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Malamore, la rateta e la jatta

Da Lacrespa @kiarastra

Malamore, la rateta e la jatta

Ieri sera sono andata a vedere allo spazio Mil al Carroponte of my heart un bellissimo spettacolo teatrale, Malamore, interpretato da una bravissima Lucrezia Lante Della Rovere, tratto dal libro omonimo di Concita De Gregorio.

In un’atmosfera molto intima, per meno di un centinaio di persone, l’attrice ha dato voce a tante donne famose e non, paradigma di una femminilità che resiste ad ogni tipo di dolore e che è stata in grado di fare della sofferenza creta da plasmare e trasformare in qualcosa di diverso per continuare a trovare la forza di vivere e sopravvivere.

Uno spettacolo molto coinvolgente, in cui la melodia di un pianoforte dal vivo (suonato mirabilmente da Vicky Shatzinger) faceva da coprotagonista, accompagnando come una spalla parole potenti che toccavano il cuore.

Ad un certo punto nel bel mezzo dello spettacolo è stata raccontata una storia, la storia della rateta che escombrava con la escopeta. Racconta di una topolina che mentre pulisce le scale con la escopeta, trova un soldino. Tutta felice decide di comprarsi un bel fiocco da mettere in testa: così agghindata si mette alla finestra ed arrivano un certo numero di pretendenti, un gallo, un asino, un cane, ma lei li rifiuta tutti. Ad un certo punto arriva un bel gatto, affascinante, magnetico, flessuoso, suadente, un Romeo er gatto der Colloseo, che conquista con un colpo di coda la bella topolina. I due organizzano le nozze. Tutte le topoline dicono alla rateta “ma sei scema, sei matta!Ti sposi un gatto? Quello te va a comer como si fuera un pájaro, nina!” Ma lei no, caparbia, testarda e cocciuta, spinta dal mantra Io lo cambierò, por dios! sposa il suo gatto: quando alla fine della cerimonia lui si avvicina per baciarla Gnam se la magna. Morale: i gatti rimangono gatti, ti divorano in un sol boccone: EVITALI. Questa è l’insegnamento che si tramanda con la storiella della rateta alle piccole donne che un giorno prima o poi cadranno nelle grinfie di un bel micione simpaticone, ma subito ne dovranno scappare, prima che lui abbia l’occasione di divorarle.

Ma a casa mia girava un’altra versione della favola, con una morale opposta.

Mia nonna mi raccontava una storia che le raccontava sempre sua madre, quella della gatta che mentra spazzava le scale trova un soldino. Con quel soldino andò al mercato e si comprò un bel fiocco rosso: se lo mise sulla testa e con quello si affacciò allla finestra per trovare marito. Subito arrivarano i pretendenti: il somaro, il gallo, il cane ma no, nessuno le piaceva. Poi arriva un bel topolino e che dire è amore a prima vista e i due si sposano felici e contenti. Durante il pranzo di nozze la gatta mette su il brodo e dopo un po’ chiede al topolino di andare a vedere se fosse pronto e giusto di sale. Il topo maritodevoto va ma mentre si sporge per assaggiare la brodaglia cade nella pentola. Quando la gatta va a controllare e vede il marito galleggiare nel brodo, inizia a disperarsi. Arrivano i gatti invitati al pranzo e rassegnati dicono: Beh visto che non c’è niente da fare tanto vale mangiare. Ma la gatta, offesa, dice: Neanche per sogno, sola me lo piango e sola me lo mangio. Morale : marito cotto e mangiato

Tra le donne del sud del Salento girava, dunque, questa versione, in cui è la donna che deve essere evitata dall’uomo. E’ lei che con le sue malizie circuisce il povero maschio, pronto a cadere nella sua rete ammaliatrice. Nel sud salentino il potere femminile fa paura, perchè non si manifesta nella violenza o nella prevaricazione come quello maschile, ma è occulto, nascosto dietro un bel fiocco rosso.

Certo forse è una storia molto più maschilista di quanto possa sembrare però certo è che il gatto ispanico divora la sua sposa senza darle nemmeno il tempo di dire sì; la gatta salentina invece ci prova, dà una possibilità al suo strano marito, ma di fronte alla disgrazia fatale non può far altro che arrendersi alla sua natura felina e fare del suo sposo pranzo di nozze.



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