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Maccagno: una mostra per scoprire Antonio da Tradate. L’intervista al professor Rossi

Creato il 12 marzo 2016 da Stivalepensante @StivalePensante

Sarà inaugurata settimana prossima, sabato 19 marzo alle ore 18, presso il Civico Museo “Parisi­-Valle” di Maccagno, la mostra  “Antonio da Tradate. L’Arte Sacra nel Varesotto e Canton Ticino”. Per questa ragione abbiamo intervistato il professor Emilio Rossi, che due anni fa ha pubblicato proprio una ricerca sul pittore locarnese.

Maccagno: una mostra per scoprire Antonio da Tradate. Sarà inaugurata sabato prossimo, 19 marzo alle ore 18, la mostra dedicata ad Antonio da Tradate, che ha lasciato sul territorio tra il Canton Ticino e la Provincia di Varese un prestigioso e indelebile impronta artistica grazie agli affreschi Tardogotici-Rinascimentali. Principale affresco della rassegna sarà quello raffigurante la Crocifissione, collocato originariamente a casa di Campagnano, da cui fu strappato nella seconda metà degli anni Sessanta (attualmente si trova presso il Palazzo Municipale di Luino).

L’intervista al professor Emilio Rossi.

Lei ha pubblicato nel 2013 sul Verbanus, una tra le più prestigiose riviste del Lago Maggiore, una ricerca dal titolo Antonio da Tradate pittore locarnese sulla riva orientale del Verbano. Che cosa pensa della mostra allestita presso il Museo Parisi di Maccagno?

Si tratta certamente di un’iniziativa culturale lodevole che avrà il merito di far conoscere un prestigioso pittore del ‘400 di cui rimangono tracce significative sul nostro territorio e nella vicina Svizzera dove ai suoi affreschi sono state riservate maggiori attenzioni. Spero che altrettanto avvenga anche nella nostra zona.

Dove si trovano le opere di Antonio da Tradate in territorio italiano?

Partendo da Indemini, un territorio svizzerodi confine che geograficamente gravita però nell’orbita dei paesi della Val Veddasca, in località Alpe Cedullo, troviamo una Madonna del Latte. Identico soggetto appare sulla facciata dell’antico oratorio di Penedegra a Graglio, anche se di dubbia attribuzione. Della stessa mano è però l’affresco del santuario del Tronchedo che sorge alle porte di Curiglia e quello della Parrocchiale di S. Vittore, sempre a Curiglia. Anche qui Antonio da Tradate ripropone l’immagine della Madonna del Latte. Rispetto alle precedenti, quella del Tronchedo rivela però una maggiore padronanza della tecnica pittorica. Leopoldo Giampaolo attribuisce ad Antonio da Tradate anche la Madonna nella chiesa parrocchiale di S. Stefano a Maccagno Inferiore. L’affresco sembra, infatti, rimandare alla lunetta sulla facciata del S. Antonio, soprattutto per quanto riguarda lo sfondo damascato a foglie di quercia, motivo decorativo spesso usato dall’artista. Del tutto rispondente agli stilemi pittorici di Antonio da Tradate la Madonna in trono con Bambino salvata dall’ingiuria del tempo, ma ancora in precario stato di conservazione, su un muro di un’antica corte in frazione Raglio, a Cunardo. Pienamente leggibile appare invece, sempre a Cunardo, la Pietà di via Vaccarossi che presenta sorprendenti affinità tematiche e strutturali con la parziale rappresentazione della deposizione della navata settentrionale della chiesa di S. Michele di Arosio. Identico lo sfondo, identica l’inclinazione del capo della Vergine, afflitta da un indicibile dolore, identico il fermaglio del manto. Da ultimo non possiamo dimenticare l’Annunciazione e un S. Sebastiano nell’’antica Casa Marchione a Maccagno, di fronte all’attuale parrocchiale di S. Materno.

Ma esistono, come in Svizzera, dei cicli pittorici all’interno delle chiese?

Certamente. Il più importante è quello della chiesa di S. Antonio di Maccagno. I dipinti sono una vera e propria «Biblia pauperum», una Bibbia dei poveri, secondo un’espressione usata da Papa Gregorio VII e rappresentano momenti significativi della vita di Gesù. Offrivano, infatti, agli analfabeti che costituivano la maggioranza della popolazione la possibilità di conoscere la storia della salvezza. Gli affreschi superstiti descrivono le scene cruciali della passione: l’ingresso in Gerusalemme, l’ultima cena, l’orazione nel Getsemani, la cattura di Gesù, il bacio di Giuda, il taglio dell’orecchio da parte di Pietro al servo del sommo sacerdote Caifa, la flagellazione, l’incoronazione di spine, Cristo di fronte a Pilato. L’intento didascalico è reso ancor più evidente dai cartigli esplicativi posti sopra i dipinti, alcuni dei quali facilmente decodificabili: «Com Dio è a tavola con li apostoli», «Come li farixei ano menato Dio denanzi a Pilato», «Come Zuda baxa Dio per tradirlo in le mani….». E nel cartiglio della preghiera nell’orto degli ulivi una citazione in latino, tratta da Matteo, 26, 39: «Pater, si possibile est, transeat a me calix iste». Ieratica la figura del Cristo nell’ultima cena, circondato dagli apostoli e da S. Giovanni che, secondo l’iconografia tradizionale, reclina il capo sul petto del Maestro. Una scena di apparente serenità conviviale, anche se dal volto di Cristo traspare l’amara consapevolezza della fine imminente.

Qual è a suo avviso in questo ciclo pittorico la scena più pregevole?

Una delle scene più toccanti è certamente quella del tradimento di Giuda. I due volti accostati manifestano in tutta la loro drammaticità la tensione emotiva: nell’espressione di sconforto del Cristo che volge il suo sguardo altrove è già presente la sconfessione dello spergiuro, mentre il traditore avvicina la sua guancia a quella di Gesù e tende le sue lunghe mani in un abbraccio infido. Più in basso il focoso Pietro colpisce all’orecchio il servo del sinedrio, incurante della condanna del Maestro, mirabilmente espressa dall’indice puntato verso di lui.

Una sequela di antichi affreschi quattrocenteschi che forse non ha riscontro in nessun altra chiesa del nostro territorio. Che fare dunque?

Purtroppo le immagini si trovano in un pessimo stato conservativo. Il S. Antonio è sicuramente un gioiello artistico che potrebbe veicolare un qualificato turismo culturale. Mi auguro che i Maccagnesi e non solo se ne rendano conto e si adoperino per un auspicabile e rapido recupero, prima che sia troppo tardi, perché questo prezioso documento pittorico, testimonianza di un lontano passato, possa essere fruibile anche dalle generazioni future.

La mostra resterà aperta dal 19 marzo al 17 aprile, presso il Civico Museo Parisi-­Valle di Maccagno in via Leopoldo Giampaolo 1. L’ingresso è gratuito con orari di apertura: venerdì dalle 14.30 alle 18.30, sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 14.30 alle 18.30. Disponibilità per gruppi (minimo 15 persone) previa comunicazione in museo: tel. +039 0332 561202 o mail [email protected].


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