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“Libro di pietre vive” (G. D’Annunzio)

Creato il 26 febbraio 2012 da Patriziabi (aspassotrailibri) @openars_libri
“Libro di pietre vive” (G. D’Annunzio)

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Quando il blog non era ancora un blog (ma un sito alle prima battute), due anni fa, tra i primi articoli pubblicati ce n’era uno a cui sono affezionata e che voglio ripubblicare oggi.
La decisione di ripubblicarlo nasce dalla contestuale “apertura” di una nuova sezione del blog che si ispira proprio al senso con cui era stato pensato l’articolo in questione.
Libro di pietre vive” definiva Gabriele D’Annunzio la sua splendida roccaforte di cultura che ancor oggi si staglia sul Lago di Garda e che lo scrittore ha donato, senza remore, agli Italiani.
Un luogo pregno di Arte, Letteratura, ricchezze, Storia, potenza e Patria, che trasmette al visitatore quasi un senso di inadeguatezza tale è la magnificenza di ciò che lo sguardo può ammirare.
Personalmente ho amato e amo questo luogo, e ciò che preserva, senza riserva alcuna e quando aprii il sito (ora blog) decisi di dedicargli parole e immagini. Al momento del trasloco del sito su questa piattaforma quell’articolo ha continuato a fare parte della nuova struttura (ridotto -ahimè- ad un .pdf), in modo da non perderne traccia e continuare ad esistere nell’archivio delle pubblicazioni.
Nell’arco di questi due anni quel post è stato al centro dei miei pensieri ed era pressante in me l’esigenza che diventasse altro ed evolvesse.
E’ da questo punto fermo che ho deciso di creare la categoria ispirata alla celebre frase di D’Annunzio, “Libro di pietre vive“, in cui confluiranno i tanti, tantissimi libri di pietre vive che, consapevolmente e non, circondano i lettori ed i cittadini di questo nostro Paese e lasciano senza fiato.
Mi auguro che i libri di pietre vive che troverete in questo spazio accendano la vostra curiosità ed vi incutano il desiderio di sfogliare pagine uniche nel loro genere.

Di seguito l’articolo da cui tutto prende forma. (Qui il .pdf con le immagini che due anni fa corredavano il post).

Gardone Riviera, splendida cittadina sulla sponda bresciana del Lago di Garda: è qui che si staglia il complesso museale e monumentale, la cittadella degli Italiani voluta, pensata, “allestita” e donata dal Vate Gabriele d’Annunzio. Se non fosse che gli alberi, così come il viale di rose che conduce all’ingresso della residenza, rinnovano di stagione in stagione le loro fronde ed i loro petali, e le voci delle migliaia di visitatori che si susseguono manifestano il loro stupore dinnanzi alle innumerevoli meraviglie che questo luogo racchiude, si potrebbe dire che qui il tempo sia immutato e immutabile.
Siamo nel gennaio 1921 e Gabriele d’Annunzio è reduce dagli eventi di Fiume. A 58 anni, “avido di silenzio dopo tanto rumore, e di pace dopo tanta guerra” – come confiderà in una lettera al suo amico Alceste De Ambris – è alla ricerca di una località defilata in cui stabilire la propria dimora: è la villa di Cargnaccio, (contrada di Gardone) sulla collina gardesana, a essere prescelta per questo scopo. L’intenzione è quella che sia una sistemazione breve, che gli permetta di terminare il Notturno, ma gli eventi andranno diversamente: questa sarà l’unica casa di proprietà che egli abiterà (eccetto quella paterna), la dimora definitiva e, come affermato da egli stesso, sarà qui “condannato all’acqua dolce del lago” che “è come un frammento staccato di un gran fiume regale“. Una residenza che diventerà una grandiosa e imperiale cittadella fortificata, che egli costruirà, espanderà con le acquisizioni immobiliari susseguitesi negli anni e farà rivivere di nuova luce. In questo luogo, che denominerà inizialmente Palladio, d’Annunzio non pensa ad una ritirata dalla scena politica, ma ad un’attesa: egli si augura di “essere la persona alla quale un giorno si penserà dicendo: ‘Avanti!’ Non resta che lui!“. Ma quel giorno agognato non verrà mai scritto sui libri di storia.
Trascorrono i mesi, si susseguono i suoi scritti, gli amori, gli eventi che lo vedono osservatore esterno della vita politica, le false speranze di ritornare protagonista delle scene. E’ così che nascerà il suo esilio, tra i libri e la sua arte, persuaso che Mussolini e il fascismo abbiano “falsato il suo mondo ideale“. “Io ho risoluto di ritirarmi nel mio silenzio e di ridarmi intero alla mia arte, che forse mi consolerà“. E’ in considerazione del fatto che Mussolini non si è risparmiato, a suo dire, di appropriarsi del suo “mondo ideale”, che egli decide di donare questo stesso agli Italiani. L’atto di donazione è datato 22 dicembre 1923 e la cittadella museale, a quel momento, non è altro che un progetto in divenire: sorge così la “Santa Fabbrica” del Vittoriale affidata alle idee di un giovane architetto, Gian Carlo Maroni (1893-1952), con cui d’Annunzio collaborerà fino alla sua morte. E’ egli stesso a tenere le redini del progetto, a porre le basi per un monumento alla Grande Guerra e a far sentire sempre viva nell’opera gigantesca che si appresta a creare la sua anima d’esteta. Accanto agli artisti vengono chiamati a fornire il proprio apporto anche innumerevoli ‘artieri’, così da esaltare e ‘pubblicizzare’ l’artigianato artistico. Nonostante il Vittoriale fosse un continuo cantiere a cielo aperto, e che nascessero quasi giornalmente progetti di valorizzazione ed ampliamento, ogni angolo della ‘fortificazione’ era decifrabile attraverso gli scritti epistolari che intercorrevano tra il Vate e le sue maestranze. Nella Cittadella che pian piano prende forma si susseguono per anni eventi, rappresentazioni cinematografiche e teatrali, si alternano le diverse amanti di d’Annunzio, nonchè gli ospiti illustri: da Arturo Toscanini a Fazio Nuvolari, da Guglielmo Marconi a Guido Treves e Arnoldo Mondadori. Nel 1937 il Vittoriale degli Italiani diventa una fondazione, a cui sovranintende Maroni, anche dopo la morte di d’Annunzio il 1° marzo 1938. L’architetto, alla ricerca continua di sovvenzionamenti da parte del Duce, al fine di tener fede alla volontà dello scrittore, li otteneva con stratagemmi alquanto fantasiosi, quali le apparizioni in sedute spiritiche in cui d’Annunzio reclamava che l’Anfiteatro, il Mausoleo, l’hangar per il MAS, venissero realizzati nel rispetto dei plastici esistenti! Le opere richieste vengono portate a termine, ciò nonostante, il Vittoriale degli Italiani è in continua evoluzione e costruzione, destinato ad una perpetua rinascita.

“Libro di pietre vive” (G. D’Annunzio)

Pagine finali dell'atto di donazione del Vittoriale

“Libro di pietre vive” (G. D’Annunzio)

Ingresso al Vittoriale

Sulla fontana dell’ingresso principale alla cittadella è incisa l’epigrafe:
Dentro da questa cerchia triplice di mura, ove tradotto è già in pietre vive quel libro religioso ch’io mi pensai preposto ai riti della patria e dai vincitori latini chiamato Vittoriale.
Un libro religioso composto di pietre vive e non di parole:
un’opera d’arte totale, la più significativa di Gabriele D’Annunzio.

Fonte cartacea.
Il Vittoriale degli Italiani, di Annamaria Andreoli – ed. Skira


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