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Luca Ronconi: Omaggio a un Grande del Teatro

Creato il 03 marzo 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Luca Ronconi: Omaggio a un Grande del Teatro

A sole due settimane dal compimento degli ottantadue anni, il 21 febbraio scorso è scomparso a Milano uno dei più grandi registi teatrali italiani: Luca Ronconi.

Attivo e col proposito di esserlo ancora a lungo, come peraltro si auspicava chi conosceva e amava la sua arte fuori dal comune, aveva appena portato in scena al Piccolo Teatro di Milano la sua ultima creazione, Lehman Trilogy, che vi rimarrà fino alla metà di marzo. Spettacolo di quasi cinque ore, opportunamente concepito in un'unica parte o in due da fruire a seconda della scelta dello spettatore. Testimonianza finale di una delle cifre stilistiche di tutta la sua carriera: la dilatazione del tempo. Così come un'altra è stata la scomposizione degli spazi teatrali tradizionali, poi da lui ricreati in modo innovativo e sorprendente.

Basti pensare al suo Orlando Furioso del 1969 concepito - perché di creazione nata da un immaginario geniale e anticonvenzionale si tratta - dopo solamente una decina di regie di prosa. Ed era già capolavoro. Tanto da arrivare fino a New York e consacrarlo non ancora quarantenne. E tanto da farne, nel 1975, una versione televisiva per la RAI.

La sua vena geniale non è stata frutto dell'intuizione di un momento, ma si è ripetuta nel corso della sua carriera che ha esplorato i vari generi teatrali e non solo: dalle tragedie greche alle opere elisabettiane, dal romanzo al testo scientifico e altro ancora.

La testimonianza della sua sperimentazione e ricerca, che ben presto hanno raggiunto alte vette appunto con l' Orlando Furioso, ha proseguito e perdurato negli anni Novanta con Gli ultimi giorni dell'umanità di Karl Kraus, e all'inizio del nuovo millennio con Infinities di John David Barrow. Per il primo, rappresentato al Lingotto di Torino, Ronconi aveva concepito per l'insolito contesto teatrale una scenografia amplificata che drammatizzava la Grande Guerra attraverso locomotive a vapore, singoli vagoni, accenni di trincee e anche carrelli mobili per gli attori. Mentre il pubblico aveva potuto assistere in piedi, o a volte seduto, in uno spazio in cui tutto era coerentemente amplificato.

In un capannone della Bovisa di Milano, con Infinities Ronconi ha drammatizzato invece i diversi infiniti possibili e ancora una volta attraverso una fruizione anticonvenzionale degli spazi, per esempio con gli spettatori chiamati attivamente ad aggirarsi fra essi.

Oppure ancora Lolita, che sarà sempre associata ai suoi primi anni della direzione artistica al Piccolo Teatro iniziata nel 1999, spettacolo tratto non dal romanzo omonimo ma dalla sceneggiatura scritta sempre da Vladimir Nabokov, portando in scena degli schermi cinematografici in un lavoro di ricerca continuo.

In parallelo alle regie di prosa, dalla fine degli anni Sessanta Ronconi si è sempre occupato anche di regie liriche, misurandosi coi libretti più celebri e famosi. Ciò non solo passando per il tempio del Teatro alla Scala ma anche per i palchi di varie città europee quali Parigi, Bruxelles e Madrid e altre ancora soprattutto tedesche.

Inoltre, negli ultimi dieci anni aveva curato con Margherita Palli gli allestimenti di alcune importanti mostre come Anton Van Dyck. Riflessi italiani a Palazzo Reale di Milano (2004) o Roma. La pittura di un Impero alle Scuderia del Quirinale (2010).

Tuttavia, Ronconi va anche ricordato per aver dato un notevole e appassionato contributo alla formazione teatrale dei giovani attori. Tanto che, subito dopo la sua morte, il Piccolo Teatro ha deciso di intitolargli la propria scuola - fondata da Giorgio Strehler una trentina di anni fa - che lui stesso ha poi diretto dal 1999 fino alla fine.

Del resto, anche Ronconi aveva fondato nel 1992 la Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino, istituzione che peraltro ha diretto a cavallo degli anni Ottanta/Novanta.

Passando dalle varie Masterclass internazionali e annuali, da lui tenute al Teatro Studio di Milano, e ricordando ancor prima il Laboratorio Teatrale di Prato degli anni Settanta, si arriva al Centro Teatrale Santacristina, nei pressi di Gubbio, del quale Ronconi è stato direttore artistico dal 2002. Qui si svolgono tuttora corsi di perfezionamento sia per giovani attori neodiplomati sia per professionisti ed è già attivo il bando per lo stage della prossima estate. Un luogo in cui lo stage è retribuito, la partecipazione è gratuita e gli allievi non solo studiavano, ma vivevano col maestro, che nella vicina Civitella Benazzone già in passato aveva deciso di risiedere. Per poi decidere di riposarvi una volta che la sua parabola esistenziale si fosse conclusa.

Ronconi, che per primo ha fatto il suo ingresso nel mondo teatrale non come regista ma come attore - per poi sentirsi chiamato alla profonda analisi del testo e al suo allestimento come solo lui ha saputo fare -, non si è chiuso in una sicura torre di avorio fatta di successi e di conseguente, quanto facile, altezzosità. Al contrario: letteralmente fino all'ultimo, con energia e passione ha messo a disposizione anche ai giovani attori di oggi e di domani il suo sapere e i suoi strumenti. Oppure con la bonarietà e l'umiltà, tipiche dei grandi, che aveva quando parlava dei suoi spettacoli al pubblico. Con la voglia di dare ancora al teatro e alla cultura. Desiderio che, nonostante fosse intralciato da problemi di salute, negli ultimi anni lo aveva animato facendogli attingere alla sua geniale essenza creativa davvero fino alla fine dei suoi giorni.


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