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[Libri] L’Epopea di Gilgamesh

Creato il 28 novembre 2010 da Sekhemty

[Libri] L’Epopea di Gilgamesh[Libri] L’Epopea di Gilgamesh
Titolo L’Epopea di Gilgamesh
Curatore N. K. Sandars
Anno 2500-2000 a.C.
Editore Adelphi
Tipo Narrativa, Poema epico

L’Epopea di Gilgamesh è un poemetto epico risalente circa al 2000 a.C., e narra le vicende di Gilgamesh, appunto, figura sospesa tra il mito e la realtà storica Si tratta del più antico poema epico conosciuto, ed è la prima opera in cui viene celebrata la figura archetipica dell’eroe mitico.
Secondo il mito, Gilgamesh era un Re della città di Uruk, per un terzo umano e per due terzi divino, e a lui andrebbero ascritte qualità ed imprese fuori dal comune, come la sua straordinaria possanza fisica o la costruzione delle mura della stessa Uruk.

Ma tali straordinarie doti lo inducevano anche ad atti di prevaricazione nei confronti del popolo, e gli dei decisero di contrapporgli un avversario di uguale levatura, in modo da ridimensionare la sua irruenza.
Crearono così Enkidu, uomo selvaggio da contrapporre al civilizzato Gilgamesh.
I due si affrontano ma la loro rivalità dura poco, la loro proverbiale amicizia li porterà ad avventurarsi nella Terra dei Cedri per affrontare insieme Humbaba, il terribile gigante guardiano di quella terra; assieme, riescono anche ad uccidere il Toro del Cielo, inviato loro come sfida dalla terribile dea Ishtar.

Il ritorno ad Uruk però segna il punto di svolta del poema: se fino ad ora il tema principale era quello dell’avventura nell’ignoto e delle grandi imprese eroiche, il tono si trasforma radicalmente quando Enkidu muore.
Il dolore per la perdita dell’amico e l’improvvisa consapevolezza della propria impotenza nei confronti del fato che attende ogni uomo, non importa se umile o potente, convincono Gilgamesh ad affrontare l’impresa al di là di ogni immaginazione: si mette in viaggio per conquistare l’immortalità.

Nonostante la morte attenda ogni uomo, esiste qualcuno a cui gli dei hanno concesso la vite eterna: si tratta di Utnapistim, o Ziusudra, l’unico sopravvissuto dal diluvio che gli dei hanno mandato sulla terra tanto tempo prima, il corrispettivo assiro-babilonese del Noè biblico.
Dopo un viaggio al limite delle possibilità umane, Gilgamesh riesce finalmente ad incontrare Utnapistim, ed a convincerlo a rivelargli il segreto dell’immortalità. Egli allora gli racconta del diluvio e di una pianta che dona l’eterna giovinezza.
Gilgamesh riesce a trovare questa miracolosa piantina sul fondo del mare, ma nel viaggio di ritorno questa gli viene sottratta da un serpente, rendendogli impossibile sottrarsi al destino comune di tutti gli uomini.

La condizione mortale però non è così disprezzabile: Gilgamesh durante i suoi viaggi ha incontrato una donna di origini divine, Siduri, che così gli parla:

Gilgamesh, dove ti affretti? Non troverai mai la vita che cerchi. Quando gli dei crearono l’uomo, gli diedero in fato la morte, e tennero la vita per sé. Quanto a te, Gilgamesh, riempi il tuo ventre di cose buone; giorno e notte, notte e giorno, danza e sii lieto, banchetta e rallegrati. Siano linde le tue vesti, nell’acqua lavati, abbi caro il fanciullino che ti tiene per mano e nell’amplesso rendi felice tua moglie: poiché anche questo è il fato dell’uomo.

Questo può essere visto come il messaggio ultimo di tutto il poema: la ricerca dell’immortalità è vana, la vita è fatta per essere vissuta e per goderne ogni singolo momento; la consapevolezza della morte non deve portare disperazione ma vuole essere un incentivo alla celebrazione della vita, in tutte le sue forme e nella semplicità del quotidiano; o in altre parole, che lo scopo della vita è la vita stessa, il suo senso è proprio quello di vivere al meglio delle proprie possibilità.

[Libri] L’Epopea di Gilgamesh


Filed under: Libri, Recensioni Tagged: assiri, civiltà mesopotamiche, diluvio, Enkidu, epica, Gilgamesh, immortalità, Ishtar, letteratura, libri, mitologia, narrativa, sumeri, Uruk

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