Magazine Cultura

Lui

Creato il 22 maggio 2010 da Stepianii
Lui
Lui è un genio. L’ho sempre sospettato e ora che ho finito di vedere la seconda stagione di “Fringe” ne sono sicuro. Lui è autore e produttore esecutivo di “Alias”, “Lost” e da ultimo “Fringe” nonché regista del notevole “Star Trek”.A volte Lui è un po’ cialtrone e hai la sensazione che ti stia prendendo in giro, altre volte hai la sicurezza che accumuli elementi solo per stupire il suo pubblico e che non sappia dove andare a parare... ma, alla fine - 6 stagioni di “Alias” stanno lì a dimostrarlo - Lui ne esce (quasi) sempre in maniera eccelsa. Un po’ come noi fumettari ;-)
Qualcuno dirà che in “Lost” non è così: è vero, ma è anche vero che “Lost” non è interamente una Sua creatura e che nelle ultime stagioni Lui lo ha lasciato in mano ad altri e meno capaci autori.Lui è un autore derivativo: prende cose viste e riviste, le sistema con cura e te le ripropone con la sicurezza di chi sa che, per quanto molto usate, certe cose funzionano sempre.“Fringe” è esattamente questo: un po’ di “X-Files”, una manciata di “Ai confini della realtà”, la vasca di “Stati di allucinazione”, tanti romanzi horror e di fantascienza. Ma funziona tutto. Alla grande. Spesso meglio che nei modelli originali.
Quattro protagonisti che più stereotipo, almeno sulla carta, non si può. L’agente donna dell’FBI. Il capo burbero, ma onesto. Il “collega” che qui - però. non è un vero collega - per l’URST (Unresolved Sexual Tension) e uno scienziato pazzo.
Su questa base condivisa, Lui inserisce tutte quelle cose che, nel corso degli episodi, diventano “tormentoni” e che gli spettatori aspettano con ansia.
L’idea di partenza è bella, di quella strana bellezza che hanno le cose semplici: accadono fatti strani e misteriosi che sembrano fare parte di un unico disegno complessivo: una sorta di schema. L'agente dell'FBI Olivia Dunham contatta il professor Walter Bishop, un genio che vive da quasi vent’anni rinchiuso in manicomio. Prima di impazzire, Walter ha partecipato agli esperimenti più folli che siano mai stati fatti - governativi e non - ed è in grado di risolvere qualunque problema scientifico. Il guaio è che, a causa della sua malattia, Walter Bishop è come un bambino e, quindi, è impossibile da gestire. Per questo motivo Olivia “arruola” quasi a forza il di lui figlio Peter, un truffatore con un QI di 190, che ha con il padre un pessimo rapporto, ma che sembra essere l’unico a “parlare la sua lingua”.
Partendo da qui, Lui si scatena e trasforma questi stereotipi, in personaggi perfettamente compiuti e bellissimi. Sì perché al di là degli universi paralleli, delle multinazionali cattive, dello splatter - ce n'è molto - e della tanta fantascienza da B-movie di cui riempie ogni singolo episodio, “Fringe” è una serie sui personaggi.
Gli episodi sembrano autoconclusivi; una scelta che contraddice la tendenza delle ultime serie made in Usa. Ma non fatevi ingannare: l’orizzontale c’è, eccome, ma riguarda spesso solo i protagonisti ed è sovente sottotraccia.
Questi personaggi crescono puntata dopo puntata: lentamente, per piccoli, ma geniali, beat.
Anche per questo motivo la serie parte lenta e decolla a metà della prima stagione. La seconda, invece, è proprio splendida e il finale è addirittura entusiasmante. Lui sa come tenere lo spettatore incollato alla poltrona e per farlo usa qualunque mezzo.
“Fringe” è la serie che, a mio modesto parere, meglio rappresenta questo inizio di millennio e Lui, Jeffrey Jacob Abrams, è un genio.

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

A proposito dell'autore


Stepianii 56 condivisioni Vedi il suo profilo
Vedi il suo blog

L'autore non ha ancora riempito questo campo L'autore non ha ancora riempito questo campo