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MALEDETTI SI NASCE #lautreamont #artaud #maudit

Creato il 14 maggio 2013 da Albertomax @albertomassazza

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Due ragazzini gravitanti attorno a una Parigi che si apprestava a rinverdire i fasti del 1789. Il primo, figlio di un diplomatico francese a Montevideo, giunse in Francia appena tredicenne, per completare i suoi studi, conclusi i quali, dopo un biennio sabbatico nella terra natale, si stabilì a Parigi per dedicarsi alla letteratura. Il fato gli concesse appena due anni e in questo breve lasso di tempo Isidore Ducasse, meglio noto come Conte di Lautreamont, scrisse un libro, I canti di Maldoror, pubblicato da Albert Lacroix (non uno qualsiasi, ma l’editore di Hugo e del primo Zola) nel 1869, ma mai commercializzato per volontà dello stesso editore, per timore della censura. Lautreamont tentò di ammorbidire il suo stile e le sue tematiche, anche perché necessitava di un qualche riscontro commerciale, per giustificare i sovvenzionamenti che il padre gli spediva dall’Uruguay. Si dedicò a scrivere delle poesie meno cupe e disperate, mantenendo intatta la volontà di dissacrazione verso la letteratura ufficiale. Pochi mesi dopo aver pubblicato le prime due fu rinvenuto morto nel suo letto d’albergo, appena ventiquattrenne, nel novembre del 1870

In quegli stessi mesi, un sedicenne di Charleville, cittadina al confine col Belgio, iniziava un lungo periodo di randagismo (nei primi tempi intervallato da qualche rientro coattivamente imposto dalla madre), destinato a durare per oltre vent’anni, fino alla morte, e che lo porterà in mezza Europa, prima del definitivo approdo nel Corno d’Africa. Arthur Rimbaud era inizialmente mosso dalla volontà di affermare il proprio talento letterario negli ambienti parigini, dominati allora dal circolo dei Parnassiani, teorici dell’arte fine a se stessa, scevra da implicazioni sociali e politiche. Il giovane Rimbaud, invece, si sentiva portatore di una poesia capace di incidere a fondo nella società, ben oltre il gusto e la moda. Gli idoli parnassiani vennero rovesciati, attraverso la parodia irriverente e una condotta sociale all’insegna del più radicale “epater le bourgeois”.

Le analogie tra questi due enfants prodiges del maledettismo balzano subito agli occhi. Entrambi, passarono come meteore, tra l’indifferenza o lo sdegno dell’ambiente culturale parigino; entrambi furono portatori di un’estetica crudele che tanta parte ebbe nello sviluppo delle avanguardie storiche del novecento; entrambi sconvolgono per essere arrivati, così giovani, a delle intuzioni destinate a rivoluzionare la letteratura, sia in senso formale che contenutistico. Lautreamont, nel Maldoror, anticipò quella fusione tra epica e parodia, forma romanzo e poesia che verrà portata a compimento da giganti del novecento quali Joyce, Celine e Gadda; a Rimbaud, in Una stagione, bastò un solo verso per arrivare a una sintesi profetica delle avanguardie:

“Non è che io creda alterata la luce, estenuata la forma, smarrito il movimento”.

Ma, mentre Lautreamont non si curò delle implicazioni sociali, della possibilità di incidere sulla realtà, se non attraverso la creazione di un immaginario inedito, ostile all’ideale e al consolatorio, Rimbaud rivendicò il diritto divino del poeta ad essere un leader della società, in virtù della sua qualità messianica di emancipatore delle masse. L’adesione al radicalismo Comunardo, il suo fervore antiborghese, l’invettiva costante contro la trinità Dio-Patria-Famiglia, delineano la figura di un artista estremamente organico alle istanze rivoluzionarie. Piuttosto, credo che la repressione della Comune abbia giocato molto sulla fretta di arrivare a scrivere i suoi testamenti letterari – Una stagione all’inferno (1873) e Le illuminazioni (1874) – prima di abbandonare, non ancora ventenne, definitivamente la letteratura.



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