili autorità di riferimento. A prescindere dall'effettiva implementazione del piano di pace, quindi, il panorama libico rischia di sprofondare verso un'ulteriore e pericolosa frammentazione, minando alla base l'efficacia dell'azione del costituendo esecutivo di unità nazionale.

Le frizioni nate in seno al Governo di Tobruk ruotano attorno alla discussa figura di Khalifa Haftar. Il Generale era riuscito a aumentare il suo peso politico e militare a febbraio, imponendo la sua nomina a capo delle Forze Armate e la revoca della legge sull'isolamento politico [2]. Il rapporto con il Premier al-Thani continua a essere pressoché inesistente da allora. Di recente Haftar si è spinto fino ad accusare pubblicamente il Premier di corruzione e malgoverno con un discorso trasmesso in televisione. Forte dell'appoggio del Presidente egiziano al-Sisi e del riconoscimento internazionale, nonché del controllo di tutte le milizie sottoposte all'autorità di Tobruk, Haftar sembrava quindi aver ipotecato un ruolo di primo piano nel futuro assetto del Paese.

Tuttavia, gli scarsi se non nulli risultati dell'Operazione Dignità hanno alimentato il malcontento all'interno della coalizione guidata da Haftar. Le offensive su Bengasi e Derna sono in stallo da mesi, laddove proprio a Derna il Mujaheddin Shura Council (MSC) ha impiegato poche settimane, a cavallo della metà di giugno, per allontanare le milizie affiliate allo Stato Islamico (IS). Negli stessi giorni le milizie di Zintan, in lotta con la coalizione tripolina di Alba della Libia, hanno siglato una serie di tregue con i combattenti delle città di Sabratha, Surman e al-Ajilat. Questi accordi stanno alla base della recente ripresa dei negoziati e segnalano un'evidente indebolimento di Haftar, contrario a qualsiasi forma di accordo [3]. Un suo ruolo nel futuro assetto del Paese può ora essere messo in discussione in sede internazionale: la sua estromissione è una delle principali richieste dei rappresentanti di Tripoli e, verosimilmente, uno dei motivi che li ha spinti ad abbandonare le trattative.

In questo quadro assume particolare rilevanza la presa di distanza delle tribù Obeida e Barasa, componenti importanti delle milizie di Tobruk, in seguito alla decisione di Haftar di estromettere il Colonnello Faraj al-Barasi dal comando dell'offensiva su Bengasi [4]. Appare evidente la spaccatura fra due fazioni ben distinte all'interno del blocco fedele a Tobruk. La tribù Obeidi, la più numerosa e territorialmente estesa della Cirenaica (è una delle 9 tribù "Saadi" su cui si regge storicamente il sistema tribale della regione), ha una lunga tradizione di gestione del potere. Suoi esponenti figuravano ai vertici politici e militari prima con i Senussi, poi sotto Gheddafi e infine durante la guerra civile del 2011. Qualora si giungesse ad uno scontro frontale con Haftar, che può contare soltanto sull'appoggio della tribù minore dei Firjan, è probabile che gli Obeida riescano a mantenere il controllo di larga parte della Cirenaica, tanto nella zona costiera quanto verso la regione meridionale di Kufra. La frattura, però, non potrebbe essere indolore poiché entrambe le parti dispongono di armi e mezzi militari. Una soluzione intermedia, che secondo alcune fonti sarebbe stata proposta dagli Obeidi e cioè quella di dividere il comando militare della Cirenaica in due zone (una sotto il controllo di Haftar e l'altra riservata a al-Barasi), non farebbe che posporre uno scontro e, in ogni caso, indebolirebbe notevolmente l'intero apparato militare di Tobruk. In questo senso può essere letta la recente nomina del colonnello Idris Madi, altro ufficiale allontanato da Haftar e considerato vicino a al-Barasi, a capo delle operazioni militari nella zona di Sirte.

Parallelamente, sul fronte tripolino gli sforzi diplomatici di Leon hanno portato risultati ambivalenti. Oltre alle già citate tregue stipulate fra le città attorno alla capitale, lo stesso Leon il 22 giugno ha incontrato i leader delle principali milizie di Misurata nel tentativo di evitare un loro boicottaggio dei negoziati. Tuttavia, all'incontro era assente Salah Badi, già ufficiale nell'era di Gheddafi e influente politico nel Parlamento di Tripoli fino al gennaio 2014, quindi nominato comandante generale di Alba della Libia. Badi, che si colloca su posizioni di netto rifiuto di ogni negoziato con Tobruk, aveva formato pochi giorni prima una sua milizia, il Fronte Sumud, che formalmente riconoscerebbe l'autorità di Tripoli ma rivendica indipendenza dal resto di Alba della Libia, e aveva fatto sfilare uomini e mezzi per le strade della capitale [5].

Questa nuova divisione rischia di portare ulteriore instabilità nella regione. Infatti, l'Operation Room di Misurata [6] ha negato ufficialmente che le sue milizie di riferimento abbiano preso parte all'incontro con Leon. Si va quindi delineando una profonda spaccatura fra parte delle milizie di Misurata (che in totale raggiungono i 40.000 uomini) e le autorità di Tripoli. A fronte di una maggiore apertura di Tripoli verso Tobruk, il Fronte Sumud potrebbe quindi avviare una serie di azioni volte a destabilizzare la capitale nel tentativo di sabotare l'implementazione dell'accordo di pace. In particolare, desta preoccupazione la possibilità che il disarmo delle milizie previsto dal testo si traduca, per l'area di Tripoli, in una divisione di fatto in settori di influenza, che riporterebbe il conflitto all'interno della capitale.

Inoltre, la forze di Misurata costituiscono attualmente l'unica opposizione ai gruppi jihadisti affiliati all'IS che controllano la regione di Sirte e che hanno dimostrato, con l'attentato all'hotel Corinthia di gennaio e diverse autobomba contro i posti di blocco a est e a ovest di Misurata, di poter colpire ben al di là del loro territorio. Un periodo di lotta intestina fra le milizie di Misurata, o fra la città e gli altri alleati di Tripoli, permetterebbe ai gruppi di Sirte di allargare il proprio raggio d'azione.

Nell'ultimo mese, infatti, le milizie di Sirte sono riuscite prendere il controllo della base aerea di Ghardabiya, alcuni chilometri a sud di Sirte, e hanno intensificato gli attacchi contro le forze di Misurata a ovest e la brigata 166 a sud, costringendole a ritirarsi. La loro attenzione al momento sembra principalmente rivolta verso i terminal petroliferi di Sidra e Ras Lanuf e i pozzi nell'entroterra. Infatti, dopo essere emersi come principale forza insediata nell'area, hanno iniziato ad assorbire diversi combattenti locali tra i quali spicca Osama Jadhran, il cui fratello Ibrahim comanda le Petroleum Facilities Guard, milizia legata a Tobruk e deputata alla difesa delle installazioni petrolifere della regione. Non è da escludere che questa milizia possa cedere alle offerte dei jihadisti di Sirte e stringere un'alleanza di fatto, che sottrarrebbe la quasi totalità delle risorse di idrocarburi della Libia al controllo statale.

Inoltre, le emanazioni dell'IS presenti a Sirte potrebbero trovare terreno fertile per il reclutamento di nuove forze nel caso in cui la frammentazione delle milizie di Alba della Libia si rivelasse insanabile. Infatti, l'emarginazione delle fazioni islamiste più radicali di Tripoli, per certi versi necessaria per la finalizzazione dei negoziati, potrebbe far emergere i gruppi di Sirte come unico gruppo di riferimento nel contrasto alla capitale. Si tratterebbe di una strategia già utilizzata in precedenza dall'IS, ad esempio in Siria nel 2013 con l'isolamento e lo scontro frontale con Jabhat al-Nusra, che aveva spinto molti combattenti del gruppo di al-Golani a schierarsi con il Califfato. Se si verificasse un ulteriore radicamento dei gruppi jihadisti nella fascia centrale della Libia, questi potrebbero iniziare a disporre di una fonte di reddito sicura derivante dal petrolio e tentare di aprirsi un corridoio lungo la direttrice Sirte-Sebha (dove hanno già una presenza, benché minima) per accedere alle rotte del contrabbando che attraversano il Sahel. In prospettiva, quindi, potrebbero proseguire col fornire alla popolazione i servizi di base nei territori sotto il loro controllo, replicando così la strategia solitamente seguita in Siria e Iraq.

* Lorenzo Marinone è Analista di Relazioni Internazionali e OPI Contributor

[1] U.N. mulls blacklisting two Libyans to help political talks, in "Reuters", 04/06/2015. Nel testo della proposta, avanzata da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Spagna e visionato dalla Reuters, si legge che "[...] il Consiglio di Sicurezza dovrebbe mandare un segnale non ambiguo di supporto a quei moderati che potrebbero essere restii a partecipare politicamente a causa del loro supporto per l'una o l'altra fazione [...]". La proposta ha quindi lo scopo dichiarato di "[...] mandare il chiaro segnale che il boicottaggio del processo politico non sarà tollerato [...]". Cina e Russia hanno però sollevato obiezioni al testo, in particolare perché sarebbe stato redatto troppo sbrigativamente.

[2] HoR shelves Political Isolation Law, in "Libya Herald", 03/02/2015. La legge sull'isolamento politico, approvata nel maggio 2013 dall'allora legittimo Parlamento di Tripoli, impediva di ricoprire incarichi ufficiali a chi, come Haftar, aveva occupato posizioni di rilievo sotto Gheddafi.

[3] Infatti, in precedenza Haftar aveva dato ordine a Zintan di lanciare un'offensiva su Tripoli proprio il 19 marzo, giorno in cui le delegazioni di Tripoli e Tobruk avrebbero dovuto avviare il terzo round dei negoziati di pace. Haftar quindi aveva usato il suo unico alleato nell'ovest del Paese per minare di fatto il raggiungimento di un accordo.

[4] Haftar accusava al-Barasi di aver nascosto armi a Baida e di aver avuto contatti con esponenti politici di Tobruk e con un altro ufficiale allontanato da Haftar, il Colonnello Idris Madi, con l'intenzione di rivoltarsi contro il comando centrale dell'Operazione Dignità. Si veda Riprende il dialogo fra Tripoli e Tobruk in Marocco, restano distanti posizioni dopo modifiche a bozza Leon, in "Agenzia Nova", 26/06/2015.

[5] A New Fighting Faction Is Formed In Tripoli As UN Deadline For Libya Peace Agreement Looms, in "International Business Time", 16/06/2015. Del Fronte Sumud farebbero parte sette brigate di Misurata e alcuni gruppi attivi a Tripoli e dintorni, fra cui la brigata dei Rivoluzionari di Tripoli guidata da Haitham Tajouri, la brigata Nawasi, la Forza Rada di Abdul Rauf Kara e Fursan Janzour.

[6] Un comando generale, di base a Misurata e espressione di larga parte delle milizie della città, creato lo scorso marzo per fronteggiare in modo più efficace sia le milizie di Zintan che i gruppi jihadisti di Sirte.


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