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Madri che uccidono i figli: tra mito e realtà

Da Sessuologiacagliari @DessiAntonio
Madri che uccidono i figli: tra mito e realtàIn questi ultimi giorni la tv ci rimanda un'immagine forte e disturbante: quella di una madre che uccide il proprio figlio. La nuova Medea è a Cosenza. Gli studi su questo fenomeno mettono sempre in rilievo una differenza sostanziale, quella tra infanticidio, e quella tra figlicidio.Allo scenario dell'infanticidio viene spesso rimandata una realtà molto problematica  in cui una donna sopprime un neonato con cui non ha ancora avuto modo di stabilire una relazione affettiva. Si rinvia invece ad un concetto diverso, alla descrizione delle moderne Medee, il figlicidio, a tutte quelle donne che sono le feroci esecutrici dei propri figli all'interno di dinamiche più complesse, e che spesso fanno la loro comparsa nelle pagine di cronaca nera tutte come "madri che uccidono". L'infanticidio e il figlicidio sembrano essere delitti specificatamente femminili.Mentre osservavo un servizio alla tv sul nuovo caso a Cosenza, ho avuto  modo di ascoltare la testimonianza ai microfoni di una giornalista da parte di una donna che conosceva la madre assassina: ha parlato di un presunto tradimento da parte del marito della donna. Sebbene il fatto si sia svolto i un ordine di complessità che gli investigatori avranno modo di poter osservare, il tradimento è un tema che tra realtà e mito ci riporta alla tragedia di Euripide.La tragedia greca. La Medea di Euripide è una delle più disperate tragedie greche, che presenta una forte oscillazione e disequilibrio tra  ratio e furor, mens e cupido. Medea è figlia della maga Circe, dalla quale eredita i suoi poteri magici. Innamoratasi di Giasone, lo aiuta ad impossessarsi del vello d’oro arrivando persino ad uccidere il proprio fratello, in modo che il padre, intento a raccogliere i resti del figlio, non possa impedire la fuga degli Argonauti e di Medea stessa, che in seguito sposerà il suo amato.L'irriconoscenza di Giasone fa sì che questo, dopo qualche anno, ripudia Medea, innamorandosi di un’altra donna giovane e bella e mostrando il suo interesse a sposarla: Medea si tormenta dal dolore e prepara la sua vendetta fingendo una riconciliazione: tesse il vestito di nozze per la nuova moglie intriso dei più mortali veleni, la poveretta morirà appena indossato tra le più strazianti grida. La vendetta di Medea non si arresta. Lacerata dall’odio uccide anche i propri figli, come discendenza e sangue di Giasone, baciandoli prima più volte.Madri che uccidono i figli: tra mito e realtàL'uccisione di un figlio è uno tra i fatti di cronaca più impressionanti ai quali siamo sottoposti. I casi vedono sempre impegnati psicologi, psichiatri, alla ricerca dell'embrione maligno della psicopatologia della donna omicida che spesso incontra a livello giuridico un'interpretazione come causa, movente e anche attenuante.Nello specifico dei primi dettagli che sono emersi da alcune spontanee dichiarazioni, possono essere menzionate le speculazioni di uno studioso di nome Jacobs, il quale metaforizza il dramma di uccisione dei figli, coniando l'espressione "Complesso di Medea". In questa tipologia rientrerebbero tutti quei comportamenti materni finalizzati alla distruzione del rapporto tra padre e figli a seguito di separazioni conflittuali. Alcune testimonianze comparse su diversi siti internet hanno parlato di "continue liti tra i coniugi". L'uccisione di un figlio, nella visione di Jacobs, diviene simbolica e proprio come nel mito di Medea, ciò che si desidera uccidere non è in realtà il figlio, ma il legame che ha con il padre.Un altro studioso, di nome Byrne, parlava di abuso emotivo nei confronti dei figli, ed in particolare nei momenti di coinvolgimento degli stessi all'interno di una sorta di "gara di lealtà".  All'interno di questo gioco relazionale perverso ai limiti della psicosi (che spesso accade anche senza sfociare nell'omicidio reale) i coniugi fanno pressione affinché avvenga una scelta del genitore preferito, ed in generale a tratteggiare la formazione di una nuova famiglia chiusa, con uno solo dei genitori.Madri che uccidono i figli: tra mito e realtàNei figli con età compresa tra i 9 e i 12 anni questo fenomeno ha preso il nome di allineamento del minore con un genitore. In queste condizioni i figli vengono trattati come confidenti e vengono manipolati verso una "pilotata scelta". L'obiettivo è quello di escludere l'ex coniuge dalla loro vita. E' indiscusso il fatto che simili costellazioni familiari possano in un certo senso essere definiti "a funzionamento psicotico". E' generatrice di psicosi l'assenza di confini fra i sottosistemi e l'inclusione di un figlio all'interno della dinamica di coppia.Non è infrequente osservare simili dinamiche, che affondano le radici nella storia di una coppia, nella storia degli individui e delle loro famiglie di origine. Una riflessione più attinente all'ambito psicoterapeutico  è quello di trovare un senso alla nascita di quel figlio per  quel sistema coppia. Non sempre i figli arrivano per amore. In questi casi sembrano essere dei pupazzi, sembrano rappresentare la ricerca di alleati, di "colla umana" per unire una coppia alla deriva. Un partner che non ama, un partner che ha tradito, una storia d'amore dove quest'ultimo era l'unico vero grande assente, la difficoltà a separarsi.La tendenza ad attribuire  alla donna che uccide i suoi figli delle limitate capacità mentali non è solo proprio del discorso giuridico, ma è un comune "accostarsi al fenomeno". Non sempre chi uccide ha una psicopatologia. In questo senso il comune sentire tratteggia una rappresentazione stereotipata della donna, incapace di uccidere e di esprimere una tale violenza nei confronti dei figli, se non per questioni psicopatologicheE' vero che diverse osservazioni sono state fatte. Le Medee del ventunesimo secolo  sono spesso consumate da sentimenti cronici di gelosia patologica e in .questo senso l'uccisione dei figli, all'interno del Complesso di Medea, rappresenta una vendetta per torti subiti, reali, o presunti.Un altro aspetto è sicuramente il fantasma della perdita, nel vissuto di mancanza. Il fantasma della perdita in queste donne si ripresenta puntuale, mantenendole  sotto costante minaccia di annientamento. Da li il riversarsi prima verso il partner, poi verso il suo simbolo: i figli, il frutto dell'unione.Il fenomeno è sicuramente molto complesso ed è stato ampiamente studiato. Il contributo di questo articolo non vuole essere una spiegazione al fenomeno di cronaca di questi giorni, ma vuole essere quello di riflessione su come ad un livello comunicativo emergano degli elementi che gettano un ponte tra il mito e g i elementi frammentati della realtà, delle prime testimonianze. Una realtà che si difende da un fenomeno di questo tipo, ma che chiede di essere accolto nella sua truce verità.
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