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Ma tu… ci credi ai Nomadi Digitali?

Creato il 20 agosto 2015 da Elisa Pasqualetto @LizAu87

lavorare in spiaggiaHai mai visto un nomade digitale?

Si, lo so: ci sono le storie che vengono condivise su Facebook, quelle che passano di tweet in tweet, interi siti ne parlano e perfino articoli di famose testate e trasmissioni radiofoniche vengono dedicati al fenomeno; anche i giornalisti professionisti – quelli che dovrebbero farsi vanto di andare sempre a verificare l’attendibilità delle fonti – sembrano esserci cascati.

Ma ecco che finalmente ti svelo – qualcuno deve pur farlo – la menzogna di cui anche io mi sono reso inconsapevolmente complice:

PER APPROFONDIRE: tutti i miei articoli su NomadiDigitali.it

I NOMADI DIGITALI? UNA BUFALA!

Sono un mito costruito per indurti a fantasticare di luoghi lontani, di lavori da svolgere “da remoto”, magari in qualche bella spiaggia caraibica o tra le mete più esotiche del mondo, di vite alternative apparentemente tanto raggiungibili quanto praticamente impossibili.

Quale sia il movente di questa subdola cospirazione non è ancora chiaro:

  • c’è chi sostiene che è per distrarre le tue energie dall’essere convogliate invece in una più proficua ma non ben precisata “lotta” (perché te ne vuoi andare invece di rimanere a lottare?).
  • chi sostiene che paradossalmente il tuo sognare stabilizzi i tuoi livelli di frustrazione e quindi ti renda più produttivo e funzionale al mantenimento del sistema di produzione-consumo-smaltimento.
  • chi invece vede nel focalizzare la tua attenzione verso un obiettivo personale la frammentazione di energie sociali che si fanno in questo modo maggiormente governabili.

Ma qualunque sia il motivo di questa congettura è ormai giunto il momento di dire le cose come stanno: i nomadi digitali non esistono!

Come potrebbe essere altrimenti?

Ragioniamo: i nomadi digitali sarebbero quelli che possono lavorare da ovunque nel mondo grazie a internet.

Ma se è così… Perché vengono fuori solo adesso? Quando internet ha ben oltre 20 anni di vita?

Chi, potendo lavorare da una spiaggia di Santo Domingo invece che da un capannone di periferia, non l’avrebbe fatto nei decenni scorsi quando internet era già una realtà diffusa e consolidata?

tramonto da nomadi digitali

Ma anche se si trovasse una spiegazione a questo fenomeno… quale datore di lavoro permetterebbe ai propri dipendenti di lavorare da remoto invece di dirigere le energie produttive tramite l’illuminato controllo di un capo reparto/ufficio.

Si. Ok. Quasi tutti i nomadi digitali sembrano essere freelance o (micro-)imprenditori

Ma se fossero freelance… non dovrebbero vedere i clienti ogni tanto?

Non crederai mica alla balla che i clienti acconsentano a sentire i propri consulenti – a cui magari affidano le sorti delle proprie aziende – su skype?!?

E se fossero imprenditori… ma imprenditori di quale impresa?

Quella che vende corsi online? Ma l’hai mai fatto tu un corso online?

Oppure quella che vende infoprodotti… Infoprodotti?!?

E’ proprio con gli infoprodotti che la balla raggiunge sublimi livelli di sofisticazione: in qualche modo sono riusciti a farti credere che qualcuno riesca a farsi una vita a colpi di .pdf, .epub e .mobi acquistabili con paypal.

In realtà gli infoprodotti stanno ai nomadi digitali come le bacchette magiche stanno ai maghi e le scope volanti alle streghe.

Di nuovo: stiamo parlando di fiabe!

ufficio nella giungla

Ma anche se l’aspetto tecnologico e finanziario fosse risolto… vogliamo parlare dell’aspetto umano?

Suvvia: quale persona sana e funzionale (presumendo che per avere un lavoro produttivo uno debba essere sano e funzionale) lascerebbe la propria famiglia e i propri amici per viaggiare il mondo e non tornare nel limitato arco delle ferie comandate?

E le malattie? E gli incidenti? Non penserai mica si possa stare intere settimane lontani dalla Sanità Italiana?

Ma è forse nell’aspetto più psicologico che casca il palco: per quanto ci piaccia pensarlo una persona non può vivere senza radici, senza il confortante abbraccio della normalità, senza il mutuo, il contratto, il capo…

Una persona avrà sempre bisogno delle sue sacrosante certezze: il caffé di quella marca, le comodità di casa, le amicizie del paese, i sabati sera passati in quel modo, le domeniche sempre uguali e anche i lunedì mattina!

Le code per andare al lavoro, quelle per tornare a casa, le file alla posta, i serial tv, la partita e… per concludere: nessun uomo può vivere senza la responsabilità.

Non quella da prendere nei confronti della propria vita – che in realtà è un lusso per pochi – ma quella vaga ma solida, che si sfoggia quando ci si confronta con gli “irresponsabili”, quelli che magari mollano tutto per seguire un qualche sogno o quello che gli detta il proprio cuore… come se fosse quella la maniera di vivere la vita! E non invece quella che ci è stata tramandata dalla nostra società.

O FORSE…

Ma permettimi ora di concludere la mia provocazione e di scendere di piano comunicativo.

Avrai capito infatti che il mio era un tono ironico e non intendevo in verità dirti che i nomadi digitali non esistono… e neanche gli infoprodotti, i business online, i lavori che è possibile fare da remoto. Certo che esistono. Ci sono effettivamente persone che lo fanno.

Il fatto è che forse non esistono… come possibilità per te!

I nomadi digitali? Ok, esistono… ma magari sono un po’ come le rock star: uno su mille ce la fa!

Sulla carta sembra tutto semplice:

  1. Apri un blog;
  2. Diventi famoso;
  3. Guadagni con la pubblicità.

Capisci che non è roba da tutti.

Oppure la spiegazione più semplice di tutte è…

i nomadi digitali? Figli di papà che se ne vanno a giro per il mondo facendo finta di lavorare da remoto o di aprire startup ben sapendo di avere le spalle coperte.

Voglio dire: così… so’ bboni tutti!

Ma io e te sappiamo che questo non è il tuo caso.

E anche se per caso tu avessi anche il più flebile anelito ad uno stile di vita di diverso o una qualche forma di audacia nascente che ti sussurra ad aspirare a definire quelli che sono i tuoi sogni in questa vita…

Quali doti avresti per permetterti di fare il nomade digitale?

Quali meriti hai ottenuto – o speri di ottenere – per accedere a questo privilegio?

Chi sei per permetterti di farlo?

E soprattutto…

Chi ti credi di essere per osare sognarlo?

MA ALLA FINE…

jonathan pochini nomadi digitali
E ora interrompiamo definitivamente e per davvero la mia provocazione.

Questo articolo è dedicato ai commentatori della sezione “cervelli in fuga” del fatto quotidiano.

Non ai giornalisti, non agli articoli, non agli intervistati (alcuni tra i più conosciuti nomadi digitali italiani).

Proprio ai commentatori: la ferocia con cui molti si sono espressi tradisce non solo invidia ma anche rassegnazione, frustrazione e paura.

Come nomade digitale non mi interessa sfoggiare il privilegio di cui posso godere nello scegliere la mia location di vita e di lavoro, mi interessa che la nostra comunità si ingrandisca e raggiunga un punto critico oltre il quale il mondo non potrà più essere lo stesso.

E come nomade digitale farò quanto posso per avvicinare quante più persone verso questo stile di vita.

Ma c’è innanzitutto bisogno di persone positive, che credano sia possibile e auspicabile riuscire ad attuare un cambiamento importante come quello di diventare nomadi digitali e quindi siano in grado di prendersi un impegno con loro stessi per intraprendere un eventuale percorso di realizzazione di se stessi e dei propri sogni.

Sono persone che possono vivere anche il sentimento dell’invidia ma lo vivono in termini produttivi, considerando che ciò che invidiano negli altri è il simbolo di un qualcosa che devono impegnarsi a raggiungere in qualche modo.

Lasciare invece che la propria frustrazione si sfoghi con la critica, la denigrazione, l’offesa o in altre modalità più vili – temo – non può che far altro che alimentare un clima nel quale altre persone si sentiranno più insicure nei loro eventuali tentativi di intraprendere un percorso di vita diverso da quelli impacchettati dalla società.

Per chi invece ha già scelto… mi piacerebbe concludere così, con un famoso brano di Marianne Williamson, nella versione che compare nel film Coach Carter (traduzione mia, vedi sotto l’estratto in lingua originale):

La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda è quella di essere potenti oltre ogni limite.
E’ la nostra luce, non la nostra ombra, a spaventarci di più.
Sminuire te stesso non sarà di servizio al mondo.
Non c’è nulla di illuminato nello sminuire se stessi affinchè gli altri non si sentano insicuri vicino a te.
Siamo tutti nati per risplendere, come fanno i bambini.
Non è solo in alcuni di noi
è in tutti noi.
E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere
inconsciamente diamo la possibilità ad altre persone di fare lo stesso.
E siccome ci siamo liberati dalle nostre paure
la nostra presenza automaticamente libera gli altri.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=FBPevxZG98Q]

NOTA: Tutte le tematiche sollevate nell’articolo – che fanno effettivamente riferimento al pensiero espresso nei commenti alle interviste a cui ho accennato – troveranno facilmente una risposta in chi ha già familiarità con il concetto di nomadismo digitale.
Ma se ti rimane qualche dubbio puoi scriverlo qui sotto nei commenti e sarò felice di risponderti…


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