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Lo scrittore libanese Hassan Daoud vince il premio Nagib Mahfouz per la letteratura 2015

Creato il 14 dicembre 2015 da Chiarac @claire_com_

Sabato 11 dicembre, lo scrittore e giornalista libanese Hassan Daoud ha ricevuto al Cairo il Premio letterario “Nagib Mahfouz” per il suo romanzo Nessuna strada per il Paradiso (La tariq ila al-Janna).

Il premio, intitolato al grande scrittore egiziano Nagib Mahfouz, Nobel per la letteratura nel 1988, e che viene consegnato il giorno in cui nacque Mahfouz, è uno dei più importanti premi letterari per le opere in lingua araba. Ad oggi ha incoronato ventidue autori, tra cui l’egiziano Edwar al-Kharrat, il siriano Khaled Khalifa e il sudanese Hammour Ziada, che ha vinto lo scorso anno. Per essere candidate al premio, le opere non devono essere state tradotte in inglese. Ai vincitori infatti va anche un contratto per la traduzione in inglese con l’editore AUC Press (ma per esempio il romanzo di Khalifa ancora non è stato tradotto), oltre che un premio in denaro di 1.000 dollari e una medaglia in argento.

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17161751Copertina di “La tariq ila al-Janna”

Il romanzo di Daoud è stato pubblicato nel 2012 dalla casa editrice libanese Dar al-Saqi, e ha come protagonista al-Sayed, un imam di mezza età di un villaggio del sud del Libano. Un uomo che conduceva una vita infelice – non aveva mai voluto diventare un religioso, amava le canzoni di Abdel Halim Hafez e avrebbe voluto studiare medicina, ma aveva dovuto piegarsi alla tradizione di famiglia.

Nel libro non c’è quasi azione, ha affermato uno dei giudici, Tahia Abdel Nasser: “Il romanzo esamina il destino del narratore attraverso una serie di dettagli e di crisi che si ripetono durante una vita apparentemente placida, senza eventi degni di nota”.

Daoud nel suo discorso di sabato ha spiegato perché lo ha scritto:

“Quello che mi ha spinto a scrivere questo romanzo è stato l’interesse verso quest’uomo, le sue crisi e le sue fragilità. Mi interessava il suo aver vissuto una vita che non voleva, il suo aver imboccato una strada che non voleva seguire, l’essere stato portato a fare l’imam quando tutto ciò di cui aveva bisogno era solo la forza per essere un padre”.

Su arablit potete leggere la trascrizione per intero in inglese del discorso, mentre il video di seguito è un estratto di quel discorso, in cui lo scrittore parla dell’importanza di Mahfouz e dei suoi romanzi:

Secondo English Ahram, la commissione di giudici che ne ha decretato la vittoria ha trovato che il libro di Daoud fosse “un meraviglioso romanzo psicologico che penetra gli enigmi del tempo e dell’uomo in una società religiosa”. E ancora: “Il modo in cui Daoud evoca il personaggio del romanzo, rinchiuso nella sua esistenza in un villaggio libanese del sud, è sottile e profondo. La visione dell’opera è assolutamente proustiana nella sua precisione. Ogni paragrafo è come una sezione sottilissima della realtà”.

Hassan Daoud è nato in Libano nel 1950. Ha studiato a Beirut letteratura araba e poi ha cominciato a lavorare come giornalista per alcuni tra i più importanti quotidiani libanesi, tra cui al-Safir e al-Hayat. Attualmente è il responsabile culturale del giornale al-Mustaqbal. È autore di due raccolte di racconti e di numerosi romanzi, molti dei quali già tradotti in inglese, francese e tedesco. Il suo Centottanta tramonti (Mi’ah wa thamanuna ghuruban) nel 2010 è stato tra i semi-finalisti all’IPAF (il Premio letterario internazionale per il romanzo arabo). In italiano è stato tradotto solo uno dei suoi romanzi: Vivere ancora, trad. di P. Zanelli, edito da Jouvence, 2007.


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