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Locarno 2014 – Un gran bel film russo concorre per il Pardo: Durak (The Fool)

Creato il 09 agosto 2014 da Masedomani @ma_se_domani

Locarno 2014, Concorso Internazionale. Sono dovuta arrivare al quarto giorno prima di udire un applauso, prima di non annoiarmi, prima di tifare per un vero film. “Durak” (tradotto “The Fool”) è il terzo lavoro di Yury Bykov, giovane e talentuoso regista russo con il dono di carpire le molteplici sfaccettature (soprattutto le peggiori) dell’essere umano, in grado di dirigere un cast ricco e renderlo credibile, capace nel mandare al pubblico un messaggio duro e maturo in modo chiaro e diretto.

© Festival del film Locarno

© Festival del film Locarno

“Durak” non è una toccata e fuga, non dura 80 minuti, supera le 2 ore e una buona mezzora si avverte e qualcuno l’ha pure subita. La regia non è colpevole, né la recitazione o la sceneggiatura. Anzi, tutto è talmente ben fatto da prenderci in contropiede e smentire ogni luogo comune sulla cinematografia russa, sbiadita, noiosa, pesantissima ed ermetica sino all’incomprensibilità.

Complice, forse, la giovane età del fanciullo dietro la macchina da presa, il linguaggio di quest’opera è limpido, universale e in certi momenti ci fa scordare che sia una storia russa, che si sviluppa durante quello che sembra essere l’inizio di un inverno tipicamente russo (o forse è la fine…). Sta di fatto che la confezione di questa pellicola è impressionante: è curata, è accurata, è meticolosa, è come piace a noi e potrebbe essere uno di quei casi da Sundance, tanto per intenderci.
Invece no, “Durak” è in concorso a Locarno67 e ha tutte le carte per dare (speriamo) molto filo da torcere alla concorrenza.

© Festival del film Locarno

© Festival del film Locarno

Il protagonista è Dima Nikitin, un idraulico e uno studente, al secondo anno d’ingegneria, che durante un intervento in un complesso di case popolari nota che un palazzo con più di 800 ospiti non durerà a lungo, solo poche ore e crollerà. La sua corsa contro il tempo, le istituzioni, le corruzioni e gli egoismi, scandirà il racconto in un primo, un secondo e un terzo atto. Una pièce, quindi, che diviene sempre più claustrofobica e che raggiunge il suo climax in una stanza con tappezzeria (vecchia e polverosa) talmente opprimente da tenerci sulle spine non poco.

L’opera nasce da una folgorazione notturna e sfrutta ogni mezzo per arrivare allo spettatore nel raccontare la stupidità degli uomini, l’irresponsabilità, i vili interessi, il classismo, la legge della giungla. Dima in poche ore sperimenterà il peggio dell’essere umano. Il potente che deve salvare i propri privilegi, il povero che non vuole vedere, sentire, capire; il ricco che pondera vantaggi e svantaggi ed è disposto a sacrificare gli altri; l’uomo qualunque, che non vuole essere salvato.

© Festival del film Locarno

© Festival del film Locarno

“Durak” è un film coinvolgente e solido. Oltre alla sceneggiatura e alla regia, il merito è anche dell’attenta colonna sonora, del cast, (che sembra scippato al miglior palcoscenico russo, indagheremo…), e del direttore della fotografia, il quale riesce prima a farci soffocare nei caldi interni dalla luce soffusa e caramellata – in cui si consumano drammatiche e ciniche conversazioni – poi ci fa rabbrividire in esterni bui, lividi, dove il disagio del protagonista diviene il nostro, mentre  la nostra attenzione viene catturata dalla desolazione della situazione senza soluzione. E, alla fine, “Durack” cala il sipario con una domanda durissima: il mondo riuscirà ad essere salvato? Saranno sufficienti nuovi eroi? A prima vista, pare proprio di no.

Vissia Menza


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