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Lo Hobbit: La battaglia delle cinque armate – La recensione

Creato il 17 dicembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il giudizio di Katya Marletta

Summary:

La frase chiave del film: ” You can have peace or war”. “I will have war”. “Tu puoi avere pace o guerra”. “Io avrò guerra”.

Della trasposizione cinematografica dell’opera di J.R.R. Tolkien si è detto e scritto di tutto, forse troppo. L’attesa febbricitante che ha accompagnato la realizzazione de “La Battaglia delle Cinque Armate”, terzo ed ultimo episodio della trilogia The Hobbit – i due precedenti sono: “Un Viaggio inaspettato”, del 2012 e “La desolazione di Smaug”, del 2013 – inoltre ha alimentato aspettative non facilmente appagabili; specialmente quelle degli appassionati tolkieniani più integralisti ed esigenti che hanno mal digerito la frammentazione dell’opera. Non stupisce quindi che, a ridosso dell’uscita del film, si sia innescata la consueta polemica sulla visione, non sempre fedele al testo, del regista, sceneggiatore e produttore “Sir” Peter Jackson. Ciò probabilmente non coglierà di sorpresa l’imponente compagine produttiva e distributiva del film (Metro-Goldwyn-Mayer, New Line Cinema, Wingnut Film, produttori, e Warner Bros Pictures, distributore), il cui obiettivo principale ovviamente è altro. Era il 2001 quando Jackson iniziò la sua avventura nel fantastico ed epico mondo dello scrittore britannico J.R.R. Tolkien presentandosi al grande pubblico con lo strepitoso “Il Signore degli Anelli: “La compagnia dell’Anello” (2001). A quale poi seguirono i fortunati: “Le due Torri”, del 2002; “Il ritorno del Re”, del 2003; quest’ultimo film record d’incassi, premiato con ben 11 Premi Oscar. La saga fantasy Tolkien/Jackson fa parte della nostra cultura, non solo cinematografica. E se siamo ancora qui a scrivere e parlare di hobbit, elfi, nani e orchi certamente ne è la conferma. L’abbiamo metabolizzata. Così come è abbiamo metabolizzata la consapevolezza che difficilmente ritroveremo lo stesso spirito che anima le pagine di un libro nelle sequenze di una pellicola. La nostra riflessione parte da questo spunto: l’anima di un film e l’anima un libro s’incontrano a metà strada.

Lo Hobbit

IL FILM

Ogni viaggio ha un inizio ed una fine, così come quello intrapreso da Bilbo Baggins (Martin Freeman) e dai suoi compagni d’avventura. Come scrisse J.R.R. Tolkien “Questa è la storia di come un Baggins ebbe un’avventura e si trovò a fare e dire cose del tutto imprevedibili”. Imprevedibili come affrontare insidie, sfide e paure, abbandonare il piccolo e sicuro villaggio per precipitarsi nel cuore della guerra, ad Erebor, la Montagna Solitaria. Il regno dall’immenso tesoro usurpato ai nani, governato dal drago Smaug (Benedict Cumberbatch). “The Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate” inizia esattamente dove si era concluso il precedente episodio “La desolazione di Smaug”. Il drago inferocito in un tripudio di vendetta e di fuoco, piomba sulla piccola comunità del Pontelagolungo. La gente in preda al panico fugge alla ricerca di riparo, mentre il valoroso arciere Bard (Luke Evans), cerca di resistere al suo attacco e di scoccare l’ultima freccia per ucciderlo. Sono minuti di grande coinvolgimento, una sequenze emozionante che incolla gli spettatori allo schermo. La percezione del pericolo scorre nelle prime scene del violento attacco, molto serrate e poco prevedibili, che precedono la morte del drago che, trafitto dalla freccia, precipita nel suo ultimo volo fragorosamente in acqua. Ma la gioia portata dalla sconfitta di Smaug é di breve durata. Qualcosa di molto sinistro sta per abbattersi ai piedi della montagna. Thorin Scudodiquercia (Richard Armitage), i suoi compagni nani e Bilbo, insediatisi nel castello, dovranno fare i conti con un nuovo terribile male oscuro. Infatti, in preda a delirio di potere, accecato dalla bramosia dell’oro, Thorin decide di non rispettare la promessa fatta agli uomini, cioè quella di dividere con loro il tesoro, e barricandosi dentro le mura del castello, reclama il suo diritto di regnare nelle terre che furono dei nani. Nel frattempo i superstiti di Pontelagolungo con a capo il valoroso Bard, trovano rifugio in cima alla montagna. Lì verranno raggiunti dal Re degli Elfi, Thranduil (Lee Pace) e dalla sua numerosa armata, attratto dal regno della Montagna Solitaria e dal suo immenso tesoro. Ma presto sopraggiungerà la sanguinaria legione degli orchi, inviata da Seuron, per un attacco a sorpresa. Lo scontro tra gli eserciti è monumentale. Ha così inizio la feroce battaglia tra orchi, mannari, elfi, nani, animali e uomini, all’ultimo sangue. Nonostante per una buona parte dei 144 minuti del film Jackson abbia accentuato l’esaltazione dell’azione negli imponenti combattimenti, il film custodisce anche la freschezza di temi forti ed incisivi, supportati da accenni di brillante comicità. L’amore candido, l’eroismo, l’amicizia, l’onore, la fedeltà si fanno strada tra i solchi del dolore, della morte, della paura. Espedienti che ci fanno perdonare anche qualche piccola sbavatura di scrittura. Impeccabile la performance Martin Freeman, che conferma la sua grande capacità attoriale, il suo Bilbo Baggins, anche in questa pellicola, spicca di originalità e anima. Defilata la presenza in scena degli altri protagonisti storici della saga. Convicente l’interpertazione di Richard Armitage, il suo Thorin Scudodiquercia emoziona. Protagonista indiscussa la monumentale bellezza paesaggistica della Nuova Zelanda, che incornicia perfettamente, anche in questo episodio, l’immaginario mondo della Terra di Mezzo, che tanto ci ha fatto, ci fa e ci farà sognare.

Nelle sale italiane dal 17 dicembre 2014.

Da Londra Katya Marletta per Oggialcinema.net


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