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Lo spettacolo della primavera marziana

Creato il 07 marzo 2014 da Media Inaf
Crediti: NASA/JPL-Caltech/Univ. of Arizona Caption: Candy Hansen

Crediti: NASA/JPL-Caltech/Univ. of Arizona

Mancano pochi giorni all’arrivo della primavera sulla Terra, ma su Marte la primavera è arrivata già da qualche mese. Di certo non vediamo spuntare fiori tra le rocce e non sentiamo il cinguettio degli uccellini, ma di sicuro gli strumenti a bordo dei lander e delle sonde che studiano il Pianeta Rosso riescono a fotografare un paesaggio nuovo.

Le dune di sabbia nell’emisfero Nord di Marte stanno cominciando a emergere dalla copertura invernale di ghiaccio di anidride carbonica (detto anche ghiaccio secco) che sta sublimando (si sta disperdendo nell’aria). Pendii scuri esposti a sud stanno approfittando del “calore” del Sole, come si vede nell’immagine e anche i fianchi ripidi sottovento delle dune sono ormai liberi dai ghiacci, permettendo alla sabbia di scivolare giù. Le macchie scure che si vedono nella foto sono zone in cui il ghiaccio si è fratturato rilasciando sabbia. Presto le dune saranno completamente  scoperte. Questo fenomeno con il tempo crea anche alcuni spettacolari fenomeni come piccoli geyser e crepe nel terreno, ma può provocare anche valanghe lungo le scarpate.

La primavera su Marte, come ogni altra stagione, dura il doppio rispetto a quelle sulla Terra, perché l’anno marziano è di 687 giorni. La primavera dura 7 mesi, l’estate 6, l’autunno 5,3 e l’inverno poco più di 4 mesi. Anche d’estate, comunque, le temperature sono molto fredde e non si superano mai i -20° C al Nord del pianeta; al Sud, invece, si possono toccare anche punte di 30° in più.

L’immagine in alto è stata scattata dalla telecamera HiRISE (High Resolution Imaging Science Experiment) montata a bordo della sonda Mars Recognition Orbiter (MRO) lo scorso 16 gennaio.

Immagine scattata nel primo giorno di primavera nell’emisfero meridionale. Crediti: NASA/JPL/GSFC/University of Arizona

Immagine scattata nel primo giorno di primavera nell’emisfero meridionale. Crediti: NASA/JPL/GSFC/University of Arizona

Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni


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