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Luisella PISOTTU “Graffiti”

Creato il 13 febbraio 2011 da Fabry2010

Luisella PISOTTU “Graffiti”

Incontrarti
quando il mondo perde margini
sospesi sul vassoio di sguardi
a catturare il suono del possibile
la carezza conosciuta
il battito che insiste
quando già e ancora lo penserei disperso.

*

Persefone

Madre
ho visto la morte
era fredda
abbandonata ogni dolcezza
nei tratti
parole di pietra
nei sogni
carezze
usci socchiusi.
I tuoi figli scatole di ventre
pezzi d’occhi lasciati al ricordo
sospesi da un dio che non vediamo.
Le tue iridi
quali campi hanno raccolto?
E se il viso si scompone
in un sorriso
da che parte voltarmi
per vederlo e non sentirmi sasso?

*

So che esiste
il luogo di luce in cui riporre
dilemmi, angosce d’inesistenza.
Carne, ossa, sangue. Vita che amiamo
e ci sgomenta.
Cellule in cerca di pace
su immagini oniriche che ancora stupiscono.
La vita è pianto silenzioso, ingegno
sapere che tutto passa
in un velo, in un battito sospeso.

*

Di Luisella Pisottu, nata e residente a Sassari, esce nel 2010, dopo i libri di poesia In vortice obliquo e Tra spirito e respiro entrambi editi da Il filo, la raccolta Graffiti, per i tipi di Albatros.
I graffiti sono pitture murali o, in senso figurato, segni lasciati da un civiltà scomparsa. Ma al di là dell’etimologia (graphium=stilo) il termine evoca anche i graffi lasciati sulla pelle da qualcosa o da qualcuno; è nostro destino di viventi e di artisti riceverne prima di tracciarne sulla pagina, o su una tela, su uno spartito? Forme alte di consapevolezza passano infatti spesso attraverso l’esperienza del dolore. A questo riguardo calza a proposito la bella citazione di Walt Whitman a inizio del libro (Lettore, in te palpita la vita, tu fremi d’orgoglio e amore:/sei come me, lettore/Ed io perciò ti dedico i miei canti”). Il poeta non è dunque diverso dal lettore sul piano del sentire. Il lettore potrebbe anzi “fremere d’orgoglio e d’amore” ben più del poeta.
Il libro è suddiviso in tre sezioni (1° Dee, voci del femminile; 2° Solitudini metropolitane; 3° Terra sarda), la prima, preceduta da tre poesie. Nella prima sezione, diverse sottosezioni sono titolate a deità al femminile: Ishtar, Afrodite, Era,Persefone Kore, Demetra, Artemide, Estia e Atena.
“Nati per accarezzarci/in pelli di luce, aria salmastra/incunearci nella danza/del respiro pausa respiro./Ritrovare la magia/del sole disteso tra spighe e fiato.” Questi versi ci fanno subito intendere la forza vitale dell’autrice, la sua idea sulla nostra naturale vocazione di umani, che è anche il nostro sogno immarcescibile. “Frugare dunque nelle tasche della vita/…/come bambino che rapito dal gesto/segua il movimento delle mani”. Un accondiscendere alla vita che va al di là della ragione, assecondando uno sguardo creaturale sulle cose come fanno i bambini. Quello di Luisella è uno sguardo a tutto tondo; ma anche uno sguardo che si sofferma, che sembra cercare e cercarsi, assumendo talvolta lo stupore e il linguaggio degli antichi adoratori delle divinità: “Natura, dea dimenticata//rimossa nei giri di ruota del giorno/quotidiano delirio/di mete virtuali…”; il rifiuto pure solo parziale dell’“oggi” può portarci così a rimpiangere quelle che pensiamo essere state le sensazioni di chi ha vissuto in tempi lontani. Ma il ritorno può intendersi non soltanto al passato, ma anche al tempo prossimo e personale della propria infanzia: ”ricordati solo//bambino//Restituisciti libertà/di pulsare vita”. Un cammino verso ciò che l’esperienza ci rivela, col passare degli anni, essere stato essenziale per noi, tolto il contingente e il superfluo: “Non aver necessità d’altro/che essere/pienamente, intensamente come/destino chiede/e quasi mai ognuno risponde.”
Restare dunque dentro la natura, non rifuggirla, all’unisono col suo battito impercettibile; serbando memoria di ciò che siamo stati individualmente e collettivamente; ricordando il senso di altre vite e della nostra, per non disancorarci in una alienazione disperante.
Se la storia è maestra, la natura è madre, e dalla madre e nella madre inizia e si conclude il ciclo della vita. Il concepimento, l’attesa e la nascita trovano qui un loro spazio di rappresentazione, specie nella Sottosezione dedicata a Demetra (Madre terra” o forse “Madre dispensatrice”, probabilmente dal nome Indoeuropeo della Madre terra *dheghom mather”) che nella mitologia greca è la dea del grano e dell’agricoltura, artefice del ciclo delle stagioni, della vita e della morte, protettrice del matrimonio e delle leggi sacre). “Accendo candele per propiziarmi/la dea dell’attesa, del viaggio senza fine/intorno a te che ogni volta si compie.” “Osservo senza esser vista/il ciclo naturale che si compie/così, con la naturalezza di una risata./Donna di pensieri io, assorbo dagli occhi/luce che dono al presente,/mio ventre”. Ancora: “La donna gravida, corpo-mistero/porta dentro/il bene che non può vedere./E’ la domanda,/trepidazione”. E questa poesia toccante: “Mia poesia/mi raggiungi nel sospiro insonne/della notte/buio e sillabe/perduta io nel terrore dell’imprevisto./Ho temuto per la vita/dolce angelo.//Questo spazio è per te, piccolo guerriero/questo stare e crescere insieme/cui mi affido”.
La sezione Terra sarda, ultima delle tre,è invece dedicata alla Sardegna, a iniziare da Sassari: “Ombra di febbraio scivola discreta/sui muri di via Luzzati, un passante./…/E’ tutta qui raccolta nel suo/centro di palazzotti ermetici/parla il linguaggio della solitudine fiera/prima che mercatini urlanti/ne svendano i sogni.” Ma vengono qui descritti altri luoghi definiti (Monte Oro, il viale dei Pini, dove l’autrice vive, Golfo dell’Asinara, Orosei, Cala Ginepro, la 131-Carlo Felice), o indefiniti ma intuibili, segnati dalle stagioni, a iniziare dall’invernale (e apparente) ritrarsi della vita: “Resistere all’abbandono/tendere mani all’universo/lasciare il campo/quando tutto è compiuto.” Stagioni, quelle descritte, dove da ultimo non sembrano primeggiare le brume, il freddo, ma il risveglio imperituro a nuova vita, dove “la fioritura si fa strada nel silenzio”, dove “Il bocciolo offre il nucleo al tepore./Non sappiamo quale regalo/per chi saremo”.
La scrittura di Luisella Pisottu ha una sintassi lineare, con uso frequente di aggettivazione e di verbi declinati all’infinito, praticando spesso l’elisione degli articoli dai sostantivi. Si nota una ricerca di immagini efficaci attraverso l’impiego di metafore e sinestesie. Un percorso poetico, quello dell’autrice, fatto innanzitutto di vita e di esperienze, dell’ascolto di sé e del mondo per una consonanza con esso, per un’esistenza vissuta con pienezza. GN

*

Luisella PISOTTU
Graffiti
Albatros (2010)
Prefazione di Lucia Antista



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