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Life: non abbiamo bisogno di Forconi, ma di meno spesa pubblica e meno tasse

Creato il 27 gennaio 2014 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Franco Zanardo, a 62 anni, fa volentieri il doppio lavoro: imprenditore veneto con 6 dipendenti (“ma qualche anno fa erano 12”, dice) e attivista contro l’oppressione fiscale dello Stato italiano. Ai ritmi serrati imposti dalla sua ditta di articoli d’imballaggio industriale, negli ultimi mesi è riuscito a trovare il modo di piazzare nuovi ordini, onorare contratti con i clienti, caricare e scaricare bancali dal suo camion per 14 ore al giorno, e poi anche setacciare i conti della Regione Veneto e dello Stato centrale, denunciare gli sprechi attraverso le radio locali e mandare avanti la Life, associazione dei Liberi Imprenditori Federalisti Europei, soprattutto nei fine settimana. “La Life è un sindacato apartitico”, precisa subito Zanardo iniziando questa conversazione con Capiredavverolacrisi.com. LifeProprio le bandiere della Life, per tutto dicembre e fino ai primi giorni di gennaio, hanno sventolato a decine di “presìdi” su strade e autostrade della Regione Veneto. Nelle rotonde e accanto ai caselli, circa due centinaia di piccoli imprenditori e lavoratori come Zanardo si sono alternati nel loro tempo libero per distribuire volantini (con su scritto: “Ribellarsi è un dovere”) agli autisti dei tir, alle famiglie di passaggio, denunciando il fatto che la crisi economica sarà pure mondiale, ma in Italia rischia di essere fatale a causa del trattamento ruvido riservato dallo Stato ai cosiddetti “produttori”.

D. Proseguono i presìdi? A cosa ha portato la protesta?
R. In Veneto ci siamo fermati un momento dopo la prima settimana di gennaio. Un po’ per questioni di lavoro che hanno investito alcuni di noi coordinatori – tutti dobbiamo tirare avanti con le nostre imprese – un po’ anche per fare il punto e ragionare sulle nostre iniziative. Non sono mancati infatti, nelle ultime settimane, i tentativi di strumentalizzazione. Mi riferisco al gran parlare di “forconi” che si è fatto sui media nazionali, ai personaggi destabilizzanti che con il tempo si sono affacciati a certe nostre manifestazioni, alle troppe bandiere italiane che durante la notte comparivano ai presìdi.

Il nazionalismo, effettivamente, non sembra il vostro forte…
Noi abbiamo la Serenissima come riferimento politico-culturale, e non per questioni ideologiche. Quel che sottolineiamo con le nostre bandiere è che Venezia già attorno al 1.400 promulgava le prime norme contro l’occupazione minorile. Inoltre quella che è l’attuale Germania si è rifatta esplicitamente, secoli fa, alla legislazione veneziana che favoriva il mercato e la creazione di ricchezza. Ma soprattutto, la nostra protesta ha un obiettivo fisso: il fisco e la burocrazia del nostro Paese…

Contro le tasse, serve un sindacato di imprenditori?
In Italia la Confindustria è quello che è, collusa con la politica e lo Stato. Noi siamo un sindacato apartitico, perché non vogliamo finire come la Cgil che prende ordini dal Partito democratico. Abbiamo mandato a quel paese Umberto Bossi e la Lega Nord nel 1999, non facciamo sconti a nessuno. Partiamo da un presupposto semplice, che è sotto gli occhi di tutti: in Italia un’impresa paga il 70 per cento di tasse. E aggiungo, per esempio, che noi paghiamo le tasse anche sulle spese che sosteniamo: mi applicano l’Irpef anche sul macchinario che non posso scaricare a fine anno! Ancora: perché l’Iva sui prodotti soggetti ad accisa, come la benzina, grava anche sulla stessa accisa? L’Iva è un’imposta e, se non sbaglio, è dovuta soltanto su beni e servizi. Perché allora dobbiamo pagarla sulle accise e sulle addizionali delle bollette? Poi il colmo è che, a fronte di una tale pressione fiscale, hanno appena aumentato di 1 euro il pedaggio per l’autostrada tra Padova e Venezia.

Ecco, questo è un aspetto peculiare della Life che sicuramente vi mette al riparo da molte accuse di populismo. Voi non chiedete soltanto “meno tasse”, ma indicate pure che “meno spesa pubblica” è il modo per arrivarci…
Sì, la soluzione passa senza dubbio per una modifica dell’uso delle risorse pubbliche. Solo per dirne una: anni fa, a un amico e collega imprenditore che operava ai massimi livelli in Veneto nel settore sanitario e aveva il settore pubblico come cliente, mostrai alcuni numeri dei conti pubblici italiani e gli dissi: “Attento, i nodi del settore pubblico stanno venendo al pettine”. Quell’amico e imprenditore non mi ascoltò e purtroppo oggi, tra debiti della Regione, pagamenti in ritardo dello Stato e altro, ha accusa il colpo.

La crisi da debito sovrano prevista dalla fabbrica… E la cura?
Non smetto mai di citare il risultato di uno studio di Unioncamere, secondo cui se la spesa pubblica nazionale in percentuale sul Pil fosse pari a quella del lombardo-veneto (32,1%), invece della media nazionale che si avvicina oramai al 50%, si otterrebbe un risparmio di 142 miliardi di euro l’anno. Ma soprattutto, con i nostri associati, preferiamo condividere alcuni numeri ufficiali sulla spesa pubblica che emergono dal bilancio dello Stato. Sono le voci di bilancio su cui andare a tagliare, mentre nei talk show i politici tendono a parlare sempre più di aria fritta. Secondo gli ultimi dati forniti dalla Ragioneria generale del Ministero dell’Economia, per esempio, nel 2011 Stato ed Enti locali hanno speso 17.032 euro per ogni cittadino italiano che abita in Valle D’Aosta e 7.934 invece per ogni cittadino italiano che abita in Veneto. E’ possibile continuare in questo modo, alimentando in mille modi quella che io chiamo “previdenza elettorale”?

Meno spesa pubblica e quindi meno tasse, secondo Lei dunque non c’è scelta…
Il Paese è fatto di tanta gente onesta, in tutte le Regioni. Tuttavia ci sono 3-4 milioni di persone che rischiano di mandare a ramengo tutto: ci metto dentro la maggior parte dei dirigenti pubblici e tanti dipendenti pubblici. E la Confindustria a loro alleata. Se continuiamo come oggi, diventeremo un paese di parassiti, con imprenditori – si fa per dire – che chiedono aiuti allo Stato e cittadini anziani con sempre minori servizi. Adesso la ringrazio per l’attenzione che mi ha prestato, ma devo scendere dal camion e parlare con un cliente.


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