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Luci e ombre della nuova costituzione ungherese

Creato il 07 gennaio 2012 da Yleniacitino @yleniacitino

 Luci e ombre della nuova costituzione ungherese

 

da Ragionpolitica 

Più di diecimila manifestanti, dicono, si sono riversati nelle gelide piazze ungheresi, e non per festeggiare il primo dell’anno ma per protestare contro l’entrata in vigore della nuova costituzione ungherese. La stragrande maggioranza dei media occidentali e statunitensi si è mostrata accorata per le sorti della democratica Ungheria, che rischierebbe di essere travolta dalla «cappa conservatrice» forzosamente e unilateralmente imposta dal partito «di regime».

Pare che molti giornalisti e watchdogs internazionali si siano pigramente affiancati alle doglianze dei contestatori, senza nemmeno prendersi la briga di leggerla, la nuova costituzione, e affrettandosi, piuttosto, a scagliare feroci invettive contro il Primo Ministro Viktor Orbàn, definendolo un «fascista» e un inequivocabile «viktatore», come rileva anche Fisher dal Telegraph, anche se lui, coi veri fascisti, quelli del Jobbik, non ha niente a che fare.

Nella mischia si sono lanciati anche molti altri affamati. Ad esempio, l’Ue e il Fondo Monetario Internazionale, che tentano forse in questo modo di trovare la migliore scusa per negare, in tempi di crisi, l’apertura di una linea di credito di circa 15/20 milioni di euro, vitale per tirar fuori dal pantano l’esangue economia ungherese. O come gli Stati Uniti, che chiedono immediato ritiro della somma legge, ma lo fanno così a bassa voce che sembra quasi un atto diplomaticamente dovuto, magari per non creare gelosie in Siria, visto che lì il volume degli americani è sensibilmente più elevato.

Tra le file degli indignati c’è anche Amnesty International, che coi conservatori non va per tradizione molto d’accordo e crede che il deplorabile documento contenga violazioni agli standard dei diritti umani perché estende i diritti del feto sin dal suo concepimento e riconosce che il matrimonio interviene sempre tra un uomo e una donna. Eppure, se la clausola sulla protezione fetale non ha sfiorato le leggi pro-aborto, poiché intendeva erigersi ad un livello superiore (programmatico ed etico), quella sul matrimonio non pare sia diversa dal regime vigente nella maggioranza degli Stati europei. Si ricorda, infatti, che solo Spagna, Portogallo, Norvegia e Svezia ammettono i matrimoni tra omosessuali, mentre tutti gli altri paesi (tranne l’Italia) possiedono dei registri per le unioni civili e così avviene anche in Ungheria.

Tuttavia, è risultato tremendamente facile agli avversari bollare una costituzione come eccessivamente conservatrice solo perché contiene nel suo preambolo un richiamo alla cristianità, a Dio, ai valori della famiglia. Quei medesimi valori fondanti di cui la stessa Unione Europea si è fatta alfiere, quando nel suo dibattito costituente ha menzionato le «comuni radici cristiane», salvo poi annacquate in «eredità culturali, religiose e umanistiche». Infine, non si può non riportare il commento più paradossale di tutti: anche alcuni membri del vecchio regime comunista sono scesi in piazza e hanno detto la loro, dichiarando che la costituzione di Orbàn e del suo partito, il Fidesz, sta per avviare un processo di «putinizzazione» dell’Ungheria. E questo nonostante nessun oppositore sia stato ucciso o imprigionato, i media non governativi hanno sempre potuto dire la loro (e lo fanno con quotidiano zelo), non c’è stata nessuna compressione di diritti o libertà e si è consentito ai manifestanti di radunarsi pacificamente sotto l’Opera di Budapest, senza opporre alcuna repressione.

Le opposizioni si dolgono di non essere state coinvolte nel processo costituente, mentre il Ministro degli Interni ha chiarito che sono state loro ad obiettare uno strenuo rifiuto al percorso di riforma. Sorge il dubbio che nei confronti di Orbàn si stia attuando una strumentalizzazione non diversa da quella occorsa al Presidente Silvio Berlusconi, il quale, un momento prima di dimettersi, era presentato alla e dalla stampa estera come un tiranno liberticida, un despota, uno pronto a far di tutto per tenersi agganciato al potere. Si è poi visto come è andata.

Analogo è il trattamento fatto oggi a Orbàn, che, secondo gli oppositori, si è modificato la Costituzione a suo piacimento per governare oltre i termini previsti dal suo mandato. Ma nessuno ha detto agli ignari lettori esteri che la Costituzione, se è entrata in vigore, lo è perché un leader politico ha vinto le elezioni (con una larga maggioranza dei due terzi) e, nel rappresentare la popolazione del suo Stato, che per di più è stata interpellata con delle consultazioni sul merito del documento, ha portato avanti la prima grande riforma di successo volta a spazzare via la precedente Costituzione comunista, nel pieno rispetto delle procedure di revisione costituzionale. Certo, non tutti i problemi sono stati eliminati e di norme da smussare ce ne saranno molte (come la disposizione che toglie indipendenza alla Banca Centrale).

Ma il vero rischio per una democrazia non insorge quando una maggioranza governa muovendosi nei poteri a lei concessi, bensì quando l’opposizione, nel cavalcare l’onda demagogica, abdica al suo mandato come uno struzzo che nasconde la testa sottoterra e guasta quel gioco di poteri e contropoteri che rende veramente libero un Paese.


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